Bentornati a Once Upon a Time, la rubrica che riporta indietro le lancette dell’orologio delle corse USA. Oggi è il turno della Indycar series, dove ripercorreremo le tappe salienti della stagione 1991.
Ma prima, rivedi le stagioni precedenti della serie.
IndyCar 1989:https://sport.periodicodaily.com/indycar-1989/
IndyCar 1990: https://sport.periodicodaily.com/once-upon-a-time-indycar-1990/
Il mercato piloti riserva molte sorprese e molte conferme. Il Team Penske ritorna ad essere una formazione a due punte, con i riconfermati Rick Mears ed Emerson Fittipaldi. La terza vettura ritorna solo occasionalmente, con il giovanissimo Paul Tracy alla guida.
Michael Andretti rinnova con il team Newman-Haas, affiancato ancora una volta dal leggendario papà Mario. Formazione invariata anche nel team Galles-Kraco, con l’accoppiata Al Unser Jr/Bobby Rahal, e nel Chip Ganassi Racing, con Eddie Cheever.
Arie Luyendyk cambia squadra per la terza volta in tre anni. L’olandese vincitore della 500 miglia di Indianapolis approda nel team di Vince Granatelli, il quale però è sprovvisto di sponsor. Roberto Guerrero lascia il Patrick Racing e l’Alfa Romeo, i quali lo rimpiazzano nientemeno che con Danny Sullivan. L’ex iridato lascia il Team Penske per aderire all’ambizioso progetto del Biscione.
La Porsche si ritira dal campionato, lasciando liberi i due piloti Teo Fabi e John Andretti. Il primo torna in Europa per correre nel Campionato del Mondo Sport Prototipi (che vincerà), mentre il secondo diventa l’unico pilota della nuova formazione di proprietà del leggendario Jim Hall.
La stagione Indycar 1991 vede anche l’esordio di Hiro Matsushita, primo pilota giapponese a competere a tempo pieno nella serie. Nipote del fondatore del Matsushita Group, proprietario di marchi di elettronica come la Panasonic, Hiro sarà anche il primo driver del sol levante a qualificarsi nella gara di Indy.
Il calendario presenta poche novità. La più importante è l’ingresso del tracciato cittadino di Surfers Paradise, in Australia. Le strade della città costiera a sud di Brisbane ospitano il primo evento al di fuori del Nord America dal 1981. Altra variazione riguarda la Marlboro Challenge, che da Nazareth ritorna sullo stradale di Laguna Seca.
Il primo round dell’anno, quello in terra australe, ci regala un vincitore a sorpresa. Tra un Al Unser jr che sbatte in una chicane, ed un Rick Mears afflitto da problemi ai freni, la spunta John Andretti, che regala così a Jim Hall la prima vittoria nella sua prima gara da team owner nella CART. Vincitore a sorpresa anche a Phoenix, dove Arie Luyendyk approfitta di una sosta in meno e di una caution per ottenere la seconda vittoria in carriera. Poche novità, invece, a Long Beach, dove Unser jr domina dall’inizio alla fine.
Michael Andretti è bersagliato dalla sfortuna nelle prime tre gare. In Australia sbatte per un problema ai freni, mentre a Long Beach viene speronato da Emerson Fittipaldi in corsia box. Al contrario, Bobby Rahal si piazza sul podio in due delle prime tre corse, mostrando una costanza che gli consente di ambire al terzo iride.
Poi, arriva la 500 miglia di Indianapolis, l’evento più atteso da tutti.
Si comincia con una qualifica che regala una griglia di partenza da leggenda. Rick Mears ottiene la pole position in una prima fila che vede l’alfiere Penske affiancato da AJ Foyt e Mario Andretti.
Rick conduce i primi undici giri della gara, ma una caution provocata dal grave incidente di Roberto Guerrero e Kevin Cogan porta il rimescolamento delle carte. Michael Andretti è protagonista assoluto nelle fasi centrali, in cui porta il vantaggio su Mears ad oltre 13 secondi. Un’altra caution spinge il portacolori Newman-Haas a fare rifornimento, cedendo la leadership a Mears. Michael sorpassa Rick al restart ma, dopo un’altra bandiera gialla per il ritiro di Mario Andretti, Mears si riprende la testa, e dopo un sorpasso e contro sorpasso, semina il giovane Andretti fino al traguardo. Per il veterano è il quarto trionfo al Brickyard, eguagliando due leggende del calibro di Aj Foyt e Al Unser Sr. Un trionfo che vale doppio, se si pensa che Mears ha corso con un piede contuso per via di un incidente nelle prove libere!
La 500 miglia di Indianapolis del 1991 è storica per due debutti degni di nota. Oltre a Matsushita la griglia di partenza conta anche Willy T. Ribbs, primo pilota afroamericano a qualificarsi per la corsa dell’Indiana. Entrambi si ritirano per noie meccaniche.
Dopo Indianapolis il leader della classifica iridata è Bobby Rahal. Il pilota del team Galles-Kraco non ha vinto alcuna gara, ma la sua costanza unita alle difficoltà di Andretti nelle prime gare gli consentono di stare in cima ai punti. Ma non durerà, perché Michael dopo Indy metterà una marcia in più.
