Fare sport non è gratis, come tutti voi sapete. Organizzare un evento di questo genere ha un costo, che può essere più o meno elevato a seconda di quanto grande sia l’evento stesso. Le olimpiadi, che di tutti gli sport è forse il più bello, il più grande e carico di significato storico, culturale e geopolitico, rappresenta forse la sfida più grande per chiunque la voglia intraprendere. Ma quanto costa, esattamente, ospitare i cinque cerchi?
I conti in tasca
A questa domanda risponde uno studio scientifico. Nel 2016 la Said Business School di Oxford in Inghilterra ha pubblicato nel 2016 un’analisi delle spese sostenute per i giochi dal 1960 ad oggi. Lo studio della prestigiosa scuola economica parte da diversi dati: il budget stanziato, la spesa effettivamente sostenuta, e la differenza tra le due cifre. L’obiettivo finale è quello di quantificare il costo effettivo della manifestazione, e le differenze rispetto ai preventivi. Parlando di cifre, il risultato è che il costo medio è di 5,3 miliardi di dollari per le olimpiadi estive, e di 3,1 miliardi per quelle invernali. Siamo a livelli di un’infrastruttura urbana, dunque. Con una sostanziale differenza: se un’opera pubblica costa troppo, si può “diluire” la spesa facendo slittare la consegna a data da destinarsi. Con la kermesse a cinque cerchi non si può fare, perché la data di scadenza è fissa e improrogabile. Questo, spiegano gli studiosi, è il motivo degli sforamenti di budget rilevati. La media è del 156%, cioè si spende due volte in mezzo in più del previsto. Il record spetta a Montreal, che nel 1976 ha sforato il limite del 720 %: i canadesi hanno speso quasi nove volte più della cifra prevista! Per Tokyo 2020 si prevede già di spendere il quadruplo di quanto preventivato.
Massima spesa, minima resa?
Tanti soldi, dunque. Ma è possibile avere un guadagno? Uno studio dell’Istituto Bruno Leoni prova a rispondere ad un quesito niente affatto facile. Facendo degli esempi, l’edizione di Los Angeles del 1984 ha fatto registrare utili record, al punto da far gridare al successo. Anche gli organizzatori di Londra 2012 parlano di trionfo, ma le varie analisi di settore sono controverse. Atene, dopo i giochi del 2004, ha visto il deficit nazionale impennare al 6,1%, traghettando il proprio paese verso la famigerata “Troika”. Sono però dei casi limite: gli americani sono riusciti a finanziare tutto con soldi esclusivamente privati, mentre la Grecia aveva criticità finanziarie pregresse che in seguito si sono aggravate. In linea di massima, la kermesse olimpica è un affare prestigioso, si, ma anche costoso e poco remunerativo. Gli analisti pertanto consigliano di essere prudenti prima di presentare una candidatura, e di rinunciare se non si hanno i bilanci pubblici propriamente a posto.
Risparmiare? Si può!
Comunque, rimane la domanda: esiste un modo per risparmiare? Forse si. Già da un decennio, il Comitato Olimpico Internazionale ha iniziato a inquadrare il problema dei costi, coprendo di tasca propria una parte delle spese. Più di recente ha inaugurato l’Agenda 2020, nella quale si cambiano i criteri di assegnazione: d’ora in avanti, il CIO privilegerà i progetti che prevedono infrastrutture temporanee, o riutilizzabili senza grosse modifiche. Qualche risultato si vede: come sottolineano gli economisti di Oxford, dopo le impennate degli anni 80 il costo si è stabilizzato. Forse non esiste la ricetta miracolosa, ma interventi ben mirati (e un po’ di buonsenso) possono contribuire a rendere il tutto più sostenibile.
Il ruolo dell’Italia
E l’Italia, come si comporta? Per Torino 2006 la spesa è arrivata a oltre 4 miliardi di dollari, l’80% in più del previsto. Roma ha rinunciato a ben due candidature (2020 e 2024), per paura d’ingrossare il proprio buco del bilancio. Milano e Cortina, per le Olimpiadi 2026, contano di spendere poco più di un miliardo e mezzo di dollari, riqualificando parte delle strutture usate per l’edizione torinese. La manifestazione lombardo-veneta sarà una delle prime ad aderire all’Agenda 2020, una grande opportunità per gli organizzatori per far vedere che si possono fare dei bellissimi giochi senza rischiare la bancarotta.