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Once Upon a Time: Indycar 1994

Bentornati a Once Upon a Time, la rubrica interamente dedicata al passato delle corse USA. Oggi, come ogni lunedì, è tempo di ripercorrere una stagione della IndyCar: la puntata di oggi è dedicata al 1994.

IndyCar 1994: preview

L’uomo mercato di quest’annata è Michael Andretti. Il figliol prodigo ritorna nella serie dopo una stagione da dimenticare in F1. Si accorda con il team di Chip Ganassi, formando così una coppia inedita.

L’arrivo di Michael Andretti costringe Arie Luyendyk a ricominciare daccapo, un’altra volta. L’olandese firma con l’Indy Regency Racing, una formazione del tutto nuova.

Nigel Mansell e Mario Andretti sono confermati al Newman-Haas Racing. Per Mario è una stagione importante, perché è l’ultima della sua carriera. A fine anno appende (più o meno) il casco al chiodo. E’ l’inizio de l'”Arrivederci Mario Tour”.

Il Team Penske ritorna con una formazione a tre punte. Al Unser jr raggiunge Paul Tracy ed Emerson Fittipaldi nella scuderia di Capitain Roger.

L’addio di Unser mette nei guai Rick Galles. Il team manager perde anche Danny Sullivan, e tutti gli sponsor. Galles riparte con una sola vettura, ed un giovanissimo Adrian Fernandez.

Nel 1994 Sullivan non corre in IndyCar. Deluso dai risultati, l’iridato del 1988 prova altre strade. Tenta tre gare in NASCAR, qualificandosi solo in una (la Brickyard 400), poi disputa tre prove del DTM su invito dell’Alfa Romeo. A fine anno Danny prova di nuovo una IndyCar, valutando un possibile ritorno.

Aj Foyt e Robby Gordon si separano, con quest’ultimo diretto verso il team di Derrick Walker. Foyt lo rimpiazza con un altro giovanissimo, Bryan Herta, fresco di titolo della Indy Lights. L’approdo di Gordon obbliga Scott Goodyear a fare le valigie, destinazione King Racing. La squadra di proprietà dell’asso dei dragster Kenny Bernstein è al suo ultimo anno di attività.

Bobby Rahal e Carl Hogan sono al terzo anno da soci. Per il 1994 si passa da uno a due vetture: una per lo stesso Rahal e l’altra per il promettente Mike Groff.

Un altro team nuovo debutta nella Indycar nel 1994, il Forsythe-Green Racing. Questa struttura proviene dalla Formula Atlantic, dove schierava i canadesi Claude Bourobonnais e Jacques Villeneuve. Per il debutto in Indycar viene scelto quest’ultimo, per i risultati migliori…e per il cognome! Lo sponsor è la marca di sigarette Player’s, che in quegli anni finanziava i giovani talenti del paese a nord del confine. La regia occulta dell’operazione è Craig Pollock, l’uomo che porterà Villeneuve in F1.

Debutto anche per il PacWest Racing. La compagine di Bruce McCaw punta su Scott Sharp (alla sua prima stagione completa in IndyCar) e Dominic Dobson.

Il fronte tecnico

Dal punto di vista tecnico, la IndyCar 1994 si preannuncia interessante. La lotta tra i telai si arricchisce di un nuovo concorrente, la Reynard. Il produttore inglese, che all’epoca era la più grande fabbrica di auto da corsa del mondo, presenta la 94i, in dotazione ai team Ganassi, Forsythe-Green, Galles e Hall. Reynard lancia il guanto di sfida alla connazionale Lola, la quale domina la serie da ormai due anni.

Il Team Penske sforna la PC-23, evoluzione della vettura del 1993. Come sempre, la nuova monoposto è in esclusiva al team ufficiale, mentre i clienti dovranno accontentarsi della comunque ottima PC-22. L’unica squadra ad adottare tale telaio è quella di Tony Bettenhausen, in pista quest’anno con Stefan Johansson.

