Nonostante l’ennesima vittoria della nazionale azzurra ottenuta, non senza fatica, dalle ragazze di Milena Bertolini lo status di professioniste per le italiane sembra ancora molto lontano.
Ne ha parlato di recente anche Sara Gama, capitana azzurra, rilasciando un’intervista a “L’Avvenire”. Un virgolettato a tutto tondo, dall’esperienza all’estero con il Paris Saint Germain, alla realtà della società torinese, passando poi per la questione professionismo.
Triestina di nascita, papà congolese e mamma italiana. Sara Gama è laureata in lingue e letterature straniere. Nel calcio è leader oltre che nella sua squadra anche in federazione in qualità di consigliere e nell’Associazione Italiana Calciatori.
L’intervista a Sara Gama
“Al Paris-Saint Germain ho vissuto un’esperienza così forte e importante che ha inciso profondamente su ciò che sono ora. Qui da noi all’epoca non c’era ancora niente, lì sono entrata in un altro mondo, un super club con una rosa di dieci francesi e altrettante straniere, tutte top player. Sono l’unica italiana ad aver disputato una finale di Champions, l’ho persa, ho giocato poco, mi sono anche infortunata, ma ho imparato tanto e soprattutto ho vissuto da professionista”
Il professionismo?
“Un tabù per quasi tutto lo sport italiano, basti pensare che ad oggi se non si dovesse qualificare il basket maschile, solo il ciclismo porterebbe degli atleti professionisti ai prossimi Giochi olimpici di Tokyo. Superare lo stato attuale di dilettantismo diffuso è una battaglia politica nella quale sono impegnata in prima linea come consigliere in Figc e membro dell’Aic. Ma la politica ha tempi lunghi e i programmi non si realizzano per imposizione. Un passaggio del genere va forzato ma non imposto. Con il professionismo i costi per le società è vero che raddoppierebbero, ma è altrettanto vero che le risorse ci sono. Rispetto a quattro anni fa, però è tutta un’altra storia. Finalmente la Serie A ha capito e ha creato le sue squadre femminili: ha cominciato la Fiorentina, poi è arrivata la Juventus. Qui sono a casa mia, l’organizzazione comincia ad essere in linea con quei club modello tipo Psg, con la differenza che qui gioco titolare e vivo il nostro movimento da protagonista”.
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