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Felice Gimondi: oggi ci lasciava il Leggendario Ciclista Italiano

Il 16 Agosto 2019 Felice Gimondi lasciava tutto il Ciclismo nel lutto più profondo, il Ciclista Italiano Leggendario, colui che ha vinto tre Giri D’italia consecutivi.

Gimondi era un lottatore che non si arrese mai, anche quando lo chiamano vecchietto per via dell’età non più giovane per poter competere con i ciclisti della nuova generazione.

Ha fatto sognare L’Italia degli anni 60 e 70,ha lottato per poter riuscire almeno una volta a superare il Cannibale, quel Merckx che lo rendeva sempre l’eterno secondo.

Leggi anche: Eddy Merckx: il Cannibale del Ciclismo

Felice Gimondi: oggi ricorre l’anniversario della sua morte

Felice Gimondi è stato un atleta mai sopra le righe, elegante ed educato, ma quando correva in bicicletta non guardava in faccia a nessuno.

Felice Gimondi è morto per un malore mentre faceva il bagno nelle acque di Giardini Naxos.

L’ex Campione del Ciclismo Italiano avrebbe compiuto 77 anni il 26 settembre 2020.

Gimondi, in vacanza assieme alla famiglia, era ospite della struttura alberghiera di Giardini Naxos, la località turistica del messinese nei pressi di Taormina.

Quando si è sentito male stava facendo il bagno.

Nello specchio d’acqua è intervenuta anche una motovedetta della Guardia Costiera, ma tutti i tentativi di rianimarlo da parte dei medici sono stati inutili.

Gimondi, che era sofferente di cuore, secondo i soccorritori sarebbe morto per un infarto.

Felice Gimondi: La storia del ciclismo Italiano

Felice Gimondi ha scritto la storia del ciclismo.

Altro che “eterno secondo”, come qualcuno l’aveva definito per quella lunga e durissima sfida con Eddy Merckx ed i tanti piazzamenti alle spalle del belga.

Originario di Sedrina, in Val Brembana, classe 1942, fu l’unico a resistere alla vena vorace del ‘Cannibale’ Merckx.

Secondo in assoluto, dopo Anquetil, a completare la Tripla Corona nei Grandi Giri, campione del Mondo nel 1973 a Barcellona, padrone del pavé di Roubaix e delle insidie della Sanremo.

Felice Gimondi: Tutte le sue vittorie

Si presentò al Tour de France del 1965, vinse a sorpresa e solo l’indomani si dimise da postino, “perché al posto di lavoro ci tenevo” spiegò.

Quel Tour, per l’esuberanza fisica e il modo spericolato di correre, è stato uno dei tre momenti fondamentali della sua carriera.

“Poi il secondo momento importante è il Giro del 1976 (il terzo vinto dopo quelli del ’67 e del ’69, ndr).

Quando in gruppo ero considerato un vecchietto, per la tattica e la gestione della corsa, raccontò lui stesso anni dopo.

E il terzo e ultimo momento importante è il Campionato del Mondo (del 1971, ndr), per averci creduto fino in fondo anche sapendo di essere battuto”, ancora una volta dal ‘Cannibale’.

Quello era un po’ il motto di Gimondi, costretto ad arrendersi solo contro Merckx.

Rimase a lungo la sua “delusione più grande” essere battuto dal belga a cronometro per la prima volta, al Giro di Catalogna.

“Ho impiegato due anni a capirlo: Merckx era più forte di me”.

“Dietro alla sua ruota ci sarò” recita anche un verso della canzone che gli dedicò Enrico Ruggeri, “Gimondi e il Cannibale”.

L’ultimo giro d’Italia cui partecipò fu quello del 1978: si piazzò undicesimo.

Ma contribuì in maniera decisiva al successo finale di Johan De Muynck, che aveva battuto due anni prima, ora diventato suo compagno di squadra.

Concluse la carriera su strada nell’ottobre 1978 partecipando al Giro dell’Emilia.

Sotto contratto da professionista con la Bianchi-Faema anche nel 1979, ottenne come ultimo piazzamento.

Nel febbraio di quell’anno, il terzo posto nel campionato italiano di omnium indoor.

Nelle quindici stagioni da pro vinse in totale 141 corse.

Dopo il ritiro Gimondi fu direttore sportivo della Gewiss-Bianchi nel 1988, e successivamente, nel 2000, presidente della Mercatone Uno-Albacom, la squadra di Marco Pantani.

Felice Gimondi: I ricordi di Moser, Cassani, e Motta

“Era un corridore vero, un duro che non mollava mai, eravamo avversari ma ci siamo sempre rispettati.

Per tanti anni siamo stati assieme nel consiglio Uci, spesso viaggiavamo assieme dall’Italia a Ginevra, ci raccontavamo di tutto”.

E’ il ricordo di Franceso Moser, che di Felice Gimondi è stato avversario e poi amico.

“Non ce l’aspettavamo, l’ho visto l’ultima volta al Giro precisamente nella tappa di Courmayeur che il Giro lo ha anche deciso.

Stava bene. Beveva sempre il mio vino, ogni anno glielo mandavo, di solito prendeva il moscato giallo” ha detto Moser.

“Un ricordo? Al Giro del ’76, che poi vinse, quando l’aspettammo dopo una caduta e sembrava che quasi non ce la facesse”.

“Ho avuto un solo idolo nella mia vita: Felice Gimondi.

Ogni volta che lo vedevo era un’emozione perché quando ti innamori di un campione è per tutta la vita.

Sei stato un grande Felice”, così il ct della Nazionale di ciclismo Davide Cassani ha ricordato un anno fa su Twitter il campione scomparso.

Felice Gimondi: le parole di Gianni Bugno

“E’ una grave mancanza che lascia stupiti, non ci aspettavamo questa notizia”, ha detto Gianni Bugno.

“Ricordo un grande campione che non ha mai fatto parlare o cercato di mostrarsi al pubblico, è sempre stato schivo, è un campione che ha fatto la storia del Ciclismo Italiano.

La rivalità con Merckx? Certamente senza il belga avrebbe vinto di più, ma ha avuto comunque la fortuna di diventare tra i più grandi della storia del Ciclismo.

Non parlava molto se non con i fatti e ha sempre espresso le sue opinioni senza clamori”.

“E’ un colpo durissimo che mi lascia senza parole.

Eravamo nemici sempre, ma c’era grande rispetto per l’uomo, per l’atleta e per il rivale”, ricorda il campione Gianni Motta.

“Con lui se ne va un pezzo della storia d’Italia e anche della mia, prosegue Motta.

Entrambi siamo nati poveri e siamo cresciuti a forza di colpi sui pedali.

Noi eravamo eterni rivali, litigavamo molto, ricorda.

Una volta lo chiamai e gli dissi basta litigare, Felice, pensiamo solo a correre”.