Molto interessante è anche la battaglia tra i motori. Chevrolet si ritira dal campionato, tuttavia la Ilmor prosegue lo sviluppo dei propulsori. Il 265D, evoluzione del modello precedente C, è fornito solamente al Team Penske. Tutti gli altri si devono accontentare della versione base. Ford prosegue con il Cosworth XB, ormai sufficientemente affidabile. E’ l’unità più adottata dai team.

L’IndyCar 1994 segna il debutto di un nuovo costruttore, la Honda. La casa giapponese realizza un V8 turbo e lo affida nelle mani del team Rahal-Hogan. Lo sviluppo del propulsore è a cura della Comptech, azienda californiana già partner della casa nel campionato IMSA. La stessa Comptech schiera il suo team in alcune gare per dare supporto, con al volante il proprio pilota ufficiale, Parker Johnstone.

Inizia la stagione

La vigilia della IndyCar 1994 segna quella che sarà una svolta storica per la categoria. Infatti, in questa occasione si consuma la rottura definitiva tra l’ente organizzatore del campionato, la Championship Auto Racing Teams (CART), e l’Indianapolis Motor Speedway. Il presidente del circuito Tony George annuncia la nascita di una serie alternativa, la Indy Racing League. L’obiettivo è di organizzare un campionato entro i successivi due anni. Approfondiremo questo capitolo in una delle puntate speciali.

Con questo spirito, la Indycar da il calcio d’inizio del suo 1994 a Surfers Paradise, in Australia. Nigel Mansell riprende da dove aveva lasciato, e cioé dalla pole con record.

Il meteo capriccioso rovina il programma di gara. Uno scroscio di pioggia rinvia la bandiera verde di quasi due ore, con la gara che scatta alle quattro del pomeriggio. Una carambola alla prima chicane porta in pista la pace car, mentre i leader avevano già iniziato la lotta. Mansell passa da primo a quarto, sfilato da Tracy, Fittipaldi e dal sempre combattivo Robby Gordon. Al Unser jr rimane invischiato nell’ammucchiata, e deve rientrare ai box per cambiare il musetto.

Nel valzer delle soste spunta Michael Andretti, che prende il comando delle operazioni. Mansell lo agguanta mostrando un passo migliore, ma le cose di lì in poi si complicano. La pioggia ad intermittenza provoca continui cambi di gomme, incidenti, pace car e tempi che si allungano. In uno dei restart Mansell si gira per l’asfalto umido, perdendo un giro. Addio vittoria!

Si va avanti così per oltre due ore. La direzione gara si accorge che si sta facendo sera, e decide di accorciare la distanza di dieci giri. In un’atmosfera surreale, che assomiglia più all’endurance che non ad una gara di monposto, Andretti taglia il traguardo davanti ad Emerson Fittipaldi ed al papà Mario. Il figliol prodigo è tornato a casa.

Anche la gara di Phoenix, secondo appuntamento stagionale, è pazza. Paul Tracy parte dalla pole, ma la sua gara dura più o meno la metà. Il canadese infatti impatta contro la vettura, già incidentata, di Hiro Matsushita. Ma pochi istanti dopo si sfiora la tragedia, quando Jacques Villeneuve non riesce ad evitare il giapponese, e lo colpisce a piena velocità. L’impatto è violentissimo, ed è un miracolo che nessuno si sia fatto male seriamente.

Altro momento di tensione viene quando Mario Andretti impatta contro un doppiato. Suo figlio Michael non rallenta in tempo, sbatte contro un’altra vettura e perde una ruota. Lo pneumatico vola oltre le barriere. La ruota colpisce alcuni spettatori, ma le ferite che procura sono lievi. Altra tragedia sfiorata.

In tutto questo caos la spunta Emerson Fittipaldi, primo davanti ad Al Unser jr. Mansell è terzo, nella stessa pista dove un anno prima era finito in ospedale.

La prossima gara è sul terreno di caccia di Unser, a Long Beach. Tracy è di nuovo in pole con el prime tre piazze in griglia occupate dal Team Penske. Paul scatta al comando, ma dopo pochi giri manda tutto in malora per un maldestro doppiaggio su Mike Groff. Fittipaldi eredita il comando, ma subito dopo il suo cambio fa cilecca. Mansell lo insegue e lo raggiunge in un lampo, ma al tornantino deve rallentare per non tamponarlo. E riceve la toccatina di un Michael Andretti un filino distratto. La conseguente foratura evapora ogni chance di vittoria per il Leone.

