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Once Upon a Time: NASCAR 1998

Bentornati a Once Upon a Time, la rubrica che ti fa venire voglia di girare solo a sinistra. Oggi ripercorreremo le vicissitudini della NASCAR Winston Cup datata 1998.

NASCAR 1998: preview

Jeff Gordon si presenta al via come il pilota da battere. Wonder Boy rimane al suo posto alla Hendrick Motorsports, mentre il suo titolare si riprende dalla sua malattia. Terry Labonte è confermato sulla Chevrolet numero 5, così come Ricky Craven resta sulla 25. Che in questa stagione passa al numero 50, per celebrare i 50 anni di attività della serie. Craven salterà ben 13 gare quest’anno per i postumi di una commozione cerebrale.

Mark Martin si propone come antagonista di Gordon. Il pilota dell’Arkansas rimane alla corte di Jack Roush, che quest’anno schiera la bellezza di cinque vetture. Oltre al citato Martin, Roush conferma Jeff Burton e Ted Musgrave, ed aggiunge alla sua rosa Johnny Benson e Chad Little. Si aggiungerà inoltre una sesta vettura, che disputerà una sola gara con un rookie destinato a far parlare di sé in futuro: Matt Kenseth.

Richard Childress non cambia nulla nella sua formazione. Dale Earnhardt rimane il caposaldo della squadra, alla caccia del suo ottavo titolo nella Winston Cup. Mike Skinner si è guadagnato la riconferma sulla Chevrolet numero 31. Earnhardt debutta in veste di team owner, lanciando la Dale Earnhardt Inc. Il team schiera una Chevrolet numero 1, guidata da Steve Park, pupillo di Intimidator.

Il Team Penske passa da uno a due vetture. Scontata la conferma di Rusty Wallace, il team di Capitain Roger assume il giovane Jeremy Mayfield sulla Ford numero 12.

Dale Jarrett è la punta di diamante del Robert Yates Racing, al volante della Ford numero 88. Ernie Irvan lascia la scuderia dopo che Robert Yates non gli ha rinnovato il contratto. Kenny Irwin Jr prende in affido la Ford numero 28, con Irvan che prende il posto di Derrike Cope alla MB2 Motorsports.

Bobby Hamilton lascia il team di Richard Petty per aderire al Morgan-McLure Motorsports. Il suo posto sull’iconica numero 43 viene preso da John Andretti, che lascia il team di Cale Yarborough (che chiude i battenti).

Joe Gibbs rimane con una sola vettura, la numero 18, per il riconfermato Bobby Labonte.

Da segnalare il debutto in pista di Andy Evans. Il broker di Wall Street, proprietario della serie IMSA e del Team Scandia acquista nel 1997 il team di Brett Bodine, in crisi finanziaria. Il pilota è lo stesso Bodine.

Geoff Bodine, fratello di Brett, prosegue con il suo team un tempo di proprietà di Alan Kulwicki. Darrell Waltrip, invece, deve chiudere il suo per mancanza di fondi. DW sembra rassegnato a guardare le gare in TV, ma riesce a trovare posto nel Tyler Jet Motorsports. In seguito il tre volte campione verrà chiamato da Dale Earnhardt per sostituire l’infortunato Steve Park.

Sul fronte tecnico, Chevrolet prosegue con la Monte Carlo, dimostratasi una buona base per vincere. Ford lascia la Thunderbird, il cui modello base è uscito di produzione, per passare alla berlina Taurus. Nelle mani di Roush e Yates la nuova vettura si dimostrerà competitiva. Pontiac prosegue con la Grand Prix, ma il suo potenziale è limitato vista la decisione di GM di dare priorità a Chevrolet. L’unico esemplare competitivo della Grand Prix è quello del Joe Gibbs Racing.

Per il 1998 la NASCAR introduce un nuovo pacchetto aerodinamico. La sezione frontale, davanti al musetto, è più alta e larga, mentre lo spoiler posteriore è più piccolo. L’obiettivo è quello di ridurre il carico aerodinamico ed aumentare la resistenza all’avanzamento. Insomma: rallentare le vetture.

