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La Honda in Formula 1: una storia di successi e addii

Nel 2021, la Honda torna a vincere il mondiale di Formula 1, grazie alla Red Bull. La casa nipponica ritorna al trionfo iridato dopo un lunghissimo digiuno, che durava nientemeno che dal 1991! Questo da l’idea di quanta esperienza abbia il costruttore nella massima formula. E allora, perché non sederci un attimo, e ripercorrere la carriera di questo celeberrimo marchio? Vogliamo pensarlo come un tributo ai nipponici, visto che andranno via alla fine di quest’anno. In teoria, perché nella pratica resteranno nel giro, assistendo la Red Bull nella produzione dei motori “fatti in casa”.


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Qual è la storia di Honda in Formula 1?

Nato come costruttore motociclistico, Honda ha sempre messo un piede nelle auto, ancor prima di nascere: il fondatore, Soichiro Honda, progettava i pistoni per la Toyota. Il primo approccio è datato 1962, quando Soichiro tenta di accordarsi con Colin Chapman per fornire i propulsori alla Lotus. L’accordo non si concretizza, così la casa decide di fare tutto da sola. Yoshio Nakamura è il capo progettista della RA270, che debutta nel 1964 con lo statunitense Ronnie Bucknum. La vettura è dotata di un V12 da 1.5 litri, montato in posizione trasversale. Non è competitiva, tanto che si passa subito alla più tradizionale locazione longitudinale. Nel 1965 arriva la prima vittoria, con Richie Ginther, al GP del Messico. Ma è il 1967 il loro anno di gloria, grazie a John Surtees. L’ex ferrarista batte l’odiato Cavallino sulla loro pista di casa, a Monza. Il titolo però non arriva, e la Honda si ritira alla fine del 1968.

Arrivano i titoli

I giapponesi rientrano nel 1983 come semplici motoristi. Abbracciano l’era del turbo, tirando fuori il mostruoso RA166 a sei cilindri. Dopo una missione esplorativa con la modesta Spirit, Honda si lega al team del compianto Frank Williams. Già nel primo anno di matrimonio, il 1984, Keke Rosberg riporta il marchio alla vittoria, nel caldissimo GP di Dallas. Un anno e mezzo dopo, Williams e Honda sono campioni del mondo costruttori. Il titolo piloti sfugge, ma rimediano già nel 1987, grazie a Nelson Piquet. Poi, la casa a sorpresa molla Williams, per acconsentire ad Ayrton Senna di passare alla McLaren. Il “Magico” brasiliano è campione già nel 1988, con un altro titolo costruttori per i nipponici. Il binomio McLaren Honda domina le tre stagioni successive, dal 1989 al 1991, due volte con Senna ed una con Alain Prost. La superiorità della Williams e della Renault nel 92 schiaccia entrambi, con i giapponesi che scelgono di ritirarsi una seconda volta. Ma rimangono nel circus sotto mentite spoglie, affidando lo sviluppo dei motori alla Mugen. Ritornano nel 2000 con la BAR, rilevandola cinque anni più tardi. Jenson Button, già secondo nel mondiale 2004, li riporta alla vittoria in un bagnatissimo GP d’Ungheria nel 2006. Ma il titolo non arriva, e nel 2009 abbandona di nuovo. Nonostante avessero già completato la macchina, svenduta a Ross Brawn per una sterlina. Con quell’auto, l’attuale boss della F1 vincerà il suo unico mondiale da team manager!

Gli anni recenti di Honda in Formula 1

L’avvento dell’era turbo ibrida spinge la Honda a rientrare in Formula 1. Siamo nel 2015, ed i giapponesi riallacciano i rapporti con la McLaren. Ma si scopre che si sono preparati male, fornendo a Woking una power unit fiacca e poco affidabile. Fernando Alonso sbotta, come evidenziato dal celebre team radio del “GP2 engine“. La relazione si consuma nel peggiore dei modi, fino alla rottura del 2017. Honda non trova niente di meglio dell’Alpha Tauri, che nel 2018 fa da “cavia” per conto della Red Bull, a sua volta in rotta di collisione con Renault. Il test è buono, tanto che per il 2019 la scuderia di Milton Keynes ha a disposizione un buon propulsore. Al GP d’Austria Max Verstappen riporta la casa alla vittoria dopo più di un decennio. Il resto, è storia di oggi.


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Immagine in evidenza di Red Bull Content Pool, per gentile concessione