Al Unser Jr taglia il traguardo riprendendosi il titolo di “King Of The Beach”. Per il figlio d’arte è la quinta affermazione tra le strade a sud di Los Angeles. Mansell è secondo con Robby Gordon a completare il podio.

Terminati i festeggiamenti, è il momento di pensare all’evento clou della IndyCar 1994: la Indianapolis 500.

La 500 miglia di Indianapolis

Per la gara più importante dell’anno, un nuovo costruttore bussa alla porta della IndyCar: la Mercedes. In occasione di questo evento, la casa della stella presenta il suo motore, che andrà ad equipaggiare le vetture Penske. Alla sua presentazione, il 500I fa scalpore: nonostante la distribuzione ad aste e bilancieri, non è derivato dalla serie. Sfrutta una parte del regolamento tecnico che concede a questo tipo di motori una cilindrata ed una pressione del turbo maggiori. Gli avversari tremano, e gridano all’imbroglio. Ma è tutto legale. E segnerà un’epoca. Per approfondire l’argomento, leggi questo articolo.

Nelle prove, però, le Penske Mercedes non spadroneggiano come tutti si aspettavano. Le vetture rosse e bianche hanno qualche problemino di bilanciamento del telaio, ma secondo gli avversari si stanno nascondendo. Qualunque sia la verità, è fuor di dubbio che le PC-23 con il nuovo motore della stella va tremendamente forte. Infatti, Unser jr è in pole, e Fittipaldi è in prima fila. Manca giusto Paul Tracy, che però picchia violentemente in una delle sessioni di libere, ed arriva alla qualifica fuori forma. E’ solo in sesta fila.

Mansell è autore di una buona prova, ma la sua Lola Cosworth sembra aver perso la sua netta superiorità sui superspeedway. Va anche detto che il Leone non si è mai realmente adattato alla realtà degli ovali, per i quali prova un rapporto di amore-odio. Partirà dalla settima piazza.

La sorpresa del mese è Lyn St.James, la quale porta lo “Spirit of American Woman” a vette mai viste prima. Si qualifica in sesta posizione, giusto davanti a Mansell!

Rientra in pista John Andretti. Il nipote di Mario si è ormai trasferito nella NASCAR, dove corre a tempo pieno. In questo mese John tenta di correre la 500 miglia e la Charlotte 600 nello stesso giorno. A Indy corre con una vettura messagli a disposizione da AJ Foyt.

Bobby Rahal rischia di non entrare in griglia per il secondo anno consecutivo, complice la cronica mancanza di potenza del motore Honda. Grazie all’intervento di Roger Penske, che gli da in prestito due PC-22 Ilmor dismesse dal suo team, Rahal e Mike Groff di qualificano, anche se per il rotto della cuffia.

Ottima anche la prestazione di Raoul Boesel, secondo con la sua Lola Cosworth gestita dal team di Dick Simon. Il brasiliano è ancora a caccia della sua prima vittoria.

Arriva il 24 maggio, il giorno della gara. L’applauso della folla è tutto per Mario Andretti, alla sua ultima 500 miglia. La corsa di Piedone però dura meno di 40 giri, quando un problema tecnico lo obbliga a parcheggiare la sua Lola Cosworth numero 6. Al dileguarsi della pace car (guidata per l’occasione da Parnelli Jones), Unser e Fittipaldi scappano via, in quest’ordine. Lì si capisce il mostruoso potenziale del nuovo motore griffato Mercedes.

La corsa, tuttavia, è movimentata. Unser jr stacca Emmo ma stalla due volte ai box, lasciando campo libero al brasiliano. A metà gara avviene l’episodio più importante della corsa. Hideshi Matsuda sbatte in curva 2. Uno dei detriti buca una gomma di John Paul jr, che sbatte in curva 3. I piloti sono indirizzati verso la corsia di decelerazione, per permettere ai commissari di pulire la pista dai detriti. Tuttavia, Denis Vitolo non rallenta a sufficienza…e monta sulla vettura di Nigel Mansell! E’ uno degli incidenti più grotteschi (e forse anche imbarazzanti) della storia della IndyCar.