Sul fronte calendario, la NASCAR 1998 conta 33 gare, una in più del ’97. All’elenco delle piste si aggiunge il Las Vegas Motor Speedway, catino da un miglio e mezzo alle porte della Città del Peccato. la Pepsi 400 di Daytona viene programmata per luglio, tuttavia un’ondata d’incendi che affliggono la Florida spingono la NASCAR a far slittare la corsa ad ottobre. Il resto del calendario rimane invariato.

Inizia la stagione

Si comincia a febbraio, con la Daytona 500. La domanda che tutti i tifosi si pongono è: risucirà Dale Earnhardt a vincere la “Great American Race”? Intimidator è al suo 20esimo tentativo.

I fratelli Labonte guidano lo schieramento alla bandiera verde, con Bobby davanti a Terry. Earnhardt, specialista dei superspeedway da sempre, ci mette poco per passare al comando. Dale conduce il gruppo potendo contare sul compagno di squadra Mike Skinner, che lo protegge dagli attacchi esterni. Una caution al giro 178 riporta tutti ai box. Il capotecnico di Earnhardt Larry MacReynolds opta per cambiare solo due gomme, cosa che riporta il numero 3 davanti a tutti.

Nonostante la perdita dello scudiero Skinner, che a 9 tornate dal termine perde la scia e arretra, Earnhardt non perde colpi e difende la prima posizione da un Bobby Labonte ritornato alla carica. Una bandiera gialla all’ultimo giro sigilla il risultato: a 47 anni Ralph Dale Earnhardt vince finalmente la Daytona 500: il pubblico sugli spalti è in visibilio.

Al rientro ai box, Dale riceve la stretta di mano di tutti gli avversari, a dimostrazione del grandissimo rispetto che si è conquistato il grande campione. Una giornata storica per lui e per la NASCAR, che non poteva sperare di meglio per festeggiare il 50esimo anniversario. L’unica nota storta di questa storia è che la Daytona 500 sarà l’unica vittoria di Earnhardt del 1998. Il resto della stagione, per il sette volte iridato, sarà da dimenticare.

Smaltita la sbornia post-Daytona, Rockingham riprende la stagione regolare. I primi 198 giri sono un affare tutto Ford tra Rusty Wallace e Mark Martin, che si scambiano frequentemente le posizioni. Jeff Gordon è in crisi con l’assetto, e ben lontano dalla top ten. Ma grazie agli utili consigli di Ray Evernham, ed all’ottimo lavoro ai box dei “Rainbow Warriors”, Jeff scala la classifica fino alla prima posizione. Vince la gara per distacco.

Il round numero 3 è sul Las Vegas Motor Speedway, un miglio e mezzo nuovo di pacca. Il protagonista della prima domenica della storia in Nevada è Mark Martin. Dopo un breve duello con Dale Jarrett, autore della pole, il portacolori Roush fatica a causa di forti vibrazioni alle gomme. I meccanici della numero 6 fanno quello che possono, e alla fine Mark trova un compromesso accettabile. Per Martin è il primo trionfo stagionale.

Il primo dei due appuntamenti all’Atlanta Motor Speedway è funestato dalla pioggia, che rimanda le ostilità al giorno dopo. Il tracciato georgiano vede un sussulto della Pontiac, diventata una specie di Cenerentola della Winston Cup. John Andretti è alla seconda pole in carriera, con Todd Bodine accanto a lui in prima fila. Ma l’onore della Victory Lane spetta a Bobby Labonte, alla prima affermazione dell’anno.

La gara di Atlanta è l’inizio dei guai per Steve Park. Il protetto di Dale Earnhardt si frattura una gamba in un botto tremendo nelle libere del sabato. E’ uno dei tanti infortuni che mineranno la carriera di Park. Phil Parsons prende il suo posto ad Atlanta, ma subito dopo il team chiama Darrell Waltrip. Per DW è la grande occasione per dimostrare di non essere al tramonto.

