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eSport: perché la Corea del Sud è una fucina di campioni e talenti

In questi ultimi anni si sta assistendo ad un trend in crescita nel mondo dell’eSport: quando si organizzano competizioni internazionali, capita sempre più spesso di vedere tra i vincitori, o nelle zone nobili delle classifiche, concorrenti provenienti dalla Corea del Sud. Jonathan Lee, giornalista di Wired, ha realizzato un’inchiesta giornalistica che gli ha permesso di scoprire che dietro questo proliferare di talenti sudcoreani si nascondono ragioni legate soprattutto alle classi sociali e alla cultura.

Sudcoreani sempre più padroni dei tornei di eSport.

Il cronista ha subito spiegato che, occupandosi di eSport dal 2011, parlando e intervistando vari giocatori, si è reso conto che la stragrande maggioranza proveniva da famiglie operaie o poco facoltose della Sud Corea. Invece gli allenatori e alcuni volti noti della Overwatch League (la competizione professionale basata sull’omonimo videogame) se in un primo momento si sono detti piuttosto sorpresi da questa provenienza in comune, in un secondo momento, riflettendoci, si sono accorti che erano davvero pochi i talenti che avevano origine da famiglie benestanti.

Gli eSport come forma di riscatto sociale

Lee ha analizzato il background di diversi campioni sudcoreani di Seul e dintorni per avere ulteriore conferma che la maggioranza di loro vivesse in una condizione socio-economica poco allettante. Tra questi ha menzionato Jung «Xzi» Ki-hyo dei Paris Eternal che è figlio di un meccanico di autobus, oppure Park «Saebyeolbe» Jong-ryeol, il quale prima di lanciarsi in questa disciplina ha lavorato come barista mentre il padre è un tassista.

Quasi tutti i campioni in erba sudcoreani hanno motivato la scelta di tentare la strada degli eSport con problemi legati alla scuola. La Corea del Sud vanta un’ottima percentuale di istruzione che si aggira intorno al 70% degli studenti che hanno frequentato fino alle superiori. Le difficoltà maggiori emergono quando si tratta di accedere nell’ambito accademico, dove l’esame di ammissione all’Università pubblica è piuttosto selettivo e difficile da superare. Di conseguenza, i giovani che non hanno alle spalle delle famiglie che possono pagare lezioni private o scuole di specializzazione, hanno ben poche speranze di accedere agli studi universitari.

Diverso invece è il discorso per quanto concerne l’informatica. Nel Paese asiatico, infatti, sono molto diffusi i bar dove si possono noleggiare a costi popolari (circa un dollaro all’ora) dei Personal Computer. Dunque, i ragazzi appartenenti alle classi sociali meno privilegiate scelgono di impegnarsi in un approccio professionistico ai videogiochi, e hanno tutto il tempo per allenarsi e affinare la tecnica. A tutto ciò si aggiunge anche la volontà di combattere la disuguaglianza sociale che si respira nello Stato asiatico.

In Corea del Sud si possono noleggiare PC a prezzi modici.

Un esempio tangibile di questa situazione è quella di Kim «WizardHyeong» Hyeong-seok, allenatore di Seul. Questi da un lato frequenta la Daewon Foreign Language High School, una scuola che si occupa della preparazione degli studenti all’accesso nelle università più importanti sudcoreane, e dall’altro appartiene ad una famiglia con grosse criticità.

Kim ha spiegato a Lee che la sua infanzia è stata piuttosto complicata, poiché la madre è disabile mentre il padre entra ed esce di galera. Ha rivelato che c’erano dei momenti in cui, a causa della mancanza di soldi, non potevano permettersi di pagare la bolletta dell’energia elettrica. «WizardHyeong» non ha nascosto che quando aveva appena nove anni ha pensato più volte al suicidio, prima di dare una svolta alla sua vita proprio con i videogiochi da professionista.

La motivazione economica

Durante il suo reportage sui motivi che in questi anni stanno permettendo ai giocatori sudcoreani di eSport di eccellere, Jonathan Lee ha avuto modo di contattare Albert Yeh, direttore generale del Florida Mayhem, per chiedergli un parere sulle differenze che intercorrono tra i gamer occidentali e quelli sudcoreani. Il dirigente ha immediatamente affermato che le ragioni sono motivazionali ed economiche.

ESports, cosa sono e chi ne fa parte?

Yeh ha spiegato che i talenti provenienti dalla Corea del Sud sono ulteriormente spinti ad impegnarsi dalla prospettiva di poter ottenere degli introiti economici. Gli occidentali, invece, puntano molto di più sul divertimento e sulla passione per i videogame. Ha aggiunto che sui ragazzi asiatici pesa molto l’obbligo del servizio militare. Temono, infatti, che la chiamata alle armi possa interrompere definitivamente la scalata verso il successo. Il dirigente ha chiarito che, in effetti, in diverse circostanze gli è capitato di constatare come alcuni giocatori non siano più riusciti a rientrare nel circuito internazionale degli eSport dopo il servizio di leva, mentre qualcuno ha avuto l’opportunità di reinventarsi come allenatore o commentatore.

eSport: sudcoreani spinti da ragioni economico-sociali.

Infine, tornando all’aspetto economico, ha evidenziato che ci sono diversi talenti che, dopo aver vinto cospicue somme, hanno aiutato le rispettive famiglie inviando loro del denaro, diventando così fondamentali per il sostentamento dei propri cari.

Riscatto sociale e prospettive economiche sono dunque tra i motivi principali che stanno consentendo alla Corea del Sud di affermarsi nella Overwatch League (e non solo) con tanti giovani che stanno ottenendo vittorie importanti, battendo costantemente gli avversari provenienti dall’Occidente, in particolar modo dagli Stati Uniti.