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Once Upon a Time: Indycar 1992

Bentornati a Once Upon a Time, la rubrica che riapre il libro di storia delle corse americane. Come ogni lunedì, ripercorriamo le stagioni gloriose della Indycar Series: questa volta è il turno della stagione 1992.

I movimenti di mercato della Indycar 1992 sono clamorosi. A fine ’91 Michael Andretti firma con la McLaren in veste di collaudatore, e sembra giunto il momento del suo approdo nella massima categoria. Tuttavia, il campione in carica decide di rimandare ancora di un anno il trasloco in Europa per difendere qui il numero 1. Corre ancora con il team Newman-Haas, e con il papà Mario Andretti come compagno di squadra.

Nessuna novità nel campo di Penske, che schiera di nuovo Emerson Fittipaldi e Rick Mears. Paul Tracy rimane come pilota di riserva.

Chip Ganassi passa da una a due vetture, conferma Eddie Cheever ed ingaggia Arie Luyendyk. L’olandese volante però corre solo part time, ad Indianapolis ed in Michigan, mentre nelle altre gare si alternano il belga Didier Theys ed un giovanissimo Robby Gordon.

Jim Hall è al suo secondo anno nella IndyCar, e non cambia nulla nell’operazione che include anche John Andretti.

Ma il vero uomo mercato è Pat Patrick. L’istrionico team owner incassa l’addio dell’Alfa Romeo, e licenzia in tronco Danny Sullivan. Decide di ripartire con un telaio Lola, con lo sponsor Miller Lite e, con una mossa che lascia tutti di stucco, l’ingaggio di Bobby Rahal. Patrick prova ad ottenere i motori Chevrolet, ma la casa del Cravattino, memore dello sgarbo di due anni prima, pone il veto. Per salvare la stagione, Patrick vende il team a Carl Hogan ed allo stesso Rahal, che inizia così la sua carriera da team owner.

La dipartita di Rahal con il team Galles è un fulmine a ciel sereno, appesantito anche dalla perdita dello sponsor Kraco. Poco male, perché il patron Rick Galles compensa con il transfuga Sullivan, lo sponsor Molson e la riconferma di Al Unser jr.

Gli occhi degli osservatori sono puntati su AJ Foyt, che ad inizio anno annuncia il suo addio alle corse. Il veterano correrà solo due gare al volante della Lola Chevrolet di sua proprietà, tra cui la 500 miglia di Indianapolis. Nel corso dell’anno la vettura sarà suddivisa tra vari piloti, tra cui Pancho Carter, Mike Groff, l’attuale commentatore TV Jon Beekhius e Ross Cheever, fratello maggiore di Eddie. Foyt schiera anche una seconda vettura per Indy, affidata a Jeff Andretti.

La Indycar 1992 vede riaccendersi il confronto tecnico tra motori. Ford reagisce alla supremazia Chevrolet, chiedendo alla Cosworth di sviluppare un’unità completamente nuova. Il nuovo motore XB stupisce tutti per la sua compattezza, e mostra delle performance niente male. Tuttavia, è ancora carente a livello di affidabilità. Il Ford XB si adatta molto bene al telaio Lola, a tal punto da divenire la scelta di Newman-Haas e Ganassi.

Chevrolet non dorme sugli allori e sforna dalle officine della Ilmor il nuovo propulsore “Spec B”, compatto quanto il rivale dell’ovale blu. Lo Spec B è fornito in esclusiva al Team Penske, mentre per gli altri team è a disposizione il più ingombrante ma aggiornato “Spec A”. Quest’ultima è appannaggio del team Rahal-Hogan.

Il calendario rimane di 16 gare, ma ci sono delle novità. Cambia la location del GP di Detroit, che abbandona il tortuoso e antipatico layout originale in favore del più scorrevole tracciato di Belle Isle. Debutta l’ovale di Loudon, nel New Hampshire, che diventa così il terzo short track della stagione dopo Phoenix ed il Milwaukee Mile. La Marlboro Challenge, infine, ritorna al Nazareth Speedway.

L’inizio della IndyCar 1992

Emerson Fittipaldi inaugura la stagione IndyCar 1992 con la prima vittoria dell’anno, nella trasferta australiana di Surfers Paradise. Bobby Rahal fa suo il weekend successivo di Phoenix, conducendo tutti i 200 giri in gara. E’ un successo importante in ottica campionato: Rahal è da sempre considerato uno specialista degli stradali (ha corso anche in F1), ma quest’anno le vittorie più significative arrivano sui catini.