La prima delle due fermate al Darlington Raceway porta la firma di Dale Jarrett. Mark Martin vince la pole, ma la gara è uno spettacolare duello tra Dale Jarrett e Jeff Burton. Il numero 99 domina la prima parte della corsa, ma dopo una caution deve lottare con Jarrett per gli ultimi 40 giri L’asetto di Burton si deteriora, dando campo libero al numero 88. Dale resiste poi a Gordon all’ultimo giro, per un finale al cardiopalma.

Gordon si prende poi ciò che gli spetta a Bristol, dove domina e precede il sempre regolare Terry Labonte.

Il Texas Motor Speedway ospita la NASCAR per la seconda volta in questo 1998. Il team Roush recita il ruolo di padrone di casa con ben due suoi alfieri al comando. A 30 giri dalla fine, Chad Little è sorprendentemente davanti a tutti, seguito come un’ombra da Mark Martin. All’ultimo pit stop Little cambia quattro gomme, mentre Mark opta solo per due. Il numero 6 passa in testa e se la tiene fino alla bandiera a scacchi. Poco male per Little, al suo miglior piazzamento in carriera.

Mike Skinner si frattura malamente nelle prove e deve saltare tre gare. Per le prime due Richard Childress chiama Morgan Shepherd, per la terza si rivolge a…suo genero! Mike Dillon, papà degli attuali piloti Austin e Ty, debutta nella Winston Cup dopo anni di militanza nella Busch Series.

Dopo il Texas, si va in Virginia per la Martinsville 500. Il protagonista assoluto qui è Bobby Hamilton. Sulla sua pista preferita (il suo risultato “peggiore” qui è un terzo posto), il portacolori Morgan-McLure scatta al palo e saluta la compagnia. Tuttavia, una serie di soste lente lo costringono a rimonte epiche. Rivede il vertice della classifica solo al giro 437, ma fortunatamente non ci sono più pit stop in programma. Hamilton ottiene l’unica vittoria della sua stagione NASCAR 1998.

La gara di Talladega rappresenta la prima apparizione di Matt Kenseth nella Cup series. O meglio, dovrebbe essere, visto che il giovane talento del Wisconsin non riesce a qualificarsi!

La pazza corsa dell’Alabama si decide negli ultimi dieci giri tra i fratelli Labonte, Jimmy Spencer e Dale Jarrett. Terry prova un attacco sul fratello ma perde la scia e arretra. Bobby rintuzza gli attacchi di uno Spencer sempre aggressivo e si guadagna il primo accesso in victory lane su uno superspeedway.

Al giro 141 un big one coinvolge ben 18 vetture, tra i quali Bill Elliott e Dale Earnhardt. Anche Mark Martin finisce nel tritacarne meccanico mentre Jeff Gordon si salva. Questo varrà oro in ottica campionato.

Ma Martin è veloce a riprendersi dai colpi, ed in California lo dimostra. Sulle veloci due miglia di Fontana il pilota dell’Arkansas vince d’autorità, precedendo un sorprendente Jeremy Mayfield. gara.

La California 500 è martoriata da un altro Big One che coinvolge di nuovo Bill Elliott. Non c’è pace per il veterano.

La gara delle stelle

La doppia settima di Charlotte è agrodolce per Jeff Gordon. Alla All Star Race il numero 24 domina allegramente, ma un problema alla pompa del carburante gli ammutolisce il V8 Chevrolet, dando campo libero a Mark Martin. Si riscatta dove più conta, alla Coca Cola 600.

Nella gara più lunga dell’anno, Jeff si affida al suo stratega di fiducia, Ray Evernam. A 20 giri dalla fine, nell’ultima girandola di pit stop, il leader Bobby Labonte e gli altri cambiano due gomme. Gordon, invece, quattro. Il maggiore grip permette al pilota di Pittsboro di passare da settimo a primo in meno di dieci tornate.

Dover e Richmond regalano due gare spettacolari. In Delaware Rusty Wallace lotta con il coltello fra i denti con Dalle Jarrett, ma alla fine prevale quest’ultimo. Rusty ci riprova in Virginia, che per la prima volta ospita la sua corsa il sabato sera. Al giro 370 Jeff Gordon compie quello che è forse l’unico errore della sua stagione. Tenta un sorpasso all’esterno su Wallace, lo tocca e finisce a muro. Caution.

