Il 2 Gennaio 1960 moriva -Fausto Coppi dopo che era stato ricoverato a Tortona, non ci fu nulla da fare per lui: alle 8,45 ci lasciava il ciclista e l’uomo ma nasceva definitivamente la sua leggenda, il mito. Ammirato in tutta Europa e osannato in patria, il quattro gennaio cinquantamila persone erano arrivate sul colle di San Biagio per seguire il funerale del Campionissimo Italiano. Soprannominato l’airone fece sognare una Nazione intera che faceva sempre il tifo per sostenerlo e guidarlo alla vittoria. I record che Fausto ha conquistato sono impressionanti e noi vi sveleremo tutto quello che c’è da sapere sull’eroico Coppi.
Fausto Coppi conquista la sua prima maglia rosa nel 1940
-Fausto Coppi: un atleta formidabile
Nella carriera da professionista durata ventuno anni Coppi vinse complessivamente 151 corse su strada, 58 delle quali per distacco, e 83 su pista. Ha indossato per 31 giorni la maglia rosa del Giro d’Italia e per 19 giorni la maglia gialla del Tour de France. Al Giro vinse ventidue frazioni, al Tour nove. Storica è stata la sua rivalità con Gino Bartali, altro grande Ciclista Italiano con cui combatte aspramente in sella, per poi apprezzare invece dopo la gara le doti suo “nemico”. La sua caratteristica fuori dal comune era quella di poter disporre di un sistema cardiorespiratorio potente, con una capacità polmonare di 7,5 litri e un battito cardiaco a 34 pulsazioni a riposo. L’agilità muscolare, figlia di gambe lunghe ma sottili, fecero il resto. A plasmarlo e a dargli i primi insegnamenti del mestiere, è Biagio Cavanna, allenatore e massaggiatore tra gli altri di Learco Guerra e Costante Girardengo, che prima di perdere la vista nel 1938 fa in tempo a scoprire tutto il talento che c’è nel giovane Fausto.
Le prime vittorie di Coppi e la guerra
Cavanna lo segnala alla Bianchi alla fine del decennio, ma Eberardo Pavesi è più veloce e lo porta alla Legnano, scegliendolo come uno dei gregari al fianco di Gino Bartali. Compito che Fausto assolve alla perfezione nelle prime corse del 1940, quando aiuta Gino a vincere la Milano-Sanremo. Svolge lo stesso compito anche al Giro d’Italia, il primo al quale prende parte e si rivela una rivoluzione: con Bartali che è attardato da alcune cadute, a metà Giro a Coppi viene dato il via libera per potersi giocare la corsa, e puntualmente porta a termine la missione diventando il più giovane atleta di sempre a vincere il Giro. È l’inizio della leggenda. Ma il giorno dopo Mussolini decide che l’Italia deve entrare in guerra. E la storia prende tutta un’altra piega. L’unica gioia di Coppi è la conquista del record dell’ora, andato in scena al Vigorelli di Milano il 7 giugno 1942. Fausto risponde alla chiamata alle armi e nel 1943 viene fatto prigioniero dagli inglesi, spedito in Tunisia e quindi in Algeria nei campi di prigionia. Nel 1945 rientra in Italia in qualità di automobilista aggregato della RAF (l’aeronautica britannica), e subito il primo pensiero sarà quello di trovare il modo per tornare in sella.
-Fausto Coppi: tenacia e determinazione
Sarà Giuseppe D’Avino, falegname di Somma Vesuviana, a fornirgli il mezzo col quale farà ritorno a casa e col quale riprenderà la sua seconda vita sportiva. E dopo i primi successi nel 1945 tesserato con la Polisportiva Lazio, un anno dopo decide di accettare l’offerta della Bianchi di cui diventa naturalmente capitano. Comincia così il grande dualismo con Bartali (rimasto alla Legnano) e il trionfo nella Milano-Sanremo 1946 è il primo tassello di una meravigliosa rinascita. Il Giro però lo vince Bartali, che per 47 secondi precede in classifica il rivale, che corse con una costola incrinata da metà corsa in poi. Un anno dopo è Coppi a imporsi, poi nel 1948 la corsa rosa va a Magni con qualche polemica sulle spinte ricevute dal corridore vincente. Il 1949 semplicemente è l’anno della consacrazione: al Giro non ha rivali, al Tour, dove si presenta per la prima volta (e dopo che il tecnico Binda a Chiavari aveva voluto un patto tra lui e Bartali, che avrebbero corso nella stessa squadra, poiché al Tour si gareggiava con selezioni nazionali), parte malissimo ma poi nella seconda parte recupera e diventa incontenibile, firmando una storica doppietta (non era mai accaduto prima). E naturalmente fa sue sia la Sanremo che il Lombardia. A 30 anni Coppi è definitivamente nella leggenda.
