Adriana ha 10 anni, passa intere giornate a tirare calci ad un pallone in compagnia dei suoi amici maschi. Nessuna discriminazione se riesce a fargli un tunnel o addirittura gol. Adriana è un idolo e i compagni la cercano. La cerca anche una squadra “vera” ma il campo di allenamento è troppo lontano da raggiungere e il sogno rimane nel cassetto.
Adriana ha 20 anni, continua a pensare a quanto le sarebbe piaciuto poter giocare a calcio, si informa e si procura un provino. Con emozione raggiunge il campo di gioco, sostiene il suo allenamento insieme con tante adolescenti e torna a casa. E’ brava, ma gli orari degli allenamenti sono incompatibili con quelli del suo lavoro e il sogno ritorna nel cassetto.
Adriana ha ormai 50 anni, e nel giugno 2019 dal suo cassetto escono miriadi di pensieri. Quella nazionale che in Francia sta regalando emozioni è anche la sua rivincita personale. Qualcuno, al suo posto, sta vivendo il sogno chiuso in un cassetto.
Adriana, una storia vera
Ci fermiamo qui con la storia di Adriana, per altro una storia vera, che ci permette però di fare una riflessione sul movimento del calcio femminile nel nostro Paese. Quando la protagonista della nostra storia aveva 10 anni eravamo alla fine degli anni 70, il calcio per le donne era un sport che veniva praticato in mezzo a mille difficoltà. Campi di pozzolana spesso molto lontani dai centri abitati, spogliatoi per lo più fatiscenti, pochissimi soldi a disposizione.
Crescono così, in questo scenario, le pioniere di un calcio che dovrà attendere il nuovo secolo per cominciare ad avere la visibilità che merita. Nessun riflettore, niente titoloni, niente social. Anzi, se vogliamo, purtroppo anche circondato di quell’alone di discriminazione che vede il calcio uno sport non idoneo alle ragazze e chi lo pratica è un “maschio mancato”. Immaginate quanta fatica, quante lotte, quante frustrazioni devono aver sopportato calciatrici del calibro di Carolina Morace, Patrizia Panico, Elisabetta Bavagnoli solo per citarne alcune. Calciatrici che hanno avuto modelli di riferimento quasi esclusivamente maschili. Quelli che i media raccontavano ogni fine settimana.
Ma queste stesse atlete sono diventate riferimenti per le millennials, quelle ragazze per le quali oggi entrare in un campo di calcio e calpestare erba verde è assolutamente normale. Per le quali indossare la maglia della squadra del campione di riferimento è assolutamente normale. Per le quali arrivare ai quarti ad un Mondiale è assolutamente fantastico. Ecco, il progresso del calcio femminile indubbiamente viaggia sulla scelta dei grandi club maschili che hanno deciso di investire nel settore femminile, sulla scelta dei grandi network televisivi che hanno investito sulla diretta delle partite del massimo campionato e su un programma pluriennale della Federazione che finalmente pianifica il futuro del movimento femminile.
Certamente la vittoria più importante è l’ormai quasi certo passaggio al professionismo. Una richiesta che da molto le calciatrici stanno facendo, il diritto di essere equiparate ai colleghi uomini se non altro dal punto di vista assistenziale. Proprio di recente una calciatrice, in dolce attesa, si è vista rinnovare il contratto dalla sua squadra di appartenenza. Il diritto acquisito alla maternità potrebbe sembrare un punto di arrivo di tutto il percorso del calcio femminile fatto fin qui.
Un punto di partenza
Va invece inteso come un importante punto di partenza per nuove stagioni di crescita, sono infatti ancora troppi gli stereotipi negativi che girano intorno al calcio femminile su cui spesso si fanno passare messaggi negativi. Ma quello che vediamo oggi è un movimento forte che tiene ben stretto nelle mani il proprio futuro e non ha nessuna intenzione di farselo portare via.
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Ah dimenticavo, Adriana dice di aver realizzato il suo sogno attraverso la determinazione, la forza del gruppo, gli sguardi agguerriti e i sorrisi di tutte queste giovani calciatrici, in ognuna delle quali ritrova un pezzetto di sè.