La F1 ha provato a cancellare ogni riferimento alla Russia, ma la Haas fa fatica a scrollarsi di dosso la questione Uralkali. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, il team americano ha stracciato il contratto con l’azienda mineraria di proprietà di Dimitry Mazepin, uomo di fiducia di Vladimir Putin e padre dell’ormai ex pilota del team Nikita Mazepin. La società ha chiesto il rimborso della cifra già anticipata per la stagione, ma la Haas si rifiuta. E la questione non si ferma qui, e rischia di tramutarsi in un contenzioso di natura legale.
Haas-Uralkali fine collaborazione: ecco perché
F1: qual è il casus belli tra Haas e Uralkali?
Dodici milioni di dollari. È questa la cifra che Uralkali ha chiesto indietro alla Haas. Si tratta della somma che, per contratto, l’azienda ha versato come sponsorizzazione per il 2022. Una cifra che ha versato in anticipo, e di cui chiede la restituzione dopo la rescissione del contratto avvenuta in maniera unilaterale. Ma da Kannapolis rispondono picche: non intendono ridare un centesimo ad uno sponsor che non si è comportato bene. La ragione della scuderia di Gene Haas è semplice: la rottura è legittima. Una clausola del contratto prevede che lo sponsor non debba in nessun modo ledere l’immagine della squadra, pena la risoluzione dell’accordo. La guerra in Ucraina ha effettivamente messo in imbarazzo la struttura, costringendola ad agire di conseguenza. Inoltre. Haas pretende che Uralkali la risarcisca di ben 8 milioni, cifra che corrisponderebbe ai mancati introiti per quest’anno. E rifiuta di consegnare la monoposto 2021 a Nikita Mazepin, nonostante fosse parte dell’ormai defunto accordo. In quest’ultimo caso, è Uralkali a rispondere picche. A questo punto, sorge una domanda.
Chi ha ragione?
Non siamo degli avvocati, per cui le considerazioni di carattere legale le lasciamo a chi ci capisce. Dal punto di vista di Haas, l’ex partner li ha messi in imbarazzo con il loro amore “nascosto” per Vladimir Putin. Ed il contratto prevede la separazione in questo caso. Fine della storia. Dall’altro lato, si fa notare che la rottura sia stata unilaterale, e soprattutto, prima che entrassero in vigore le sanzioni economiche imposte alla Russia. E la richiesta di risarcimento è del tutto arbitraria, dalla serie trattiamo i russi come dei bancomat che camminano. Inevitabilmente, la vicenda finirà in tribunale. Come si dice in questi casi, a tarallucci…e avvocati.
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