Il dolore e il titolo mondiale
La morte del fratello Serse è un colpo tremendo dal quale faticherà a riprendersi: fatale è un colpo ricevuto dopo una caduta sui binari al Giro del Piemonte 1951, che inizialmente non sembrava così rilevante, ma che poi risulterà fatale. Fausto è sul punto di abbandonare tutto, poi risale in sella e nel 1952 conquista la seconda doppietta Giro-Tour. E nel 1953 fa ancora una volta suo il Giro dopo un duello appassionante con Koblet. Manca ormai solo la ciliegina sulla torta: il titolo mondiale che arriva a Lugano il 30 agosto. Un atleta dalle doti strabordanti che ha saputo andare oltre i suoi limiti e superare ogni ostacolo e che merita di essere ricordato nell’albo del Ciclismo e dello Sport in generale come il più grande atleta Italiano. Inoltre la sua vita è stata stravolta dalla relazione con Giulia Occhini soprattutto per le polemiche che ne sono conseguite. È stato costretto spesso a espatriare, veniva attaccato dall’opinione pubblica, ma non ha mai mollato. Nel 1960 avrebbe dovuto correre l’ultima stagione nella San Pellegrino Sport diretto proprio da Bartali.
-Fausto Coppi: la malattia contratta in Africa
Un fatale errore di sottovalutazione di quella malattia contratta in Africa nell’Alto Volta (attuale Burkina Faso) durante il 1959 ha colpito Coppi, dove assieme ad altri corridori come Raphaël Géminiani e Jacques Anquetil fu invitato a un criterium, cioè una corsa eccezionale nelle vie della città di Ouagadougou per celebrare l’anniversario dell’indipendenza del giovane paese Africano. Il ciclista infatti aveva già contratto la malaria durante la guerra, quando era stato spedito sul fronte africano, eppure diagnosticata in tempo fu curato con il chinino (farmaco idoneo per la cura) senza troppi intoppi. Tornato in Africa da ciclista, l’Airone partecipò anche ad alcune battute di caccia nelle riserve di Fada N’gourma e Pama, non lontano dalla Capitale come osservatore, preferendo fare fotografie agli animali e conoscere i nativi di alcuni villaggi sperduti mentre parlava del suo sogno di commercializzare in Africa biciclette con il suo nome.
Il racconto della malattia
Qualche anno dopo Géminiani grande amico di Coppi con cui divise la camera d’albergo confermò le pessime condizioni che trovarono: “Fummo presi d’assalto dai Moustiques, i letti non avevano le zanzariere. Fummo martoriati”. E’ probabile che proprio in questo momento Coppi venne punto da una zanzara, contraendo così il virus. Raphaël e Fausto in quel momento si trovarono a vivere lo stesso dramma, e durante le festività natalizie si sentirono telefonicamente. La situazione degenerò per entrambi di lì a poco: a Coppi, con 40 di febbre fu diagnosticata l’influenza asiatica, in Francia invece Raphaël entrò in coma. Qui le analisi del sangue furono rapide e precise: si trattava di malaria. Imbottito di chinino, il corridore transalpino riuscì a salvarsi. La moglie di Raphael telefonò in Italia avvertendo i medici che avevano in cura il ciclista Italiano che si trattava di malaria, ma venne incredibilmente ignorata e non presa in considerazione. Le condizioni di salute, peggiorate di ora in ora precipitarono del tutto: diversi dottori formularono un’altra diagnosi, optando per una broncopolmonite emorragica da virus. Agli antibiotici venne aggiunto il cortisone ma ormai era troppo tardi.
La morte del Campione
Il primo gennaio i medici si decisero a ricoverarlo in ospedale. Poco prima di allontanarsi per sempre dalla sua abitazione Fausto, raccogliendo le ultime forze chiamò accanto a sé il figlio Faustino e disse: “Fai il bravo, Papo”. E così il giorno dopo l’Airone è morto quando poteva salvarsi se solo si fosse intervenuti prima, ma la sua leggenda lo ha fatto rimanere indelebile nel cuore degli appassionati di Ciclismo che ricordano a memoria le sue gesta. Restano le sue vittorie e la sua forza a rendere orgogliosi gli Italiani di aver avuto un Gigante del Ciclismo che è diventato il Mito per chiunque voglia avvicinarsi alle due ruote. Il vuoto lasciato da Coppi è troppo grande perchè la pasta di questi Campioni non è facile da replicare.
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