Mansell rimane nella vettura stordito, poi si lancia verso le braccia dei commissari per evitare le fiamme che stanno avvolgendo la sua Lola. Dopo l’impatto l’inglese è in stato confusionale, ma è talmente furioso da lasciare il centro medico prima di finire la visita!

La corsa riparte al giro 100. Fittipaldi marcia come un orologio, ma deve fare una sosta in più per togliere una busta di plastica che ostruiva il suo radiatore. Emmo ha une vettura aerodinamicamente più scarica, ed è messo meglio di Unser, il quale ha optato per avere maggiore carico. La gara si gioca sui consumi: Al Junior prova a finire la gara con una sosta in meno, percorrendo gli ultimi 30 giri con un pieno. Emmo, invece, dovrà fare uno splash&go a cinque tornate dalla conclusione, ed è quindi necessario che doppi il compagno.

Il gioco dei consumi mette in lizza anche Raoul Boesel e Jacques Villeneuve. Il brasiliano però si deve ritirare per problemi di surriscaldamento, ed è fuori dalla contesa. Il figlio di Gilles tenta invece l’azzardo, facendo un’ultima sosta a 35 giri dalla fine. E’ una strategia ai limiti dell’impossibile, che difficilmente andrà in porto senza una caution. In compenso, permette a Jacques di rimanere a pieni giri.

Se vuole vincere, Fittipaldi deve assolutamente doppiare Unser. Ci riesce al giro 180, ma Little Al si sdoppia quasi subito. Emmo si lascia prendere dalla foga, e perde il controllo della sua Penske in curva 4. E’ il giro 184: con l’incidente di Emerson, la gara finisce nelle mani di Unser jr.

Per la seconda volta in carriera, il ragazzo di Albuquerque conquista la 500 miglia di Indianapolis. Villeneuve è ottimo secondo, conquistando il titolo di “Rookie Of The Year”. Momenti di gloria anche per Bobby Rahal, terzo anche se staccato di un giro. E pensare che era partito dall’ultima fila…

IndyCar 1994: metà stagione

Ad una settimana dalla 500 miglia di Indianapols, il Milwaukee Mile ospita la quinta prova stagionale. La pole position (con record) di Raoul Boesel illude il paddock su una possibile fine del dominio Penske. E invece, al pronti via Paul Tracy brucia il brasiliano e lo stacca.

Fittipaldi e Unser pasticciano in qualifica, e partono 12esimo e 13esimo rispettivamente. Little Al è autore di una gara accorta: si aggancia a Emmo per risalire la china, e poi si sbarazza di lui e di Tracy per guadagnare la cima. E’ la prima tripletta Penske della stagione.

Michael Andretti e Nigel Mansell completano la top five, ma sono sper doppiati. La gara finisce prematuramente al giro 129, causa l’arrivo della pioggia.

La gara successiva è a Belle Isle. Nigel Mansell si ricorda di essere il campione in carica, e firma una pole stratosferica. Ma al primo rettilineo viene sverniciato da Unser, rendendosi conto che non c’è nulla da fare. Little Al sembra avviato al quarto successo consecutivo, ma al giro 50 un Paul Tracy in modalità omicidio lo spinge contro le barriere di pneumatici. Subito dopo, Fittipladi deve inchiodare per evitare un doppiato. Mansell, subito dietro, tampona Emmo e finisce contro le barriere. Riesce a ripartire ma poi deve ritirarsi con l’acceleratore rotto.

Paul Tracy ottiene la prima vittoria stagionale, davanti a Fittipaldi ed a Robby Gordon. Unser vede il suo vantaggio dal brasiliano ridotto a soli 14 punti.

