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Iran, vincono le donne: potranno andare allo stadio

Nel nome di Sahar. Il sacrificio della trentenne, suicidatasi per non finire in carcere dopo essere stata scoperta mentre, travestita, stava assistendo ad una partita di calcio, ha smosso le coscienze degli organismi e dell’opinione pubblica mondiale, convincendo finalmente l’Iran ad aprire (seppur parzialmente per ora) le porte degli impianti sportivi alle donne. La svolta è arrivata con un annuncio ufficiale da parte del ministro dello Sport Masoud Soltanifar, il quale ha spiegato quali regole dovranno rispettare le spettatrici per poter seguire dal vivo le gare di calcio.

Le tifose iraniane potranno seguire le gare internazionali.

Era dal 1981 che nello Stato iraniano vigeva il divieto assoluto per il mondo femminile di accedere agli eventi sportivi. Dal governo hanno spiegato che il veto adesso è stato tolto ma non del tutto, lasciando però intendere che prossimamente potrebbero arrivare ulteriori aperture. Infatti in questa prima fase l’ingresso delle donne allo stadio verrà autorizzato solo per i match di valenza internazionale, dunque non rientreranno le partite del campionato nazionale. La prima occasione per attuare quest’importante passo in avanti sarà il match del 10 ottobre che vedrà la selezione nazionale locale sfidarsi con la Cambogia a Teheran in occasione delle qualificazioni ai campionati del mondo del 2022.

Le istituzioni governative hanno disposto ingressi separati per uomini e donne, la realizzazione di bagni opportunamente suddivisi e distanziati tra loro, la presenza di diversi agenti dei corpi di guardia per evitare che oltranzisti ed estremisti possano riversare la propria rabbia sulle spettatrici, aggredendole e addirittura violentandole. Dunque al momento l’apertura è arrivata, è ufficiale, ma è ancora moderata e parziale. Ricordiamo che già lo scorso anno era stato fatto un primo tentativo con uno sparuto gruppo di tifose accolte allo stadio per seguire un’amichevole.

Iran, donne allo stadio: l’impegno di Infantino e il sacrificio di Sahat

In questi ultimi tempi si era fatta sentire la voce della FIFA che, nella persona del presidente Gianni Infantino, aveva lanciato un vero e proprio ultimatum all’Iran: se il governo non avesse consentito alle donne di vedere le partite di calcio dallo stadio, l’organismo internazionale sarebbe intervenuto escludendo la nazionale da qualsiasi torneo o competizione mondiale. L’esecutivo guidato da Hassan Rohani avrebbe dovuto palesare le sue intenzioni entro settembre, ed effettivamente proprio in questi giorni è arrivata la risposta che tutti attendevano. Certo, è bene non cantare ancora vittoria perché si tratta di un permesso del tutto parziale, e anche perché qualche scettico teme che possa trattarsi di una mossa di propaganda politica destinata ad essere di nuovo annullata in tempi brevi.

FIFA: Gianni Infantino è sceso in campo contro il veto iraniano.

Ad ogni modo, questa riforma introdotta dal governo di Teheran rappresenta una vittoria per le donne iraniane nel nome di Sahat Khodayari. Si tratta di una giovane trentenne che nel mese di marzo si è tolta la vita, dandosi fuoco, per evitare di essere condannata a scontare almeno sei mesi di detenzione. La donna era stata scoperta mentre, camuffata da uomo, era entrata allo stadio per assistere ad una partita della squadra dell’Esteghlal, allenata dall’italiano Stramaccioni.

Stramaccioni è giallo: l’Iran non lo lascia partire per visto scaduto

Subito dopo il dramma di questa ragazza si erano mosse le autorità internazionali ma anche il mondo del calcio affinché si intervenisse per mettere da parte una volta per tutte questo divieto discriminatorio. I due giocatori dell’Iran Ali Karimi e Andranik Teymourian avevano lanciato personalmente degli appelli per schierarsi dalla parte delle donne, mentre la Roma femminile aveva lanciato l’idea di dedicare un intero impianto sportivo a Sahat. Infine è scesa in campo direttamente la FIFA con Infantino, e sembra che finalmente il mondo politico di Teheran abbia compreso che il veto imposto alle sue cittadine di accedere alle strutture sportive era ormai una misura da superare e da cancellare (anche se in parte) una volta per tutte.