Nera, disabile e donna. Il razzismo nel 2020

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C’è chi continua a dire che il razzismo non esiste eppure sembra essere lì appena girata la testa, in ogni angolo del pianeta dove in un modo o nell’altro si raccontano episodi incresciosi che spesso sfociano in atti di violenza. Lo sa bene chi li subisce. Ma razzismo non è solo quello che sale alle cronache, è quell’atteggiamento che non consente a chi è diverso di accedere a tutti gli ambiti della vita. Lo ha raccontato la BBC che ha intervistato due atlete paralimpiche, due sportive, testimonianza di quanto essere donna, nera, disabile comporti delle difficoltà di accesso nonostante vivano in un Paese, la Gran Bretagna, altamente multiculturale.

L’intervista a Kadeena Cox

Kadeena Cox, classe 1991, due volte campionessa paralimpica si sfoga così ai microfoni dell’emittente britannica: “Essere una donna nera, disabile è come essere in un piccola nicchia. Credo che l’atletica sia molto di più di uno sport multiculturale, c’è molta diversità all’interno. Mentre se guardiamo il ciclismo vediamo uno sport a prevalenza di atleti bianchi. Prima dei campionati mondiali di quest’anno, una delle mie compagne di squadra mi ha detto: “Siamo nel 2020 il razzismo non esiste” e io ho replicato “Sei seria in questo momento?”.

Spesso mi chiedo perchè sono realmente l’unica donna nera corridrice nel panorama delle corse su sedia a rotelle. In realtà, non ci sono molti di noi in ogni caso. Sono differente, o almeno sembro molto differente, dai tipici atleti paralimpici o da un’atleta paralimpica della Gran Bretagna. Tutti ci vogliono aiutare, ed è una cosa molto carina, ma ora ad esempio la mia famiglia lascia che io faccia ogni cosa da sola. Tipo che spesso mi dicono di andare e sollevare cose pesanti senza il loro aiuto.vogliono solo aiutarmi a diventare la migliore atleta possibile. Loro non mi vedono come una persona del tutto fragile.

L’intervista a Kare Adenegan sul razzismo

Kare Adenegan è una “millennian” britannica specialista nelle distanze corte nella categoria T34, a soli 17 anni ha battuto il record del mondo sulla distanza dei 100 metri, unica a scendere sotto i 17″. Due volte medaglia d’argento ai mondiali di atletica. Alla BBC a raccontato: “Come persone disabili, in generale, vogliamo solo vivere vite normali. Desideriamo fare ciò che tutte le altre persone fanno. Non è un gran problema per noi. Ma siamo come in una nicchia, un gruppo di atleti professionisti che affrontano una serie di pregiudizi per arrivare al vertice della loro carriera.

C’è un’altra grande barriera per entrare negli sport con sedia a rotelle

A complicare l’accesso alla disciplina sportiva praticata sulla sedia a rotelle un altro problema, quello dei costi.

Dice Kare Adenegan: “Le sedie da corsa costano dalle 4 alle 10 mila sterline, dipende da quale modello si vuole. Così è molto costoso e questo mette fuori gioco molte famiglie ovviamente. Non è certo possibile acquistarne per le famiglie che hanno problemi finanziari, ma è bene dirlo, ci sono molte famiglie che lottano con problemi finanziari.

Le fa eco Kadeena Cox: “Alcune famiglie ripiegano nel prendere in affitto giornalmente le sedie tramite il Servizio Sanitario Nazionale che però non fornisce una sedia da gara da 4000 mila sterline. Quindi come possiamo accorciare questo divario? Io sono sicura che ci sarebbero molti più atleti in queste comunità ma come possiamo avvicinarli allo sport?

Razzismo sulla propria pelle, sperimentato più di una volta da entrambe le atlete, la Cox quindi conclude la sua chiaccherata affermando che proprio l’averlo sperimentato sulla sua pelle è il motivo per cui pensa che sia importante parlarne. E’ certa che il problema risiede nella non consapevolezza della gente dell’esistenza di certi fenomeni. Così dobbiamo cogliere l’occasione di assicurarci che la gente sia consapevole del fatto che il razzismo ancora esiste in diversi e differenti livelli

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