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La Superlega torna a parlare, ma con delle novità e con le solite polemiche

Questione di tempo dopo il primo exploit dell’anno passato, un argomento destinato a tornare nuovamente nei discorsi odierni del calcio. Quel momento è arrivato: la Superlega torna parlare di sé e, soprattutto, a far parlare. 

La Superlega torna a parlare, quali sono le novità?

Ad aprile 2021 la critica più grande mossa verso il progetto Superlega riguardava il numero chiuso della competizione. Questo elemento sembra essere stato superato, ora infatti il nuovo progetto prevede due gironi A e B formato da venti squadre ciascuna. In entrambe ci saranno dei meccanismi relativi a promozioni e retrocessioni dai campionati. Tuttavia ancora si sa poco sulla questione. Un progetto più ampio dunque, che permetterà a più squadre di confrontarsi in questo nuovo torneo, una manifestazione simile alla moderna NBA. 

Una demonizzazione preventiva e superficiale 

La dura risposta del presidente UEFA è arrivata puntuale come un orologio svizzero, così come quella di Tebas, presidente della Liga. Entrambi hanno usato termini molto forti. A mio sommesso parere, forse non era il caso di paragonare i protagonisti della vicenda a Putin oppure accusarli di utilizzare gravi crisi per la presentazione del progetto, giusto o sbagliato che sia quest’ultimo.
L’idea della Superlega non può essere demonizzata a priori, visto che garantirebbe partite di alto livello, in linea con le richieste del mercato. Che senso ha ampliare la Champions League da 32 a 36 squadre, con il rischio di abbassare il livello?

La Superlega torna a parlare: l’inutile retorica del calcio del popolo

La frase fatta “il calcio è del popolo” ha stufato. Una retorica inutile che cerca di fare leva sul sentimento popolare. Quel calcio però non esiste più, sono state FIFA e UEFA, strenue oppositrici del progetto Superlega, a farlo sparire. L’hanno fatto nel momento in cui hanno permesso agli sceicchi le spese folli oppure falsificando manifestazioni e ci sono prove ben precise a riguardo. Cosa ancora più grave è il silenzio verso le più di 6.500 morti in Qatar per i Mondiali del 2022. Quello di oggi è un calcio che si basa più sulla gestione che sulla sostenibilità e sul rinnovamento. Evitate di farvi abbindolare da frasi “il calcio arriva dalla strada” o “il calcio è del popolo”: quel calcio, come detto prima, è morto tempo fa e non sono stati i grandi club ad ucciderlo. 

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