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Netflix e la Formula 1: un bene o un male?

La Formula 1 è approdata su Netflix, grazie alla produzione di una serie TV ad essa dedicata. “Drive to Survive” è diventata una voce di discussione nel paddock, soprattutto sui suoi effetti sulla popolarità del circus. C’è chi è entusiasta di quanta gente porti, e c’è chi invece si lamenta per un’aderenza non proprio perfetta alla realtà. Chiediamoci: una serie TV (vabbè, in streaming) è un valore aggiunto per la Formula 1? Facciamo una brevissima analisi costi-benefici.

Netflix è un bene per la Formula 1…

Se l’obiettivo è di far diventare la F1 “mainstream”, avvicinando per esempio i giovani, allora “Drive to Survive” è la soluzione giusta. Mostrando il mondo dei Gran Premi dall’interno, aggiungendo quel pizzico di pathos che richiama l’adrenalina delle gare, aiuta sicuramente a far conoscere la formula al grande pubblico. La scelta di Neflix, uno dei tanti servizi di streaming digitali che oggi esistono, aiuta inoltre ad attirare il pubblico dei “millenials”, ossia coloro che hanno abbandonato da tempo la televisione. E questo in particolar modo negli Stati Uniti, paese solitamente “tiepido” con il circus. Da quando ha acquistato la baracca, Liberty Media ha sempre sognato di portare maggiore attenzione sulla massima formula in patria. Lo scorso GP di Austin è stato un successone, con 400 mila presenze nella tre giorni. Inoltre, la città di Miami si è riavvicinata, organizzando un GP a partire dal 2022. E ben presto, dall’America potrebbe arrivare un altro team, oltre ad Haas, e forse anche un pilota. Se l’obiettivo di far diventare la F1 più “americana”, sembra proprio che sia stato centrato.


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…oppure un male?

Ma ogni medicina ha la sua controindicazione. Nel caso di Netflix, molti hanno sottolineato un’aderenza con la realtà non esattamente al 100%. Ha fatto scalpore, nei giorni scorsi, la presa di posizione di Max Verstappen, il quale ha detto di non voler avere niente a che fare con la serie. “Super Max” ha accusato “Drive to Survive” d’inventare rivalità inesistenti, e di esagerare certe situazioni. In effetti, l’effetto scenico in prodotti come questi tende ad essere un pelo eccessivo, come gli effetti sonori sugli incidenti. Nel film “Senna”, capolavoro del 2010, in alcune scene hanno sbagliato clamorosamente i rumori dei motori di alcuni on board. Si tratta di una tendenza generalizzata, che spesso infastidisce gli appassionati. Ma va anche aggiunto che non si trattano di documentari, dove bisogna raccontare i fatti per quelli che sono. Ciononostante, l’osservazione di Max è sensata. Mettiamo che un ragazzo guardi la serie, con le sue scene “pompate”, e poi decida di guardare un GP, preso dalla curiosità. Cosa penserebbe? Che il GP vero è noioso, e meno adrenalinico di quanto rappresentato dalla fiction. Insomma, se Netflix sta aiutando la F1 a diventare popolare, il rischio è che questo interesse sia di breve durata, a causa di un livello di aspettativa assai elevato, derivato da una spettacolarizzazione della realtà. C’è poi la questione etica: non credete che l’eccessiva enfasi sull’incidente di Romain Grosjean sia stata una mancanza di rispetto nei confronti del pilota francese, che in quella occasione ha rischiato di morire?


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