Preoccupante. Anche il mondo del rugby entra nel triste vortice dell’intolleranza e del razzismo. A pochi giorni dalla lettera denuncia di Eniola Aluko che preferisce lasciare Torino e la sua squadra perchè non riesce più a tollerare gli sguardi di chi la vede diversa solo per il colore della pelle. A farne le spese è il nazionale azzurro Maxime Mbandà, vittima di insulti razzisti.
Attraverso il suo profilo Facebook ha raccontato un episodio accaduto lo scorso giovedì sera. Rimasto coinvolto in una lite con un automobilista si è sentito apostrofare come “negro di m….” e invitato a tornare al suo paese. Mbandà è italiano, nato in Italia da mamma Italiana e da papà congolese. Racconta di suo papà come un giovane arrivato in Italia 19 anni con una borsa di studio e diventato poi un Medico Chirurgo. Ma, racconta, per alcune persone, che definisce ignoranti, sarà sempre un “Negro”.
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Le sue parole:
“Ieri sera, dopo anni che non mi succedeva, ho subito un atto di razzismo.
Giusto appunto due giorni fa, rispondendo ad una domanda, dissi che i miei genitori mi avevano insegnato sin da piccolo ad affrontare gli episodi di razzismo col sorriso, MA QUESTA VOLTA NO.
Questa volta non erano frasi dette da un bambino che avrebbe potuto semplicemente ed ingenuamente ripetere ció che poteva aver sentito da genitori, altri bambini, televisione o qualsiasi altra fonte.
Sentirsi dire, da cittadino italiano e mulatto quale sono “VATTENE NEGRO DI MERDA, TORNATENE AL TUO PAESE” (parole tutte reperibili in qualsiasi dizionario Treccani), mi ha letteralmente ferito, deluso, danneggiato moralmente e mi ha fatto riflettere tutta la notte.
Solitamente cerco di farmi scivolare addosso tutte quelle frasi stupide che vengono passate come barzellette o frasi scherzose riguardante i NEGRI o comunque gli immigrati in generale, MA QUESTA VOLTA NO.
Sono nato in Italia da una donna sannita di Pannarano, un paesino in provincia di Benevento e da un uomo congolese, venuto in questo Paese con una borsa di studio a 19 anni e diventato un Medico Chirurgo sapendo solo lui le difficoltà a cui sia andato in contro.
Sarò sempre quel “NEGRO” che alcune persone ignoranti usano con quel tono dispregiativo e sarò sempre ITALIANO, che la gente lo voglia o no.
Sono fiero di essere il risultato dell’unione di due culture diverse e mi batteró sempre affinché vengano RISPETTATI I DIRITTI DI CITTADINO ITALIANO E DEL MONDO miei e di qualsiasi altra persona che abbia una storia analoga alla mia e che si possa chiamare Mario, Giulia, Juan, Xiang, Mohamed.
Spero tanto che alla persona in questione arrivi, anche solo per sbaglio, questo messaggio e che si faccia un esame di coscienza oltre che ritagliarsi qualche momento delle sue giornate per leggere ed acculturarsi per evitare di rimanere nella deficienza, intesa come difetto di preparazione scolastica”.
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Sarebbe utile che il mondo sportivo sollecitasse delle riflessioni e delle campagne formative contro violenza e razzismo. E’ proprio attraverso lo sport, infatti, che si possono diffondere valori come rispetto per l’avversario e quindi per il prossimo, solidarietà, integrazione e molto altro, lasciando gli insulti razzisti ad epoche diverse.