Settimo appuntamento, Portland International Raceway. La pioggia questa volta non disturba le operazioni, ed il Team Penske ne approfitta per dominare la qualifica. La gara è un duello a distanza tra Unser jr a Fittipaldi, che si decide con l’ultima tornata di pit stop. Emerson esce davanti in curva 1, ma Al jr accelera meglio e approfitta delle gomme “calde” per superare il rivale. Il paulista si arrende, e cede la vittoria al compagno. Tracy è terzo ma dietro di lui si consuma una volata spettacolare tra Nigel Mansell e Robby Gordon. L’inglese avrà la meglio, ma per pochi centesimi.

La vigilia dell’ottavo round, all’aeroporto di Burke Lakefront di Cleveland, arriva il colpo di scena. La settimana prima, Mansell disputa il GP di Francia con la Williams, alimentando voci su un suo possibile ritorno in Formula 1. L’ex campione del mondo disputerà altre prove sulla FW16 rimasta orfana di Ayrton Senna, nei weekend di pausa della IndyCar.

Il giorno della gara vede un Al Unser jr imprendibile. L’iridato del 1990 scatta in testa e nessuno lo vede più. Si ripropone il duello Mansell-Fittipaldi, sulla falsariga di quello già visto nel ’93. Emmo la spunta con un sorpasso ai box, e la differenza di passo lo protegge dai ruggiti del Leone. Il brasiliano è secondo, Paul Tracy è terzo. Roger Penske balla per l’ennesima tripletta.

Round numero 9, Toronto. Bryan Herta si schianta in qualifica, e si rompe malamente una gamba. Per il 24enne del Connecticut la stagione è finita. Robby Gordon festeggia la prima pole position in carriera.

In gara avviene l’impensabile: Al Unser Jr, mattatore di questa IndyCar 1994, abbandona dopo tre giri con il motore KO! No va meglio per il resto della compagine Penske, che vede Fittipaldi in crisi con l’assetto e Paul Tracy a sua volta ritirato. Nigel Mansell super un Gordon in crisi di gomme per prendere il comando, cosa che non gli capitava da un po’. Il pilota di Souhill rimane però bloccato in un doppiaggio, e lascia campo libero a Michael Andretti. Il telaio Reynard si adatta bene sui cittadini, cosa che permette al figlio d’arte di guardare il resto della griglia da lontano. Mansell resiste, ma poi si deve ritirare per problemi di handling. Andretti vince davanti ad un redivivo Bobby Rahal, ed a Fittipaldi, che accorcia le distanze da Unser in campionato.

La Marlboro 500 è il decimo round IndyCar 1994. Il temutissimo super ovale del Michigan miete vittime tra motori e telai, ma l’edizione di quest’anno è particolarmente difficile. Nigel Mansell stampa la pole, e stacca tutti. Sembra di rivedere il Mansell del 1993, quello del titolo da rookie in IndyCar. Ma la gioia dura poco, e lascia il posto alla paura. Nigel dopo una trentina di giri si ritrova con l’acceleratore bloccato, ad oltre 380 Km/h! Lui stesso descriverà l’episodio come l’esperienza più spaventosa della sua carriera.

Un altro spavento è per Robby Gordon, che strappa una gomma in pieno rettilineo al giro 24. Miracolosamente, non urta il muro. Il californiano rientra ai box e riparte, ma poi il motore Ford Cosworth lo molla sul più bello. Unser e Fittipaldi si ritirano per problemi tecnici, Tracy invece per un incidente. Sbatte anche Jacques Villeuevue, a muro in curva 2 senza conseguenze. Muro anche per Michael Andretti.

Altro attimo di paura per Adrian Fernandez, il quale si ritrova avvolto dalle invisibili fiamme di metanolo traboccato durante il pit stop. Il messicano non riporta che lievi ustioni.

In tutto questo caos la spunta Scott Goodyear, alla sua seconda vittoria in carriera. Il canadese precede Arie Luyendyk, sempre fortissimo sugli ovali, ed un sorprendente Dominic Dobson. Solo otto vetture vedono il traguardo.

Finale di stagione

A Mid Ohio Unser jr si riprende ciò che gli spetta, con una vittoria netta e perentoria. Replica la corsa successiva a Loudon, dove Fittipaldi conquista la sua prima pole dopo quasi un anno.

