Bentornati a Once Upon a Time, la rubrica che rispolvera il passato delle corse USA. In questa puntata ci dedichiamo alla stagione IndyCar 1995, che si prospetta assai intrigante.
IndyCar 1995: preview
Grandi manovre in casa Newman-Haas. Nigel Mansell è tornato in Formula 1, e Mario Andretti si è ritirato. Suo figlio Michael ritorna con il team con cui aveva vinto il titolo nel 1991, e sarà affiancato dal rivalissimo Paul Tracy. Il canadese lascia così il Team Penske dopo due stagioni a bocca asciutta. Il Capitano ripassa ad una formazione a due punte, con i riconfermati Emerson Fittipaldi e Al Unser Jr.
Chip Ganassi rimane con due vetture, ma con piloti diversi. Perduto Andretti, patron Chip punta sul giovane Bryan Herta, che ha smaltito l’infortunio dell’anno precedente. Al suo fianco arriva Jimmy Vasser dal Pagan Racing.
Bobby Rahal appieda Mike Groff e mette al suo fianco Raoul Boesel, di provenienza dal Dick Simon Racing.
Gerald Forsythe e Barry Green si separano. Il primo schiera una vettura per Teo Fabi, mentre il secondo si tiene Jacques Villeneuve e la sponsorizzazione della Player’s. Villeneuve correrà con lo stesso numero del padre Gilles, il 27.
Stefan Johansson rimane il solo pilota di Tony Bettenhausen, mentre AJ Foyt lascia andare via Herta per puntare su Eddie Cheever. Ritorna Danny Sullivan dopo un anno quasi sabbatico, nel quale aveva tentato la fortuna nella NASCAR. L’iridato del 1998 correrà con il Pac West Racing, al fianco di Mauricio Gugelmin.
Jim Hall rinuncia a Fabi (che si ritirerà alla fine della stagione) per puntare sull’esordiente Gil De Ferran. Rick Galles conferma Adrian Fernandez e assume al suo fianco l’ex pilota del mondiale 500 Marco Greco.
Ed a proposito di ex di F1, Christian Fittipaldi fa il suo ingresso nella serie. Il nipote di Emerson affianca Robby Gordon al team di Derrick Walker.
Rientra Pat Patrick con un team completamente rinnovato, e Scott Pruett come pilota. Il californiano è reduce da un anno di stop.
Debutta il Tasman Racing di Steve Horne, che porta al debutto il brasiliano Andrè Ribeiro. Sparisce invece l’Indy Regency Racing, cosa che lascia Arie Luyendyk senza un volante. L’olandese si accorderà con il Team Menard per la 500 miglia di Indianapolis.
Note tecniche
La Indycar 1995 è molto vivace dal punto di vista tecnico. Mercedes fa il suo ingresso nella categoria come motorista, affidando lo sviluppo tecnico all’associata Ilmor. Il regolamento li ha obbligati a rinunciare all’imbattibile 500I, tuttavia il nuovo IC108 trova consensi tra i clienti. Oltre al Team Penske, il V8 della stella è appannaggio di Rahal-Hogan. Bettenhausen, Hall e Galles. Di questi soltanto Bettenhausen adottano un telaio Penske (il PC-23 vincitutto del 1994), mentre Rahal e Galles optano per un Lola. Jim Hall, invece, adotta un Reynard.
Quest’ultimo telaio prende sempre più piede, dopo l’ottimo esordio dell’anno scorso. Forsythe e Green ne adottano uno, Ganassi addirittura due. Vasser impiega un modello ’95, mentre Herta deve accontentarsi di uno ’94 ex-Andretti. A tal proposito, il team Newman-Haas rimane fedele alla Lola (essendo che Carl Haas ne è l’importatore) ed al motore Ford Cosworth. L’unità anglo americana è la più diffusa del paddock, grazie alle sue ottime doti di performance ed alla sua adattabilità a telai diversi. Nel corso della Indycar 1995 il motore XB subisce un importante evoluzione, con monoblocco e testate nuovi. Viene sperimentato in qualifica a Phoenix ed a Nazareth, ma il debutto in gara non avviene prima di Indianapolis.
