In Formula 1 è tornato di attualità il tema dei track limits. Quest’anno la direzione gara ha deciso di applicare una linea rigida, sanzionando tutti gli episodi in cui i sensori segnalano un’uscita di pista troppo…esterna. Ma questa politica sta facendo discutere, soprattutto dopo le vicissitudini degli ultimi GP. Max Verstappen ha perso una pole e una vittoria a causa di questa rigidità, e chiede una maggiore coerenza nelle decisioni. Le lamentele dell’olandese mostrano il nervo scoperto della FIA: quello di aver introdotto una norma molto più difficile da applicare di quel che sembra. E che adesso sembra essere sfuggita di mano. Facciamo il punto della situazione.
Formula 1: qual è il tema con i track limits?
Il primo ad introdurre questa metodologia è stato il compianto Charlie Withing. L’allora direttore di gara si chiedeva se era possibile sanzionare i piloti che “tagliano” la pista ottenendo un vantaggio. Il regolamento sportivo parlava chiaro a proposito, il problema era che non era cosi facile stabilire se e come un taglio potesse avvantaggiare. Withing perciò adottò una linea saggia e razionale: punire solo gli episodi più eclatanti, dimostrabili anche dalla telemetria. In questo modo, si sarebbero evitate polemiche e si sarebbe fatta “giustizia”.
Formula 1: come funziona il “gioco” degli Stewards
Tuttavia, negli anni successivi la cosa si è complicata. La FIA ha cominciato ad installare dei sensori sulle zone “verdi” dei tracciati, adottandoli come metro di giudizio. Nelle prove libere e nelle qualifiche, il pilota che pizzicava il sensore si vedeva il tempo cancellato in automatico, senza verificare se aveva ottenuto un vantaggio o meno. Oggi in gara si può allargare la traiettoria due volte, ma alla terza sventola la bandiera bianca e nera. Al quarto taglio scatta la sanzione, che può essere un tempo aggiuntivo oppure uno stop&go. Ma chi decide dove montare i sensori? E perché in un punto invece che in un altro? Sono tutte domande che stanno facendo animare il paddock, sempre più insofferente nei confronti di una situazione che appare fuori controllo.
Il caso Verstappen
Il problema dei track limits è arrivato ad un punto di non ritorno dopo che è scoppiato il “caso Verstappen”. L’olandese di casa Red Bull si è visto annullare una pole position, una vittoria ed un giro più veloce nel corso dei primi GP della stagione. Situazioni che pesano in ottica campionato, e che giustamente hanno fatto infuriare il pilota. “Le velocità che possiamo tenere oggi in curva ci portano ad abusare dei cordoli“, ha detto Super Max. “Le monoposto ce lo consentono e questo rende difficile giudicare caso per caso“. Per questo, Verstappen lancia una soluzione old style. “L’ideale sarebbe mettere la ghiaia oltre i cordoli, ma so che i gestori dei circuiti non sono molto favorevoli a questa soluzione perché al termine di un weekend di Formula 1 avrebbero dei costi non indifferenti per ripristinare le condizioni necessarie ad ospitare altre categorie“.
“Ma credo che il problema maggiore oggi sia quello legato a una non uniformità delle condizioni perché ci sono certi punti in cui è permesso andare oltre il cordolo ed altri invece che sono controllati con i sensori“, ha detto ancora il numero 33. “Si dovrebbe avere una situazione più chiara e lineare. Da parte mia cerco sempre di ottenere il massimo risultato possibile, e sono andato oltre i track-limits in due occasioni rimettendoci una pole position ed un giro veloce, ed il tutto perché non mi accontento di un secondo o di un terzo posto“. Ha centrato il punto: dire fin da subito dove sono sistemati i sensori e perché aiuterebbe parecchio. Ma perché non lo fanno? Hanno paura di ammettere che certe decisioni sono state arbitrarie?
Immagine in evidenza di Red Bull Content Pool, per gentile concessione