Diego Armando Maradona non è stato solo un calciatore, anche i più disattenti lo avranno capito a distanza di un anno dalla sua scomparsa. Tante sono state le sue gesta da consegnarlo alla storia come un artista, in grado di impattare alla pari di un Michelangelo o un Caravaggio. Arte e calcio erano una cosa sola quando si muoveva sul terreno di gioco innescando pericoli e azioni, mentre gli allenatori avversari facevano di tutto, persino riti pseudoreligiosi, per limitarlo al minimo.
Ad un anno dalla sua morte, triste pensando al modo con cui è avvenuta, le sue gesta rimangono vive e vegete nella mente di coloro che amano non solo il mondo del pallone ma anche l’arte dell’improvvisazione e la genialità.
Perchè Diego Armando Maradona era unico?
Questa domanda andrebbe posta a coloro i quali lo hanno visto giocare. Quando si inventava dal nulla pennellate incredibili riusciva a colpire chiunque. Diego era lo stesso di quando a Villa Fiorito, città del partido di Lomas de Zamora, nel sud della Gran Buenos Aires, palleggiava con qualunque cosa gli capitasse sotto mano. Riusciva a trasformare ogni oggetto in un pallone e lo lustrava come solo i grandi artisti sanno fare. La cosa non è cambiata con la notorietà acquisita negli anni. Era sempre lui, a Barcellona, a Napoli e a Siviglia, a trasformare il calcio in un qualcosa che non si era mai visto.
A Napoli, soprattutto, Diego ha lasciato la sua traccia ovunque, in ogni vicolo, strada e quartiere. In ogni centimetro della città azzurra si ricordano le gesta di quel numero 10 che si presentò davanti ad un San Paolo gremito, già consapevole di avere davanti a se il suo nuovo eroe. Il nome Diego è considerato ormai sacro e ogni sua reliqua è venerata come se fosse appartenente ad un santo. E nel tempo quell’amore dei napoletani, già agli inizi unico, è diventato un qualcosa di clamoroso, romantico e a tratti anche fin troppo esagerato ma manifestante l’affetto di un intero popolo.