Honda ha deluso nel 1994, quando Rahal l’ha ripudiata per qualificarsi a Indy. La casa giapponese riparte con Tasman e con Ribeiro, ed un V8 completamente rivisto. Riappare il Comptech Racing per qualche gara, e Parker Johnstone.
Novità anche sul fronte gomme. Finisce l’era del monomarca Goodyear, che accoglie in Firestone un nuovo concorrente. Il marchio di proprietà della Bridgestone si affida al Patrick Racing ed a Scott Pruett per lo sviluppo delle sue coperture. E non è la sola novità: per il prossimo anno, infatti, ritorna in pista l’All American Racers di Dan Gurney, reduce da una campagna trionfale nella serie IMSA. Gurney porta con sé la Toyota, che svilupperà un motore ad hoc.
Il calendario
Il calendario si compone di 17 gare. Per la prima volta in cinque anni Surfers Paradise non aprirà la stagione, lasciando tale onore a Miami. La città della Florida rispolvera per l’occasione il tracciato cittadino ricavato dalle strade attorno al Bicentennial Park (oggi Marc A. Ferrè Park). Non si correva lì dal 1988. La gara di Nazareth è anticipata a fine aprile, ad inizio stagione anziché alla fine. L’ovale vicino alla casa di Mario Andretti è l’ultimo appuntamento prima della 500 miglia di Indianapolis. Cleveland slitta dopo Toronto, con il New Hampshire che si svolge a fine agosto.
Tornando a Indianapolis, il 1995 è l’ultimo anno in cui la classica dell’Indiana fa parte del calendario IndyCar. A partire dal 1996, passerà sotto l’ala della Indy Racing League. Ne parleremo più a fondo in una puntata speciale.
Indycar 1995: Inizia la stagione
Michael Andretti e il team Newman-Haas sono protagonisti nelle prime due gare. A Miami ed a Surfers Paradise l’iridato 1991 sigla due pole position consecutive. Ma le cose in gara non vanno come sperato.
In Florida Michael domina allegramente, ma un contatto con Eliseo Salazar in fase di doppiaggio al giro 25 danneggia la sua sospensione, ponendo fine alla sua gara. La testa passa ad un Mauricio Gugelmin in gran forma, pronto a vincere la sua prima gara nella categoria. Tuttavia, l’ultima tornata di pit stop uccide le sua ambizioni. Il Team Green rimette in gara Villeneuve prima del brasiliano, invertendo le posizioni. Jacques in pista fa il resto. Danny Sullivan è prossimo a salire sul podio alla sua prima gara di rientro, ma un testacoda gli rovina i piani. Ne approfitta Bobby Rahal, bravo a contenere uno Scott Pruett scatenato. La gara di Paul Tracy finisce dopo appena tre giri, quando un problema ai freni lo spalma contro le barriere.
Il canadese si riscatta in Australia. Anche qui Andretti scatta in testa, ma subito dopo gli va tutto storto. Si becca uno stop&go per partenza anticipata, e se ne prende un altro per aver superato il limite di velocità ai box. Nelle fasi finali il cambio inizia a fare le bizze, e non può più usare la seconda marcia. Michael cerca di mantenere il vantaggio, ma una caution ricompatta il gruppo, permettendo a Tracy di stargli alle costole. Al restart Michael è spacciato, ma non si arrende. Nella foga di recuperare sul compagno, urta le barriere e si ritira. Tracy vince, Michael incassa un doppio zero.
Jacques Villeneuve finisce secondo e mantiene la leadership del campionato. Sul gradino più basso del podio ritroviamo Al Unser Jr, reduce da un ritiro nella prima gara.
A Phoenix Bryan Herta stupisce tutti in qualifica, segnando pole e record della pista. In prima fila con lui parte Emerson Fittipaldi, protagonista in gara. Il duo Newman Haas conduce la prima metà della corsa, con Andretti in testa, poi Emmo passa al comando al giro 105. Emmo ha il passo migliore, ma è penalizzato dai consumi di metanolo. L’alfiere Penske deve rientrare a 7 giri dalla fine per uno splash&go. Il finale è di quelli che non ti aspetti: Andretti riprende il comando ma non lo sa, ed il team non lo avverte via radio. A 5 tornate dalla conclusione, lascia sfilare Robby Gordon, pensando che sia doppiato. Ma non lo è. Gordon vince la sua prima gara in IndyCar, Michael mastica amaro per un’altra occasione mancata.
