― Advertisement ―

spot_img

Superbike, Mandalika: Toprak vince gara 2 ma è Bautista a festeggiare

Il mondiale Superbike assegna il titolo 2022 in gara 2 a Mandalika. Alvaro Bautista voleva festeggiarlo vincendo la manche, ma nulla può contro Toprak...
HomeMotoriDorothy Levitt, la pioniera delle miss da corsa

Dorothy Levitt, la pioniera delle miss da corsa

Se l’automobilismo di oggi si sta abituando (o perlomeno cii prova a farlo) a vedere le ragazze cimentarsi dietro un volante, un secolo fa, quando l’automobilismo era uno svago per gentlemen, era impensabile vedere una donna guidare al limite. Ma c’è una ragazza che, nell’Inghilterra vittoriana ultra conservatrice, ha rotto tutti gli schemi a tal punto da diventare leggenda. Vi raccontiamo la storia di Dorothy Levitt, la prima donna pilota inglese della storia e pioniera di una generazione che sta tentando con tutte le forze di conquistare la parità di genere nel mondo selvaggio e rischioso del motorsport.

Come iniziò la storia di Dorothy Levitt?

Dorothy Elizabeth Levi (anglicizzato Levitt a partire dal 1901) nacque nel quartiere londinese di Hackley il 5 gennaio 1882. Non si sa molto della sua vita: sappiamo per certo che era di buona famiglia, dato che suo padre, Jacob Levi, era un ricco gioielliere. Molti degli aneddoti della sua esistenza sono tratti dal suo diario, che però non diceva molto della sua vita privata. All’epoca giravano articoli di giornale su di lei, che però non dicevano forse la verità.

Da giovane pare che praticasse equitazione, prima di trovare lavoro come segretaria. Nel 1902 lavorava presso la Napier & Son, una fabbrica di automobili. Per la Napier lavorava un certo Selwyn Edge, pilota ed imprenditore. Fu proprio Edge ad incoraggiare la Levitt ad intraprendere il mestiere di pilota, anche se non sappiamo come nacque il primo incontro.

Secondo la storica dello sport Jean Williams, Edge prese spunto dalla Kodak per questa tattica commerciale: “così facile che anche una donna potrebbe farlo”, era il loro motto. Per questo motivo, Edge decise di assumere Dorothy, donna dall’incredibile fascino, per dimostrare tale teoria. Altri sostengono che quell’incontro fosse stato casuale, dopo che la ragazza era scappata di casa perché non voleva sposare l’uomo che le aveva indicato il padre. Non sapremo mai forse la verità, ma non importa. Perché Dorothy in pista era un portento.

I successi nelle corse

Tra il 1902 ed il 1903, Edge decise che la Levitt dovesse imparare a guidare ed a riparare motori, in modo da fare pubblicità al marchio Napier. Per sei mesi, la mandò a Parigi da un costruttore locale per fare apprendistato sulla meccanica, mentre in Inghilterra prendeva lezioni di guida da un dipendente della società, Leslie Callingham. Questi, però, era convinto che le donne non dovessero imparare a guidare, ed obbediva malvolentieri all’ordine di Edge. Fortuna che Dorothy imparò in fretta il mestiere, e dopo pochi mesi già era pronta per le sue prime corse.

Nel maggio del 1903, Levitt prese parte alla sua prima gara, una corsa di regolarità, concludendo con soli 6 punti di penalità sui 1000 previsti. In quella occasione, guidò una Gladiator, di cui Edge era il distributore ufficiale. Nel mese di ottobre, Dorothy conquistò la sua prima vittoria alle Southport Speed Trials, aggiudicandosi la classe riservata alle vetture nella fascia di prezzo 400£-550£. Nel corso della stessa manifestazione, percorse il chilometro lanciato in un minuto e 45 secondi. Dopo un breve periodo di riposo, prese parte alla 1000 miglia di Handford del 1904, nella classe Light Car. A bordo della sua De Dion da 8 CV, Dorothy percorse la distanza di gara in cinque giorni, da sola e senza assistenza. Nel mese successivo, vinse due medaglie alle Southport Speed Trials su una Napier da 50 CV.

