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Fiorentina-Milan 1-1: partita viziata

Ci sono partite viziate dalle cattive condizioni del campo; altre dalla stanchezza degli impegni di coppa. Poi ci sono partite viziate dalle assenze di...
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PROSPETTIVA VIOLA: la Fiorentina come nessuno l’ha mai raccontata

Il mio primo abbonamento risale al campionato 1978/79; ma sin dall’anno precedente avevo preso a frequentare con regolarità lo stadio, acquistando il biglietto prima dell’inizio della partita. Fu mio nonno a condividere con me questa passione che immediatamente feci mia. Andavamo in curva Fiesole, dove ancora non c’erano né seggiolini, tanto meno i posti assegnati. Le persone si accomodavano sedendosi sui guancialini viola ripiegati che portavano sottobraccio, stringendosi le une alle altre, sino all’inverosimile. Ricordo le gradinate stracolme, tanto che, più di una volta, eravamo costretti a rimanere in piedi sull’anello in alto, anche in seconda o terza fila – e lui chiedeva a quelli davanti se mi facevano passare per farmi vedere, ed io che tornavo a cercarlo per abbracciarlo ogni volta che facevamo goal, e non erano poi molte.

Ricordo ancora a memoria la formazione-tipo, tra cui spiccava per classe ed eleganza Giancarlo Antognoni, che il cuore volle per sempre a Firenze, unico motivo di orgoglio di fronte alle grandi squadre vincenti. Ricordo una rimonta all’ultimo tuffo in Fiorentina-Atalanta 2-2, con gli spettatori infuriati contro l’arbitro Barbaresco che ci aveva negato ben quattro calci di rigore, ed erano scesi dalla curva e premevano contro i cancelli che li separavano dal campo. Ho ancora negli occhi le immagini in bianco e nero di 90° minuto nelle quali il portiere (sino a quel giorno) titolare Carmignani, giocando a terra la palla per rinviarla, non si accorge dell’arrivo da dietro di Boninsegna, che segna di rapina il primo gol dei cinque che ci rifila quel giorno la Juve a Torino (nel secondo tempo, preso dalla disperazione, l’allenatore farà esordire il diciannovenne Giovanni Galli, che difenderà per dieci anni con onore la nostra porta). E il laconico servizio che documentava il gol in extremis del fiorentino Orlandini in una Bologna coperta dalla neve, che ci allontana per qualche settimana dall’ultimo posto in classifica. Poi la drammatica staffetta in panchina tra Mazzone e il vice Mazzoni – silenzioso protagonista della vittoria in Coppa Italia tre anni prima – che dopo poche settimane rinuncia, e il ritorno di Beppe Chiappella, mentre la squadra affonda sempre di più in classifica. Ricordo la voce di Ciotti alla radio al gol di Sella all’89° che teneva vive le speranze di salvezza, dopo l’incredibile errore dal dischetto proprio del nostro uomo migliore, Antognoni. E la tensione all’interno dello stadio stracolmo nell’ultima giornata contro il Genoa, quando solo un gol dell’Inter a Foggia ci permette di non retrocedere, ma solo per la migliore differenza reti. Non sono immagini, ma emozioni ancora vive.

Ma il ricordo più intenso è quello di mio nonno, che aveva visto i due scudetti – il primo con Julinho, Montuori e Virgili, poi quello di De Sisti, Merlo e Chiarugi – con cui avrei voluto condividere gli anni di Batistuta e Rui Costa, ma che fece appena in tempo ad assistere all’arrivo di Baggio e neppure a vederlo sbocciare. È un po’ la sua vicinanza che cerco quando torno allo stadio, e a volte persino mi sembra di sentirla.

Vi aspetto il giorno successivo alla partita casalinga della Fiorentina, a partire da domenica 25 agosto per il commento dell’incontro con il Napoli che inaugura il campionato 2019/2020. Con la promessa di essere – nei limiti descritti a suo tempo da Cartesio ma ancora oggi validi – più oggettivo possibile, provando, attraverso il calcio, a raccontare anche qualcosa della società in cui viviamo.