Il momentaccio del figlio d’arte prosegue a Long Beach. Il pilota della Pennsylvania si gira due volte: la prima al giro 55, nel tentativo di superare Unser jr, e la seconda al giro 102, mentre lottava per la seconda posizione. Little Al si allontana indisturbato verso la sesta vittoria sul cittadino californiano, mentre dietro di lui accade di tutto. Bobby Rahal agguanta la leadership nelle tornate di pit stop, ma la trasmissione lo molla al giro 77. Emerson Fittipaldi rompe il motore a venti giri dalla conclusione, Christian Fittipaldi e Eddie Cheever rimangono a secco a pochi passi dal traguardo. Tracy sbatte al giro 17 contro Gil De Ferran, portando la prima bandiera gialla. Con il secondo posto, ed il ritiro di Villeneuve, Scott Pruett è il nuovo leader del campionato.
A Nazareth, ultima prova prima di Indy, Eddie Cheever riprova a fare ciò che non gli è riuscito a Long Beach. In accordo con il suo team owner AJ Foyt, l’americano di Roma rimane in pista per uno stint molto più lungo, cercando di risparmiare carburante il più possibile. Le caution per gli incidenti di Andretti e De Ferran lo aiutano, ma il destino non è dalla sua parte. La lettura del suo cruscotto si rivela infatti troppo ottimistica: al giro 199 Eddie deve parcheggiare la sua Lola Ford numero 14, senza più una goccia di metanolo. Emerson Fittipaldi eredita la vittoria, la prima e unica della stagione. Jacques Villeneuve è secondo, e si porta a soli 4 punti dal leader Pruett.
Ed ora, è il momento più atteso dal paddock: la 500 miglia di Indianapolis.
Indianapolis 500
Gli occhi d tutti sono puntati sul Team Penske. Dopo aver spadroneggiato nel 1994, grazie all’arma segreta del motore Mercedes 500I. Ma ora che quell’arma è inutilizzabile per i ritocchi regolamentari, Capitain Roger deve puntare su un propulsore più convenzionale, sperando che basti a mantenere il primato. Ma fin dalle prove, le PC-24 mostrano una cronica mancanza di velocità. Né Fittipaldi né Unser jr compaiono mai nella top ten, quasi a presagire la sventura che si abbatterà su di loro in qualifica.
La classifica cronologica premia invece un altro magnate, John Menard. La scure della USAC ha risparmiato il motore V6 di derivazione Buick, che ancora conserva un surplus di potenza sovralimentata. Arie Luyendyk è una garanzia di competitività a Indy, ma altrettanto veloce si rivela Scott Brayton. L’olandese e lo statunitense si scambiano la prima posizione più volte nel corso della prima settimana.
La Indianapolis 500 comincia male per Jacques Villeneuve, a muro in curva 2 nella sessione del 12 maggio. Nessuna frattura per lui.
Pole Day
Arie Luyendyk è il favorito per il Pole Day, ma il giorno della qualifica vede brillare la stella di Scott Brayton. Con una media di 231.604 mph, il pilota di Clearwater conquista la sua prima pole position in carriera. Luyendyk è secondo mentre un altro Scott, Goodyear, porta il motore Honda in prima fila. Una bella rivincita per la casa giapponese, dopo la figuraccia del 1994. Michael Andretti apre la seconda fila, puntando a vincere la gara che più gli manca nel suo impressionante palmares.
Ma la vera notizia riguarda il Team Penske, i cui piloti non riescono a mettere insieme un run decente. Capitain Roger decide quindi di non fare più tentativi, e di riprovare la settimana dopo durante il Bump Day.
