“Guardo a me stesso come una delle tre massime attrazioni nella NBA. Se non c’è Shaquille O’ Neal e se non c’è Michael Jordan, c’è Dennis Rodman”.
Storia di un giocatore controverso
Gli esordi
La carriera di Dennis Rodman inizia ufficialmente nel 1986. I Detroit Pistons scelgono il ragazzo originario di Trenton (New Jersey) come settima scelta assoluta. Da quel momento inizia la carriera del più controverso ed imprevedibile giocatore nella storia della pallacanestro moderna.
La sua avventura a Detroit consentirà al giovane Dennis, di entrare nella storia della pallacanestro come uno dei componenti dei “Bad Boys”. I Pistons infatti avevano coniato una nuova idea di pallacanestro fondata principalmente su una difesa fisica,molto fisica che agiva ai limiti del regolamento (ed anche oltre). Talvolta le azioni difensive ponevano le basi per delle vere e proprie risse che però permisero a Detroit di portare a casa due titoli consecutivi a discapito di un giovane Jordan e dei suoi Bulls.
A Detroit, Rodman diventa un perfetto difensore. Sacrifica molto i suoi numeri offensivi per diventare una colonna difensiva con una media di 18 rimbalzi a partita. In maglia Pistons, Dennis trova quella quiete interna grazie alla figura di coach Chuck Daly che comprende la natura e la diversità del miglior rimbalzista nella storia di questo sport.
Dennis Rodman infatti cresce in quel di Dallas senza una figura paterna supportato solo da sua madre e dalle sue sorelle che fanno di tutto pur di mantenere una casa o di mettere a tavola un piatto per il piccolo Dennis. Il quartiere però assorbe completamente l’adolescenza del giovane Dennis. I primi furti, i primi reati ma cosa più importante le prime partite a basket in un campetto che definirlo tale è alquanto azzardato. Culmine della sua vivacità ed imprevedibilità il suo periodo da nomade, poiché cacciato di casa da sua madre, che terminerà con l’entrata alla Oklahoma State University.
Il tentato suicidio, il divorzio con Detroit e la parabola Spurs
Il periodo d’oro di Detroit era destinato a finire. Furono proprio i Chicago Bulls di Michael Jordan a porre fine all’egemonia Pistons prendendosi quella rivincita che il numero 23 tanto desiderava. La sconfitta contro Chicago segna l’inizio del periodo più complicato nella carriera di Dennis Rodman. Detroit decide di cambiare coach e così licenzia Chuck Daly. Una perdita importante per l’equilibrio dell’instabile Dennis che perde quello che fino a quel momento era stata una figura paterna.
La fine del rapporto da Rodman e i Pistons arriva nel 1992. Una sera, Rodman viene trovato nel parcheggio della squadra nella sua macchina. Con sè un fucile carico pronto a scrivere la parola fine sulla vita di Dennis. La polizia intervenne in tempo. I Pistons e lo stesso Rodman negarono alla stampa che l’idea fosse quella di un tentato suicidio;inutile dire che nessuno ci credette. Ormai Dennis era diventato ingestibile e così tramite uno scambio la carriera di Rodman si spostò in Texas a San Antonio.
Il periodo Spurs è il peggiore per la carriera di Dennis. La dirigenza Spurs, tra cui un giovane GM di nome Greg Popovich, crede di riuscire a “rieducare” il controverso Dennis rendendolo un perfetto Spurs. Tutto inutile. Lo stesso Rodman affermerà come il periodo a San Antonio sarà uno dei più noiosi della sua vita cestistica. L’unico modo per spezzare quella monotonia era tingersi i capelli. Nel corso della stagione Rodman venne celebrato più per le sue tinte che per le sue prestazioni. Inoltre in quello stesso periodo intraprese una relazione con la pop star Madonna che fece emergere la sua vera personalità.
