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Intervista a Danilo Caravello: “Com’è cambiato il calciomercato!”

L’agente FIFA: “Il calcio aiuti le categorie inferiori”. E su Grosso e Aquilani…

Esperienza ed onestà: queste sono le caratteristiche di maggior pregio di Danilo Caravello, uno dei procuratori più famosi e di maggior successo in Italia e nel mondo. Ecco cosa ne pensa della situazione attuale del calcio italiano e della sua grandiosa carriera.

Il procuratore sportivo Danilo Caravello

Com’è cambiato il Suo lavoro con il Coronavirus?
«Diciamo che la domanda più completa dovrebbe essere come sta ancora cambiando e come potrà evolvere la mia professione, visto che siamo ancora in piena emergenza Coronavirus; ad oggi posso rispondere che mi manca la possibilità di poter andare a vedere le partite e seguire i miei calciatori dal vivo, di poterli incontrare di persona e di poter fare incontri o riunioni con direttori o dirigenti nelle sedi dei club. Mi manca anche la quotidianità ed il poter curare i rapporti sociali e professionali di persona. Premesso ciò cerco, come tutti, di fare il possibile con lo smart-working grazie alle video chiamate o alle video conferenze, utilizzo molto la tecnologia per vedere partite e rimanere aggiornato su molti campionati esteri e per sentire e stare vicino quotidianamente, moralmente ed umanamente a tutti i miei calciatori».

Quale pensa possa essere la soluzione economica migliore per salvaguardare i calciatori soprattuto delle serie minori?
«In questo momento così duro e difficile l’azienda-calcio dovrebbe essere unita per ottenere dallo Stato una defiscalizzazione dei contratti e dei contributi fiscali, una burocrazia molto più snella e veloce per la costruzione degli stadi di proprietà, poter prevedere una cassa integrazione per permettere alle categorie inferiori di poter pagare i contratti più bassi, avere una revisione della legge Melandri con una distribuzione più equa sui diritti televisivi ed ottenere una parte più congrua da distribuire alle categorie inferiori; infine per ultima, ma non come importanza, snellire i campionati minori che non riescono a sostenere un numero troppo elevato di squadre professionistiche».

Il difensore dell’Italia campione del mondo Fabio Grosso

Com’è cambiato (se è cambiato) il Suo rapporto con Fabio Grosso dopo la vittoria del Mondiale?
«Fabio Grosso è un ottimo calciatore ed uomo umile e vero, e così è rimasto anche dopo aver compiuto l’impresa sportiva più grande nella carriera di un calciatore e cioè vincere un Campionato del Mondo da protagonista. Il nostro rapporto, basato su affetto, amicizia e stima reciproca sia umana che professionale è rimasto lo stesso dopo tanti anni, anche se il nostro percorso professionale si è interrotto negli ultimi anni della sua carriera calcistica.
In me rimane l’onore e la grandissima gratitudine che gli devo per aver condiviso insieme un percorso professionale». 

Quali sono le differenze di gestione e rapporto tra un calciatore di Serie A e uno di Serie B o di una serie minore?
«Gestire e lavorare per un calciatore significa essersi scelti a vicenda sia umanamente che professionalmente, per cui, essendo abituato a lavorare dando sempre tutto me stesso e mettendo il massimo impegno per tutti i miei assistiti, cerco di ottenere lo stesso da ognuno di loro; non faccio differenze di categoria perché ricerco sempre le grandi qualità per ottenere e raggiungere il massimo possibile e, quando lo si è raggiunto, mantenerlo»

Lei è uno dei procuratori più esperti in Italia e nel mondo, ha notato qualche cambiamento nel modo di fare calciomercato?
«Sono quasi vent’anni che faccio questo lavoro, per cui ho vissuto e partecipato a molte sessioni di calciomercato; devo dire che rispetto ai miei primi anni il calciomercato è totalmente diverso sia nelle tempistiche che negli approcci alle trattative.
Ricordo ai miei inizi che il calciomercato si svolgeva tutti insieme, perlomeno gli ultimi giorni, in un hotel e c’erano i box divisi per categorie e uno per ogni club; era un bel momento di lavoro e di aggregazione dove partecipavano anche tutti i rappresentanti di Serie A, per cui avevi veramente la possibilità di chiudere anche la trattativa più complessa faccia a faccia con il tuo interlocutore.
Oggi invece i tempi si sono allungati, si fanno molte trattative nelle sedi dei club o sparsi in vari hotel di Milano, molte si sviluppano al telefono, in video conferenza e possono essere chiuse via e-mail con il relativo deposito digitale o via PEC.
La tecnologia ha sicuramente velocizzato le tempistiche ed ottimizzato i tempi, ma ci ha tolto, almeno dal mio punto di vista, l’aspetto umano, sociale e dei rapporti diretti tra persone che, ritengo, ancora aspetti fondamentali del mio lavoro»
.

Come ha iniziato questo mestiere?
«Ho iniziato questo mestiere nel 2001 per passione grazie a Stefano Antonelli, il merito è suo se sono riuscito ad entrare e ad affermarmi in questo mondo; inizialmente collaboravo con lui andando a vedere partite di settore giovanile nel weekend, soprattutto quelle dei ragazzi della Roma. Mi ricordo la prima partita che ho visto come se fosse ieri: Roma – Fermana della categoria Giovanissimi Nazionali che all’epoca schierava l’annata 1984, ed i primi calciatori che segnalai con la penna rossa ad Antonelli furono Alberto Aquilani e Damiano Ferronetti.
Da lì in poi è diventato un lavoro a tempo pieno come lo è tutt’oggi»
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Ha qualche consiglio indispensabile da dare a chi vorrebbe intraprendere questo lavoro?
«In primis di non pensare che sia un mondo dov’è tutto oro quello che luccica come potrebbe sembrare dall’esterno, perché il mondo del calcio è molto selettivo ed è una cerchia ristretta dove non è semplice entrare da protagonista come magari poteva essere tanti anni fa.
Detto questo, bisogna metterci tanta passione, tanto impegno, tanto sacrificio, tanta moralità e psicologia per poter vedere un bravo calciatore, saperlo indirizzare a fare le scelte giuste per la sua carriera e permettergli di arrivare il più in alto possibile.
Sembra facile ma non lo è: molti possono notare il campione o il fenomeno, ma non tutti riescono a scoprire il calciatore forte in prospettiva. Questa è una dote che non si allena, o ce l’hai o non ce l’hai»
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Ci sono differenze tra il mercato di Serie B e quello di Serie A? 
«Le maggiori differenze sono quelle economiche, nel senso che in Serie A ci sono maggiori incassi sotto tutti i punti di vista ed è un mercato altamente globalizzato mentre in B c’è più “italianizzazione” e meno risorse per poter acquisire i cartellini».

Quale ritiene sia stato il Suo colpo migliore?
«Negli anni passati direi soprattutto Fabio Grosso dall’Inter al Lione, Domizzi dal Napoli all’Udinese e Pinzi dall’Udinese al Chievo. Più recenti Barillà dal Trapani al Parma, Gazzola dal Sassuolo al Parma, Pigliacelli dalla Pro Vercelli all’Università Craiova e Johansson dal Göteborg all’AEK Atene. Sono orgoglioso anche di aver avviato la carriera di calciatori come Magnanelli che ho portato dal Gubbio al Sassuolo, Politano dalla Roma al Perugia, Vicari dal Novara alla SPAL e Ciciretti dalla Roma al Benevento: tutte tappe fondamentali che hanno consentito a questi calciatori di consacrarsi o di esplodere definitivamente».