Bump Day
L’ultimo giorno utile per avere un posto in griglia ha una vigilia da incubo per la squadra più titolata. Nel corso delle prove antecedenti né Fittipaldi né Unser superano mai le 228 mph, insufficienti per qualificarsi. I due piloti provano tutte le combinazioni possibili di telaio: Emmo tenta la qualifica con una Lola, Little Al con una Reynard.
Nella sessione fatidica, alle 5 del pomeriggio del 21 maggio, Unser prova il suo run ma non riesce a fare meglio di 224.101 mph. Il tempo non è sufficiente per entrare. Negli altri due dei tre run a disposizione non fa meglio di 221 mph, segnando la parola fine alla sua qualifica. Il campione in carica della Indy 500 non difenderà il suo titolo.
Fittipaldi riesce a fare un po’ meglio. Il brasiliano scende in pista alle 5.30 segnando una media di 224.907 mph. In quel momento, è sufficiente per il 33esimo ed ultimo posto. Emmo ha esaurito le sue cartucce: ora deve sperare che nessuno faccia meglio di lui.
Purtroppo, il boia di Fittipaldi scende in pista, e assume le sembianze di Stefan Johansson. Lo svedese del team Bettenhausen tenta l’ultimo assalto a 12 minuti dal termine. Con una media di 225.547 mph, l’ex ferrarista ottiene il 30esimo posto, scalando di un posto Fittipaldi. E’ finita: nessuna vettura del Team Penske prenderà parte alla Indianapolis 500 1995.
L’immagine più simbolica di questa disfatta è la chiusura della saracinesca dei loro garage, e tutti perché liquidati in un’asettica conferenza stampa. Ma a livello morale è un colpo durissimo, specie per il più fragile del gruppo. Al Unser Jr, dopo questa mazzata, affogherà i suoi dispiaceri nell’alcool.
Il derby canadese
Ed eccoci al giorno della gara. Dopo un rinvio di cinque minuti per una pioggia leggera, il primo giro regala subito emozioni forti. Un contatto con Eddie Cheever spedisce Stan Fox a muro con una violenza impressionante. I detriti della monoposto di Fox colpiscono le vetture di Gil De Ferran, Carlos Guerrero e Lyn St. James, ponendo fine alle rispettive gare. C’è molta apprensione per le condizioni di Fox, rimasto immobile nella vettura disintegrata. In sala stampa circola addirittura la voce che sia morto! Fortunatamente si rivela infondata. Stan è vivo, ma ha riportato gravi ferite alla testa. Guarirà, ma non completamente.
Al decimo giro, restart. Arie Luyendyk è leader fino al giro 37, quando ricompare la bandiera gialla. L’olandese è ostruito da un distratto Scott Sharp, e quando riesce a passarlo gli mostra il dito medio. Nel gesto fa cadere il cuscino che ammortizza il casco dalla forza-G laterale, che finisce in mezzo alla pista. Di qui l’ingresso della pace car.
Subito dopo il pit stop, Villeneuve non sa di essere passato in testa alla corsa. La pace car va a cercarlo per mettersi davanti a lui, ma Jacques non lo capisce e la sorpassa più volte. La manovra è vietata dal regolamento, e costa al canadese ben due giri di penalità. Al restart, il figlio di Gilles è 27esimo.
Fine dei sogni di gloria? Niente affatto. Al giro 84, infatti, una serie di caution e di strategie permettono a JV di recuperare uno dei due giri persi. Recupera il secondo al giro 124, proprio mentre la bandiera gialla ritorna fuori per lo stop di Andre Ribeiro. Da questo punto si avvicendano molti leader, da Mauricio Gugelmin, a Jimmy Vasser a Scott Pruett. Al giro 176 Scott Goodyear è il nuovo primatista di gara. Villeneuve risale fino al secondo posto, dopo aver comandato anche lui. Che il derby canadese abbia inizio!
A dieci giri dalla fine, Goodyear e Villeneuve sono l’uno dietro l’altro, a seguito della pace car. La gara sta per riprendere, ma avviene un fatto che decide l’esito della sfida. La Corvette di sicurezza sta per rallentare per il rientro, in curva 4. Goodyear ha fretta di ripartire, e la supera senza pensarci troppo. Villeneuve, invece, inchioda per non passarla di nuovo e rimane dietro. Alla bandiera verde, la USAC infligge uno stop&go a Scott per la manovra illecita, tra le mille proteste dello stesso pilota. Jacques accumula un buon vantaggio sugli altri cinque piloti rimasti a pieni giri, vincendo così la sua prima (e unica) 500 miglia di Indianapolis.