Nel febbraio del 1905, Dorothy Levitt conquistò il record della distanza più lunga mai percorsa da una donna al volante, raggiungendo Liverpool partendo da Londra. Al volante di una De Dion da 8 CV, la lady motorizzata percorse le 411 miglia che separavano la City dalla città natale della nonna materna in due giorni, senza un meccanico e con soli due passeggeri: un ufficiale di gara, ed il suo fidato cagnolino, Dodo. Nell’ottobre 1906 batté il record di velocità, già suo, al Blackpool Speed Trial. Al volante di una Napier K5-L48 sperimentale da 100 CV, la “donna più veloce della Terra”, come venne soprannominata in quell’occasione, percorse il chilometro lanciato a 90.88 mph (146.26 km/h). Erano quasi 20 Km/h meglio dell’anno prima!

Nel 1907, Dorothy s’iscrisse alle gare sul nuovo circuito di Brooklands, ma la sua richiesta venne rifiutata perché i gestori, all’epoca, non ammettevano le donne. Nel corso di quell’anno ed in quello successivo ottenne i suoi primi successi all’estero, vincendo la classifica di classe nella cronoscalata di Gaillon, Francia. In quell’occasione guidò una Napier da 8 CV. Nello stesso anno fu medaglia d’oro della massacrante (1818 Km!) Herkomer Trophy in Germania, su una Napier da 60 CV a sei cilindri.

Dall’asfalto all’acqua, il passo è breve

Oltre alla carriera in auto, Dorothy Levitt ebbe successo anche nella motonautica. Nel luglio del 1903 ottenne il primo record mondiale di velocità sull’acqua, 19.3 mph (31.1 km/h), ottenuto durante la Harmsworth Cup di Cork, Irlanda. Nel mese di agosto, vinse la gara di Cowes, guadagnandosi un invito da parte di re Edoardo VII a trascorrere una giornata sullo yacht reale. Tra agosto ed ottobre, Dorothy vinse due volte a Trouville, Francia: la Gaston Meiner Cup e la Championship of the Seas. In tutte queste occasioni, Levitt guidava una barca prodotta dalla Napier, un catamarano in acciaio di 12 metri, con motore da 75 CV.

Una ragazza che non era come le altre

Il suo tratto distntivo era l’anticonformismo. in un paese, come l’Inghilterra dell’era post-Vittoriana, in cui la donna doveva stare a casa a leggere libri e conversare nei salotti, come descritto da Virginia Woolf nel suo romanzo “Mrs Dalloway”, Dorothy se ne andava in giro a sfrecciare con i suoi bolidi, spesso incurante dei limiti di velocità e delle forze dell’ordine. Ciononostante, non rinunciò alla propria femminilità: in un ambiente mascolino come quello delle corse motoristiche, la Levitt si presentava alle gare vestita da signora, con tanto di pelliccia e cappellino con il velo. Camille De Gast, per fare un confronto, guidava in doppiopetto e giubbotto di pelle, a tal punto che veniva scambiata per un uomo!

Quando non correva, Dorothy viveva la sua vita da single nel West End, assieme alle sue amiche. Appassionata di pesca e del gioco d’azzardo, dichiarò in un’intervista del 1906 di avere un sistema per sbancare il casino di Monte Carlo!

La carriera di Dorothy Levitt oltre le corse

Terminato di smanettare, Dorothy divenne giornalista e scrittrice nel settore. Nel 1909, pubblicò il suo unico libro, “The Woman and the Car: A Chatty Little Handbook for all Women Who Motor or Who Want to Motor” (La donna e l’automobile: un libricino ciarliero per tutte le donne che sono motorizzate o che vogliono esserlo), in cui dava suggerimenti e consigli a quelle donne che volessero guidare e riparare un’auto da sole. Nel libro dava consigli alquanto bizzarri, come l’impiego dello specchietto da trucco come retrovisore (anticipando l’adozione di tale accessorio, introdotto a partire dal 1914) o come quello di dotarsi di una pistola, una Colt automatica, per l’autodifesa.

Tra il 1909 ed il 1910, scrisse vari articoli per diversi giornali, in cui cercava di scardinare il vecchio stereotipo delle donne incapaci di guidare. Nel 1912 aveva una rubrica tutta sua sullo Yorkshire Evening Post, dal titolo: “Motori per signore: alcuni trucchi di buonsenso per le principianti”. Dopo il 1910 si ritirò a vita privata, a causa delle sue condizioni di salute. Il 17 maggio 1922 venne ritrovata morta nel suo letto, nella sua abitazione di Marylebone, nel centro di Londra. Secondo quanto riportarono le cronache dell’epoca, la causa del decesso fu dovuta ad una dose eccessiva di morfina, che le veniva somministrata per curare i disturbi cardiaci di cui soffriva da tempo. Non fu mai sposata, e non ebbe figli.