L’ultimo capitolo della saga è questo: il 3 febbraio, la FIA pubblicherà l’esito dell’indagine aperta sul casino di Abu Dhabi. Finalmente, conosceremo cosa è successo in quegli ultimi giri, che hanno consacrato Max Verstappen e condannato Lewis Hamoton (che da allora non parla). La Mercedes è su tutte le furie, Michael Masi è sulla graticola. Il neo presidente Ben Sulayem ha promesso massima trasparenza, invitando gli addetti ai lavori a parlare con la Federazione prima della decisione finale. Ma l’esito delle indagini è la parte cruciale del dilemma, perché da esso dipenderanno diverse cose. Tra cui il futuro dello stesso Lewis Hamilton, la superstar della F1.
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GP Abu Dhabi: su cosa si concentra l’indagine FIA?
Questa è la domanda da un milione di euro. Il problema non sta tanto su come s’indaga, ma su che cosa s’indaga. Si tratta di quali regole sono state applicate e come? Oppure di altro? Sono quesiti troppo importanti per essere ignorati. Facciamo un esempio: la scorsa settimana, prima che iniziasse l’inchiesta, la FIA aveva detto che il caso Abu Dhabi era frutto d’incomprensioni, dovute alle comunicazioni tra la direzione gara ed i team. Da qui, sembra che la Federazione supporti pienamente le decisioni del direttore di gara, Michael Masi, il quale aveva dato via libera ai doppiati di riprendere il giro quando prima aveva negato tale disposizione. Ma dopo, la FIA ha contraddetto se stessa, dichiarando di voler approfondire una questione poco chiara. Forse, anche a loro qualcosa non torna. Se l’oggetto dell’indagine è la condotta di Masi, allora la domanda è: perché ha consentito lo sdoppiaggio solo ai cinque piloti che separavano Hamilton da Verstappen? La procedura vorrebbe che tutti i doppiati avessero la stessa opportunità. È un argomento delicato, perché da quella decisione è dipesa l’assegnazione del titolo mondiale a Verstappen. Comunque sia, l’olandese non rischia l’iride: dal punto di vista sportivo, la questione si è chiusa la domenica sera del GP emiratino.
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Il ruolo di Hamilton
Dall’indagine FIA su Abu Dhabi può dipendere il futuro di Lewis Hamilton. Dopo il fattaccio, l’inglese ha scelto il silenzio, scappando dai social media che tanto ama. È un gesto infantile da parte sua, la classica fuga dalla realtà che non gli piace. Da lì sono nate le voci di un suo possibile ritiro dalle gare, già ridimensionate in un fantomatico anno sabbatico. La stampa inglese, palesemente schierata a favore di Hamilton, sta ricamando sulla questione, e Mercedes cavalca l’onda. Cosa c’è sotto? Lewis non sta facendo giochetti, questo è sicuro. Si dice che abbia perso fiducia nella FIA, e ci può stare. Ma davvero pensa che con questa sceneggiata gli ridaranno il titolo che gli hanno “rubato” (parole sue)? Questo non succede nemmeno nel mondo delle fate. Certo è che se Lewis va via (ipotesi che, per quanto remota, non possiamo escludere del tutto), la F1 avrebbe un problema non da poco, essendo che perderebbe la sua superstar, colui che porta la visibilità alla massima formula.
Il “potere” della Mercedes
Dal punto di vista Mercedes, la scuderia di Brackley ripete che vincerebbe la causa in ogni tribunale, quasi come se disponesse di un potere nucleare immenso contro la Federazione. Ma è un bluff: a “condannare” la Mercedes è l’art. 15.3 del Regolamento sportivo, che da al direttore di gara piena discrezionalità sulle azioni da prendere, a prescindere dalle norme. Toto Wolff non può dimostrare che Masi l’abbia fatto apposta per farlo perdere, e quindi anche le richieste di risarcimento sono ardue da ottenere. Sfruttando le voci su Hamilton, la Mercedes spera di potersi “vendicare” su Masi, chiedendo il suo allontanamento in cambio della “trattenuta” del gioiello della massima formula. Inoltre, potrebbe ottenere la revisione delle regole, magari abolendo quell’articolo che concede troppo potere al direttore di gara. Un indizio in questo senso è l’assenza dell’australiano nell’organigramma federale, un gesto che Motorsport.com ha interpretato come un tentativo di proteggere Masi dagli attacchi esterni. Vedremo. La palla passa ora a Peter Bayer, presidente della commissione Monoposto. Ben Sulayem ha affidato all’ingegnere austriaco la “patata bollente” del caso Abu Dhabi, il cui risultato sarà a disposizione tra un paio di settimane.
Immagine in evidenza di Mercedes AMG Formula One Team, per gentile concessione