A fine gara Goodyear protesta. La penalità secondo lui è ingiusta, perché le luci ai lati del tracciato erano verdi. Tuttavia, le immagini video lo smentiscono, a tal punto che il suo team Tasman decide di non provare nemmeno a fare ricorso. Via libera quindi per Villeneuve, che entra così nella storia.
Altrettanto storica è la rimonta di Bobby Rahal, sempre protagonista in Indiana. Partito 21esimo, il tre volte iridato conclude in terza posizione!
IndyCar 1995: si prosegue
Al riprendere della stagione 1995 della IndyCar, Al Unser jr è determinato più che mai a riscattare la delusione di Indy. al Milwaukee Mile supera il poleman Teo Fabi al giro 27, grazie ad una migliore gestione del traffico dei doppiati. Il suo rivale per la vittoria è però Paul Tracy, che lo passa più volte ai box e in pista. La mossa decisiva a 22 giri dalla fine, quando Paul usa i doppiati per sfilare di nuovo Little Al. Il due volte iridato prova a riprendersi ciò che gli spetta, ma i giri sono troppo pochi. Tracy vince così la sua seconda gara stagionale.
Sul piatto miglio di West Allis Michael Andretti ed Emerson Fittipaldi finiscono KO in due incidenti separati. Emmo si gira addirittura in corsia box, dopo essere finito sullo sporco in fase di rientro. Villeneuve chiude sesto e consolida la leadership del campionato, conquistata ad Indianapolis.
Unser si riscatta dalla delusione di Milwaukee nella gara successiva, a Portland. Little Al domina, ma la direzione gara dopo lo squalifica. Motivo? Il pattino del fondo piatto è usurato oltremisura. La colpa è del cordolo in curva 1 che si stava deteriorando. Un ricorso da parte di Penske permette ad Unser di riprendersi ciò che gli spetta.
Villeneuve vince a Road America dopo una prestazione super, e poi si prepara alla gara di casa. A Toronto il figlio d’arte firma la pole con record, per la gioia dei tifosi canadesi. Al via precede due mastini del calibro di Michael Andretti e Bobby Rahal, entrambi a secco di vittorie quest’anno. Al giro 17 compare la bandiera gialla per il contatto tra Rahal e Unser jr, in cui quest’ultimo finisce contro le barriere. Nella girandola di pit stop Jacques esce da leader ma i cronometristi, per una ragione inspiegabile, lo classificano quinto! Il restart viene abortito a seguito di un incidente decisamente bizzarro. Eric Bachelart finisce in aria dopo un contatto con Alessandro Zampedri. Nell’impatto vengono coinvolti anche altri, come Eliseo Salazar, Marco Greco e Carlos Guerrero. Lo stesso Bachelart racconta che tutti hanno rallentato improvvisamente in curva 7. Mah…
Al riavvio della corsa, Andretti e Rahal sono in lotta per la vittoria. Michael ha difficoltà con i doppiaggi, cosa che permette a Bobby di essere nella partita. Ma non c’è posto per superare, e quindi Andretti taglia il traguardo per il primo trionfo stagionale. Rahal precede Villeneuve, vero e proprio ragioniere.
Ma Jacques non ha dimenticato come si fa a vincere. A Cleveland ottiene la quarta vittoria dell’anno, in maniera spettacolare. Il primo a regalare show è Gil De Ferran, autore di una pole strepitosa. La lotta per il successo è un affare a tre tra Bryan Herta, finalmente convincente, Michael Andretti e lo stesso Villeneuve. Anche De Ferran è della partita, se non fosse per il doppiato Scott Pruett che non gli da strada e lo colpisce in pieno…
Al giro 89, Herta affianca Andretti che rallenta. Il pilota dell’Ohio nota la bandiera gialla e non affonda il sorpasso. Villeneuve ne approfitta e li passa entrambi alla prima occasione. Tra Jacques e Michael ci sarà anche un contatto in curva 1 all’ultima tornata, cosa che consegna il successo al canadese. L’ex pilota Sam Posey descriverà la gara di Cleveland come la più bella della IndyCar 1995.
