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Fabio Cannavaro: a Dubai trattato malissimo

Fabio Cannavaro l’ex Capitano della Nazionale Italiana di Calcio, Campione del Mondo nel 2006 a Berlino, in Germania, ora si trova in Cina, nel suo residence di Guangzhou.

Chi meglio di lui può spiegare la situazione in Cina, visto che ormai è diventata la sua seconda casa, e lanciare messaggi di ottimismo all’Italia falcidiata dal coronavirus, una pandemia che nel mondo ha fatto quasi 150 mila contagi.

«Qui si riparte, si sta tornando alla normalità. Questo è il messaggio che deve arrivare a tutti. Il coronavirus non risparmia nessuno, ma si batte se si uniscono le forze e si agisce da comunità», ha detto l’ex difensore, Pallone d’oro nel 2006, nell’intervista rilasciata a «La Gazzetta dello Sport».

L’intervista alla Gazzetta dello Sport di Fabio Cannavaro

«Appena arrivato qui in Cina mi hanno sottoposto a tampone, per me è stato il terzo, e misurato la temperatura. Poi ho dovuto firmare un modulo per dire dove io fossi stato nell’ultimo mese e se fossi stato in contatto con qualche persona contagiata. Infine, come capita a tutti coloro che arrivano dall’estero, almeno quelli che arrivano da Paesi colpiti dal virus, mi hanno messo in quarantena» spiega l’ex difensore della Nazionale.

Ma non tanto in Cina quanto in altri Paesi che Cannavaro ha dovuto sperimentare il pregiudizio verso gli italiani. «A Dubai mi hanno trattato come un appestato. Allora ho detto “Io ho fatto tre tamponi e tu? Niente. Stammi lontano che sei pericoloso”, ma alla fine ci rido su». In Cina sono organizzati al meglio: «C’è un servizio apposito da chiamare per avere cibo a casa e quello che può servirti di generi di prima necessità.

Questo è per tutti coloro che vengono in Cina. Sono servizi organizzati dallo stato. Il popolo cinese va ammirato. Un miliardo e mezzo di persone hanno capito cosa avrebbero dovuto fare per salvarsi».

Poi Cannavaro parla della fase critica del Virus in Cina

Cannavaro racconta anche come ha vissuto la fase più critica: «Appena esplosa l’epidemia a Wuhan, tutto è stato organizzato alla perfezione. Io dormivo nel nostro nuovo centro sportivo, ma appena mi spostavo per tornare a casa, mi controllavano la temperatura. Così quando imboccavo la tangenziale. Sull’autostrada non si pagavano pedaggi per non creare code. All’uscita altro controllo e stessa cosa quando arrivavo a casa. Parliamo di Guangzhou, 20 milioni di abitanti, lontano mille chilometri dalla regione del focolaio. Sì, quello cinese è un modello da replicare.

Qui è prevalso il senso di comunità, a costo anche di sacrifici. In Italia lo abbiamo recepito meglio di tutti, anche se qualcuno fa fatica a capire». L’ex difensore porta come esempio quello del padre: «Mio papà tende a non comprendere che bisogna cambiare abitudini. Lui deve comprarsi le sigarette dal tabaccaio per fare quattro chiacchiere con gli amici. Gli ho fatto capire che così rischiava il contagio e avrebbe potuto portarlo a casa alla mamma. Non si deve proprio muovere. Fa bene il governatore della Campania, De Luca, a essere severo».

Infine Cannavaro parla della situazione in Italia rispetto al coronavirus

Cannavaro si dice preoccupato per la situazione che sta vivendo l’Italia: «Non è stato ancora raggiunto il picco. Penso all’errore fatto nello scorso fine settimana, quando migliaia di persone sono scappate dalla Lombardia per fare ritorno al Sud. Non voglio condannare nessuno. Capisco che vogliano stare vicino ai propri cari, ma è stato un errore evidente. Ora bisognerà aspettare un’altra settimana e capire quante persone siano state infettate. Del resto, uno dei pochi errori fatti in Cina, è stato quello di fare uscire troppa gente da Wuhan. L’Europa? Spero cambi registro. Non parliamo poi dell’Uefa, davvero deludente». Infine, una sorpresa: «Con il gruppo dei campioni del mondo del 2006 scenderemo in campo per stare accanto alla nostra gente».