A Long Beach Al Unser Jr sembra avviato al quinto successo consecutivo, ma un Danny Sullivan in palla gli rovina i piani. A quattro giri dalla conclusione l’iridato del 1988 infila il compagno di team e spezza un digiuno che durava da più di un anno. Nella manovra Unser finisce in testacoda e conclude quarto. Poco male per Rick Galles, che celebra la prima vittoria del telaio Galmer “fatto in casa”.

Poi, arriva il mese di maggio, che per la IndyCar significa la 500 miglia di Indianapolis.

Così a Indy

Le giornate di prove sono segnate da diversi incidenti, alcuni dei quali piuttosto violenti. Fabrizio Barbazza e Paul Tracy sbattono per primi, ma entrambi escono dalle vetture illesi. Non è altrettanto fortunato Rick Mears, che finisce a muro a causa di un radiatore rotto. Nell’urto il quattro volte vincitore riporta la frattura di un polso, ma non rinuncia a proseguire l’evento.

Il botto più serio vene da Nelson Piquet. Il tre volte campione di F1 è alla sua prima 500 miglia, e ci tiene a far bene. Tuttavia, nel corso della sessione del giovedì, il carioca perde il controllo della sua Lola Buick in uscita di curva 4. La monoposto urta il muretto esterno diretto, disintegrando la zona dell’abitacolo. I commissari impiegano 10 minuti per estrarre il pilota dall’abitacolo. Trasportato d’urgenza al Methodist Hospital, Piquet riporta gravi fratture ad entrambe le gambe (per le quali viene operato) ed una commozione cerebrale. L’incidente costa a Nelson un anno di riabilitazione…ed un contenzioso legale con il patron John Menard, che non vuole pagargli lo stipendio!

*attenzione* le immagini possono risultare di forte impatto.

Ma il festival degli incidenti non termina qui. E, purtroppo, ci scappa la tragedia. Nella sessione di libere dopo la qualifica, Jovy Marcelo sbatte in curva 2, quasi nello stesso punto di Piquet. Ma le conseguenze sono ben peggiori: la decelerazione provoca nel rookie filippino un’emorragia cerebrale, che non gli lascia scampo. Marcelo viene dichiarato morto subito dopo.

Ma lo spettacolo deve continuare. Il giorno della gara si svolge in un clima eccezionalmente freddo, dove la temperatura non supera gli 11 gradi. Roberto Guerrero scatta dalla pole, ma si gira durante il warm up lap e si deve ritirare. Eddie Cheever eredita il primo posto, ma alla bandiera verde viene bruciato da Michael Andretti. In ombra nelle prime gare, il figlio d’arte è protagonista assoluto a Indy: una volta presa la testa, nessuno lo vede più!

Il freddo causa diversi incidenti. Rick Mears viene centrato da Jim Crawford al giro 74, finendo di nuovo in ospedale per delle contusioni lievi. Finisce a far visita alle corsie anche Mario Andretti, che sbatte al giro 84 e si frattura le dita dei piedi. Va peggio a suo figlio Jeff, che al giro 115 perde una ruota e colpisce duramente il muretto di curva 2. Nell’episodio il fratello minore di Michael riporta gravi fratture ad una gamba, che di fatto gli costeranno la carriera.

Nel frattempo, Michael Andretti continua a spadroneggiare, accarezzando il sogno di vincere a Indianapolis. Un sogno che si spezza al giro 189, quando la pompa del carburante della sua Lola Ford si blocca. Addio trofeo Borg Warner!

In testa alla corsa ora c’è Al Unser Jr, seguito come un’ombra da Scott Goodyear. Il canadese tenta in tutti i modi di sorpassare, ma Little Al è bravo a chiudere tutte le porte. Il risultato è un arrivo in volata spettacolare, con i due pretendenti separati da appena 43 millesimi! E’ lo scarto più breve della storia.

AJ Foyt chiude al nono posto quella che dovrebbe essere (ma non sarà) l’ultima 500 miglia di Indianapolis della sua carriera. Da segnalare l’undicesima posizione di Lyn St. James, unica donna del gruppo. Con questo risultato, la pilota dell’Ohio ottiene il titolo di Rookie Of The Year. Sono solo 12 le vetture che giungono al traguardo.

Archiviata una 500 miglia di Indianapolis bella, difficile e tragica, il film della Indycar 1992 prosegue.