La Michigan 500 è il secondo superspeedway della Indycar 1995. Sul velocissimo catino di 2 miglia le Reynard registrano seri problemi al mozzo ruota. Villeneuve deve rientrare ai box per una copertura ballerina, così come Gugelmin e Parker Johnstone, autore della prima pole per il motore Honda.
Al giro 194 avviene l’incidente che cala il sipario sulla carriera di Danny Sullivan. Il pilota del team PacWest scivola sull’olio lasciato da Lyn St.James, e impatta violentemente contro la sua vettura. Nell’incidente Danny riporta varie fratture, tra cui l’osso sacro. Salta tutto il resto della stagione. A fine anno, annuncia il ritiro.
La gara è un testa a testa tra Al Unser Jr e Scott Pruett, gli unici a pieni giri. Si decide tutto all’ultimo giro, quando il californiano prende la scia del portacolori Penske vincendo di misura. E’ il primo successo per Scott e per le gomme Firestone, al loro rientro in pista. Per il patron Pat Patrick è il primo trionfo dal 1989!
IndyCar 1995: una poltrona per due
In una caldissima giornata d’agosto, Mid Ohio può essere un’occasione per Villeneuve per ipotecare il titolo. Il pilota del Quebec è leader nelle prime tornate, ma subisce il sorpasso su Michael Andretti e non riprende più la leadeship. Michael ha un passo incredibile nonostante uno dei piloti dell’ala posteriore sia danneggiato. Villeneuve è in crisi per le temperature elevate dei freni, ma è comunque competitivo. Alla distanza sbuca fuori Al Unser Jr, che fa una sosta in meno tentando l’azzardo con i consumi. Il gioco riesce e Little Al segna il terzo trionfo stagionale. Villeneuve è terzo.
Loudon ospita l’ultimo ovale del campionato. Sul miglio del New Hampshire Andre Ribeiro conquista la seconda pole per il motore Honda, ma va anche oltre. Il brasiliano è ispirato, a tal punto da partire al comando e di non lasciarlo più! Unser Jr è terzo davanti a Villeneuve, ed è staccato da lui di 35 punti. A due gare dalla conclusione, lo statunitense ed il canadese si contenderanno il titolo IndyCar 1995.
Vancouver, la seconda tappa in Canada, è decisiva. Villeneuve segna la quinta pole dell’anno, che nella CART valgono altrettanti punti. La gara però, è una sofferenza: Jacques spiattella le gomme nel difendersi dagli attacchi, e perde grip. Perde la testa da Michael Andretti al giro 23, ed il secondo posto da Unser poco dopo. Little Al vince la corsa, con Villeneuve solo 12esimo: tutto rimandato a Laguna Seca.
Finale di stagione
Sul tracciato alle porte di San Francisco, va di scena l’atto conclusivo della stagione IndyCar 1995. Con 37 punti di vantaggio (e l’appello per Portland ancora in corso), Jacques deve arrivare almeno sesto per aggiudicarsi il titolo. Tuttavia, una serie di problemi ed una macchina poco competitiva non gli permettono di fare meglio di undicesimo. Ma Unser non fa tanto meglio: il pilota di Albuquerque deve almeno annusare il podio per bissare il campionato dell’anno scorso, ma alla fine taglia il traguardo solamente in sesta piazza. Non basta: a 24 anni, Jacques-Joseph Charles Villeneuve è campione IndyCar Series 1995.
La gara di Laguna Seca consacra una nuova stella della serie: Gil De Ferran guida la corsa da bandiera a bandiera, vincendo la sua prima gara IndyCar.
Dopo la gara di Laguna Seca, Penske vince l’appello e Unser jr riprende possesso della vittoria di Portland. Ma non cambia nulla, perché Little Al rimane comunque dietro a Villeneuve per soli 11 punti.
Classifica campionato: https://www.racing-reference.info/yeardet/1995/R