Al Milwaukee Mile, prima gara dopo Indianapolis, Michael Andretti trionfa vendicando la delusione dell’anno prima. John Andretti finisce secondo e Mario Andretti terzo, per un podio “tutto in famiglia”. A Detroit il protagonista è Emerson Fittipaldi, che bissa il successo del 1989. “Emmo” si dimostra il miglior interprete dell’angusto cittadino ex-F1, tenendo a bada un Rahal in rimonta ed un cambio bizzoso. Michael segna uno zero a Detroit, ma poi segna due vittorie consecutive a Portland ed a Cleveland, portandosi a soli dieci punti di distacco da Rahal.
Bobby risponde all’assalto del giovane figlio d’arte ottenendo il suo primo successo stagionale, al Grand Prix of Meadowlands. Sul tracciato alle porte di New York il pilota nativo dell’Ohio interrompe un digiuno di vittorie che durava da un anno e mezzo: il suo ultimo trionfo era proprio qui, nel 1989.
Andretti risponde al rivale trionfando a Toronto, nella prima delle due trasferte canadesi della IndyCar datata 1991. Prova a replicare nella velocissima 500 miglia al Michigan International Speedway, ma il suo motore Chevrolet Ilmor lo pianta in asso. Ne approfitta Arie Luyendyk, il quale però anticipa un restart e si prende la bandiera nera. Mears eredita il comando e ottiene quella che sarà l’ultima vittoria della sua carriera.
Nella gara successiva, a Denver, Andretti e Rahal lottano ruota a ruota, dopo aver condiviso la prima fila al via. Michael finisce davanti a Bobby ma il successo va nelle mani di Al Unser Jr, la cui stagione finora è avara di soddisfazioni. Rahal mantiene ancora la testa della classifiche, ma Michael è sempre più vicino.
Nelle tre gare successive il giovane Andretti è un rullo compressore. Centra tre vittorie, superando spesso le avversità. A Vancouver, parte dalla pole ma perde il comando per aver stallato in uscita dal pit stop. Ma niente panico: dopo una rimonta da urlo sorpassa Rahal e si riprende la vetta. A Mid Ohio tiene a bada un Emerson Fittipaldi super veloce, sfruttando bene i doppiaggi. A Road America batte Unser Jr grazie ad un pit stop perfetto da parte dei meccanici Newman Haas. Dopo questo scorcio di stagione, Michael strappa a Rahal il primato nella classifica iridata. Ironia della sorte, il cambio della guardia avviene dopo Mid Ohio, la gara di casa di Rahal!
A Nazareth, penultimo appuntamento della Indycar 1991, Rahal finisce davanti ad Andretti accorciando un po’ le distanze in campionato. La vittoria va di nuovo ad Arie Luyendyk, il quale conferma ancora una volta le sue abilità sugli ovali. Una vittoria ottenuta grazie anche alla strategia elaborata da Morris Nunn, ingegnere di pista di Luyendyk, identica a quella applicata a Phoenix.
E veniamo alla tappa finale di Laguna Seca. L’antipasto è la Marlboro Challenge, la gara fuori campionato che vale 250 mila dollari per il vincitore. Rick Mears la domina allegramente, salvo poi essere mollato dalla sua Penske Chevrolet a poche centinaia di metri dall’arrivo. Michael Andretti ringrazia.
Ma la gara più importante è quella del giorno dopo, perché di fatto assegna il titolo Indycar di questo 1991. Andretti parte al comando, mentre Rahal è solo quarto. Bobby deve assolutamente vincere, se vuole avere la speranza di conquistare il suo terzo titolo. Ma le sue ambizioni iridate vanno in fumo a venti giri dalla fine, quando è costretto al ritiro per un problema alla pressione dell’olio. Michael vince gara e titolo.
Classifica campionato: https://www.racing-reference.info/yeardet/1991/R
Mario Andretti finisce la corsa californiana al terzo posto, avendo l’opportunità di festeggiare assieme al figlio. La ciliegina sulla torta per la famiglia più famosa del motorsport viene da Jeff Andretti, fratello di Michael, che con tre piazzamenti nella top ten si aggiudica il titolo di “Rookie Of The Year”.
Debutta quest’anno Paul Tracy, un nome che sarà protagonista negli anni a venire. Il canadese dell’Ontario disputa solo quattro gare al volante della terza vettura schierata dal Team Penske. Un buon settimo posto a Nazareth è il miglior risultato di questo assaggio di carriera per Tracy. Un brutto incidente in Michigan lo costringe ad una lunga convalescenza, con una gamba ingessata.
La stagione Indycar 1991 conferma il dominio del motore Chevrolet, e del telaio Lola. Penske vince solo tre gare, in una delle annate meno fruttuose per la compagine di “The Capitain”. Ford continua lo sviluppo del motore DFS, derivato dal leggendario DFV, che però è una base troppo datata per contrastare la strapotere del Cravattino.
La Buick continua a sviluppare il suo V6 turbo derivato dalla serie, ma l’unità è competitiva solo a Indianapolis, dove può sfruttare i vantaggi di una pressione del turbo maggiore consentita dal regolamento speciale USAC.
Per L’Alfa Romeo, invece, è l’ennesima delusione. Nonostante l’esperienza di Danny Sullivan, capace di sfiorare il podio a Surfers Paradise e di concludere decimo a Indy, il Biscione schierato da Pat Patrick è autore di una stagione amara, contrassegnata da rotture meccaniche continue. L’Alfa staccherà la spina al progetto Indycar a fine stagione, seguendo lo stesso, infausto, destino della Porsche.
E con questo si conclude l’appuntamento odierno di Once Upon a Time. Arrivederci al prossimo articolo, e buona Pasquetta!