Indycar 1992, il campionato continua

La settimana dopo debutta il Gp di Detroit sul nuovo cittadino di Belle Isle. Con diverse novità sul fronte piloti: si rivede Teo Fabi, chiamato a sostituire l’infortunato Mario Andretti. Anche Rick Mears rinuncia, e si prende una pausa per riprendersi dalla frattura del polso. E’ la chance numero due per Paul Tracy. Il canadese ripaga la fiducia lottando per la vittoria con Michael Andretti, e lo fa alla Paul Tracy, con ruotate e carenate. Al giro 58, Paul contatta Michael, finiscono larghi e sfiorano il muretto, aprendo la strada a Bobby Rahal. Andretti prova a riprendersi la posizione, ma Bobby resiste e Michael finisce in testacoda. Rahal vince e consolida il primato. Tracy è KO con il cambio rotto, mentre Andretti sbaglia ancora e scivola in quarta posizione.

La sconfitta di Detroit pesa al morale ed al campionato, ma Andretti è abbastanza tosto da riprendersi. Domina a Portland, dove conduce 100 giri su 102, e poi concede il bis al suo Milwaukee Mile. Rahal accusa il colpo: se a Milwaukee finisce appena dietro il rivale, a Portland non fa meglio del 14esimo posto, doppiato. Si riscatta a Loudon, pista nuova per tutti. Sul miglio del New Hampshire il pilota-patron segna un successo importante, ribadendo la regola di questa stagione: gli ovali, il terreno meno congeniale, sono la sua fortuna. Andretti finisce alle sue spalle.

In estate il protagonista è Fittipaldi. Tra luglio e settembre Emmo vince quattro gare su sei, in quella che è la sua stagione migliore dal 1989. A Toronto ritorna la vittoria Andretti, ma Emerson trionfa nella “sua” Cleveland. A Road America il paulista conduce 41 giri su 50, ma deve sudare sette camicie per tenere a basa un Unser Jr ed un Rahal scatenati. Il distacco tra i tre è di appena un secondo. “Fitti” vince ancora a Mid Ohio e alla Marlboro Challenge, portando il totale delle vittorie stagionali a cinque.

La 500 miglia del Michigan diventa una sorta di derby canadese tra Scott Goodyear e Paul Tracy. I due si danno battaglia lungo le due miglia delle Irish Hills ma la mossa decisiva viene da…Raul Boesel! Infatti, Goodyear sfrutta la scia del brasiliano in fase doppiaggio per beffare il connazionale, e vendicare la sconfitta di Indianapolis.

A Vancouver, Rahal sbatte e Andretti vince. Bobby si rifà a Nazareth, dove precede l’idolo di casa. Il titolo si giocherà tra loro due nell’ultimo round di Laguna Seca.

Finale di stagione

Andretti è obbligato a vincere, mentre Rahal deve arrivare quarto per aggiudicarsi il titolo. Michael domina la corsa, con la leadership minacciata dal solo Paul Tracy. Ma il canadese manda tutto a monte con un contatto con il rookie Jimmy Vasser. Michael taglia il traguardo davanti a Mario, replicando il podio del 1991. Ma l’esito è diverso: il figlio d’arte deve cedere l’iride a Rahal, che giungendo ai piedi del podio si aggiudica il terzo titolo della sua carriera.

Classifica del campionato: https://www.racing-reference.info/yeardet/1992/R

Un anno di sorprese

Il 1992 è l’anno dei cambiamenti per la Indycar. Andretti ha già un contratto McLaren in mano, e ne approfitta per fare l’agognato passaggio in F1. Rick Mears rientra in pista in Michigan dopo un lungo stop, ma subisce un altro incidente che lo spinge a concludere anzitempo la stagione. A dicembre, tra lo stupore generale, annuncia il ritiro.

L’addio di Mears libera un posto al Team Penske, che potrebbe essere preso da…Ayrton Senna! Il brasiliano è reduce da una stagione deludente in Formula 1, e accetta l’invito dell’amico Emerson Fittipaldi a provare la sua monoposto. Sul tracciato stradale di Brainerd, alle porte di Phoenix, Senna percorre alcuni giri battendo di mezzo secondo il miglior crono di Fittipaldi. Il mondo della F1 trema: che il “Magico” abbia deciso di emigrare?

Alla fine Senna deciderà di non correre nella IndyCar, preferendo ricucire il rapporto con Ron Dennis. Ma chissà come sarebbe andata se Ayrton avesse accettato…

Grazie per averci seguito. Alla prossima puntata!