Dennis Rodman a Chicago: il tassello fondamentale
Il rapporto con i suoi compagni di squadra in quel di San Antonio non decolla mai. Così dopo continue infrazioni di regolamento, la dirigenza Spurs decide di liberarsi di Rodman . Questa volta è Chicago che accoglie l’irrequieto Dennis. La dirigenza sa bene che Phil Jackson è capace di gestire Dennis specialmente con l’aiuto di due leggende come Pippen e Jordan. Il numero 23 comprende che la natura di Dennis non può essere cambiata e non deve essere presa come una motivazione per denigrarlo:”Come si concia o cosa dice non mi interessa. Abbiamo imparato a convivere con lui e ad accettarlo perché, anche se ogni tanto la sua mente si perde, non c’è nessuno che si butta come lui nei lavori più duri in campo”.
I Bulls con l’arrivo di Rodman vanno a colmare quel buco difensivo lasciato da Horace Grant trasferitosi ad Orlando. Rodman viene impiegato sempre nel ruolo di ala grande nonostante la sua velocità unita alla sua mobilità lo rendano un giocatore atipico per quel ruolo. Come ai tempi di Detroit, sacrifica la sua indole offensiva per rendere la difesa impenetrabile.
Quello che rende Dennis Rodman immortale è la sua dote di comprendere la traiettoria dei rimbalzi. Come afferma lui stesso nella docu-serie “THE LAST DANCE” osservava filmati di ogni giocatore per comprendere il rimbalzo e il modo in cui la palla girava su sè stessa. Ogni rimbalzo era suo; se Jordan sbagliava un tiro lui sapeva dove la palla sarebbe finita e si precipitava nel punto esatto per raccogliere e scaricare. Non si diventa miglior rimbalzista per sette stagioni consecutive per caso.
Il 1995 è l’inizio del nuovo ciclo vincente dei Bulls (interrotto solo dall’addio provvisorio di Jordan alla pallacanestro nel 1994). Grazie a Dennis Rodman la squadra ritrova equilibrio difensivo e annichilisce ogni avversario stabilendo il record di 72 vittorie e solo 10 sconfitte. Jordan, Pippen e Rodman rappresentano il meglio del meglio; sono loro i ” BIG THREE” dei Bulls. La stagione termina con la conquista del quarto titolo per Chicago mentre per Rodman si tratta del terzo titolo dopo i due consecutivi con Detroit.
Gli ultimi anni di Dennis Rodman
Dopo aver vinto tre titoli consecutivi in quel di Chicago, la carriera di Rodman riparte dai Los Angeles Lakers dove però milita solo un anno. Termina la sua carriera NBA con la squadra della sua città ovvero i Dallas Mavericks nella stagione 1999-2000. La sua ultima apparizione come giocatore di pallacanestro è con la maglia dei Brighton Bears, una squadra di pallacanestro inglese che mette sotto contratto Rodman per la stagione 2005-2006. Una sola stagione in Europa poiché nell’estate 2006 la squadra si sciolse definitivamente.
Personaggio unico e controverso che ha sconvolto ma allo stesso tempo segnato il mondo della pallacanestro. Amante delle feste e della vita, Dennis Rodman ha saputo rendere il suo nome immortale conciliando prodezze e stranezze.
Se parliamo di stranezze non possiamo fare a meno di ricordare quando in occasione dell’uscita della sua biografia si presentò in abito da sposa per “unirsi” con sè stesso. Inoltre Dennis Rodman è stato il primo americano ad incontrare il dittatore nord-corenao Kim Jong-un. Lo stesso Kim avrebbe invitato Rodman in Corea del Nord in quanto grande fan del’ex ala dei Bulls. Rodman definì quell’incontro piacevole e tranquillo proponendosi di fare da tramite tra Kim e l’allora presidente degli Stati Uniti Obama.
Potremmo definire Rodman con tanti aggettivi ma due in particolare descrivono al meglio questa leggenda sportiva: eccentrico e controverso.
Dennis Rodman rappresenta quanto essere se stessi sia importante; la sua storia vede il passaggio da nomade a star milionaria. Da un semplice ragazzino fino a diventare Dennis Rodman; TANTI AUGURI “WORM”.