Little Al parte dalla decima casella, e risale la classifica con calma e metodo. Tracy da spettacolo, superando Fittipaldi al giro 46 e involandosi in vetta. Tuttavia non riesce a contenere la rimonta di Unser, che vince davanti ai de compagni di team.

Al giro 13 ritorna la paura per il botto tra Scott Sharp e Mike Groff. L’ex campione Trans Am monta sopra il rivale, in un incidente che poteva avere conseguenze molto gravi. Per fortuna, entrambi i piloti sono illesi.

Il New Hampshire si trasforma in una Caporetto per il team Newman-Haas. Al giro 109, Mario Andretti e Nigel Mansell si urtano tra di loro. Piedone si ferma subito, mentre il Leone rimane in pista prima di arrendersi ad un assetto fortemente compromesso. Che disastro per Paul Newman e Carl Haas!

Vancouver è l’ultima trasferta canadese della stagione. Robby Gordon è arrabbiato per l’esito di Toronto, e prova il riscatto con un’altra pole position. In gara conduce i primi 35 giri, ma poi deve cedere alla superiorità di Unser jr e del Team Penske. Questa vittoria, l’ottava, è importante per Little Al, perché gli fa mettere una seria ipoteca al titolo. Emerson Fittipaldi, infatti, è in odore di podio per tutta la corsa, ma all’ultimo giro una manovra garibaldina di Mansell lo spedisce contro le barriere. Emmo riparte e finisce nono, vedendo il suo distacco da Unser salire a 56 punti. Alla prossima gara, ad Unser sarà sufficiente un quarto posto per aggiudicarsi il campionato in anticipo. Tracy rimane solo a guardare: dopo essere finito nel “panino” degli Andretti Paul non ha concluso la gara di casa. Anche per quest’anno, sarà per l’anno prossimo!

Road America è la corsa che segna in maniera definitiva le sorti del campionato. Le qualifiche ci regalano una prima fila tutta canadese, con Jacques Villeneuve alla sua prima pole. Le doti telaistische della Reynard permette al figlio di Gilles di correre con ali leggermente più scariche, rispetto a Tracy che ha invece più donwforce. I due connazionali s’inseguono a vicenda per i primi 20 giri, con Unser che s’installa in terza piazza pensando al campionato. Al junior prende brevemente la vetta dopo il primo pit stop, approfittando sel mezzo passo falso che Jacques fa nella sua sosta (non riesce a trovare la marcia). All’ultimo restart, causato dall’incidente di Arie Luyendyk alla curva “Kink”, Tracy si tocca con Villeneuve, ma senza fare danni. Paul si ritira poco dopo per problemi al motore.

Jascques resiste alla rimonta di Unser jr, e vince la sua prima gara in IndyCar. Il 23enne di St. Jean d’Iberville trionfa sulla sesta pista dove suo zio, Jacques senior, conquistò il successo nove anni prima. Little Al conclude secondo, ed è campione IndyCar 1994.

Nazareth e Laguna Seca concludono l’annata. Sull’ovale della Pennsylvania Fittipaldi vince la sua seconda gara della stagione, dopo quasi cinque mesi di digiuno. Tracy fa sua la finale in terra californiana, portando il numero totale di successi targati Penske a 12. Unser non finisce nessuna delle due gare, ma che importa: il titolo è già suo!

Con la gara di Monterey Mario Andretti conclude cinque decenni di corse. A 54 anni, con 421 gare e 52 vittorie tra il 1964 ed il 1994, Piedone appende il casco al chiodo. Non del tutto, però: non mancano infatti occasioni di rimettersi in pista, come ad esempio alla 24 ore di Le Mans. Ma per adesso, “Arrivederci Mario”.

Un ritiro ed un ottavo posto concludono la carriera americana di Nigel Mansell. Un mese più tardi vince l’ultimo GP della F1 ad Adelaide, cosa che gli riaccende la voglia di massima formula. Firma con la McLaren per il 1995.

Classifica finale: https://www.racing-reference.info/yeardet/1994/R

Grazie per averci seguito, e arrivederci alla prossima puntata.