La gara vera è uno shootout di 7 giri, preceduto da una bandiera rossa per un incidente multiplo. Al restart Ricky Rudd tenta il sorpasso della vita ma va in testacoda. Jarrett è ingarellato con Terry Labonte, che con una manovra ardita sorpassa il rivale. E’ l’unica visita in Victory Lane per il numero 5.

Mark Martin vince la settimana dopo in Michigan, con Jeff Gordon fuori dalla top five per la prima volta in tutta la stagione. Alla vigilia della prima gara di Pocono, il numero 24 è secondo in classifica davanti al 6. Davanti a tutti, ancora, è il sorprendente Mayfield.

Jeremy non ha ancora vinto una corsa, ma il digiuno è destinato a finire proprio al Tricky Triangle. Dopo una corsa infinita – cinque ore, di cui più di una in attesa che smetta di piovere – il nuovo pupillo di Roger Penske traghetta la sua Ford numero 12 in Victory Lane. E’ il punto più alto della stagione di Jeremy, che di lì in avanti perderà il passo.

Il 28 giugno è il momento di girare anche a destra. Sears Point ospita il primo dei due appuntamenti su un tracciato stradale della NASCAR 1998. Per la prima volta si corre sul tracciato breve, senza i lunghi curvoni che riportano sui rettilinei “presi in prestito” dalla dragstrip.

Nelle prove libere avviene l’incidente che pone fine alla carriera di Lake Speed. L’ex rivale di Ayrton Senna nel mondiale di karting sbatte malamente, fratturandosi una costola e lo sterno. Prova a rientrare la settimana dopo, ma i dolori sono troppo forti. Deluso, appende il casco al chiodo.

Jeff Gordon firma la pole in quella che è la sua gara di casa (è nato a Vallejo, a un quarto d’ora di macchina dal circuito). Accanto a lui in prima fila la sorpresa del giorno, Jerry Nadeau.

Alla bandiera verde Nadeau si fa prendere dalla foga, e finisce nella via di fuga. Nell’escursione compromette il raffreddamento dei freni, che lo porterà a sbattere alle S al 15esimo giro.

Gordon conduce le operazioni, e sembra avviato ad una facile vittoria. Tuttavia, la girandola di soste a seguito di una caution lo fa precipitare al 17esimo posto. Jeff si rimbocca le maniche e rimonta. Dopo un lungo inseguimento, attacca John Andretti per la seconda posizione, e Bobby Hamilton per la prima. E’ il suo secondo successo in carriera su un tracciato stradale.

Dopo il successo di Sonoma Gordon passa al comando del campionato, davanti a Mark Martin. Saranno loro due a contendersi il titolo NASCAR 1998.

Una poltrona per due

In New Hampshire, nel primo dei due appuntamenti sul miglio di Loudon, si celebra un ritorno ed un addio. Come abbiamo detto prima, Lake Speed si ritira dopo aver girato dolorosamente nelle prove. Chi ritorna, invece, è Ricky Craven, finalmente guarito dai postumi di una commozione cerebrale.

In gara Jeff Burton mostra la forma migliore. Dopo aver regolato Dale Jarrett ed un redivivo Ernie Irvan, il numero 99 taglia il traguardo per la prima vittoria stagionale. Martin finisce secondo davanti a Gordon, recuperando qualche punticino.

Tuttava, Gordon rifila tre schiaffi morali alla concorrenza. Alla Brickyard 400 di Indianapolis, un incidente multiplo trasforma la corsa in uno shootout di sette giri tra Jeff, Jarrett e Bobby Labonte. Dopo duelli di sorpassi, un’altra caution a due tornate dal termine pone fine alle ostilità, regalando al numero 24 il secondo trionfo sul leggendario Speedway.

A Pocono, cambia due gomme al pit stop, riparte in testa e vince. A Watkins Glen è autore di una rimonta da urlo: a meno di 20 giri dalla fine sopravanza Wallace e Martin con un sorpasso da infarto, e si lancia all’inseguimento del leader della gara, Mike Skinner. Tra l’altro, Gordon neanche sapeva che Skinner fosse il leader, e non era sicuro di volerlo riacciuffare. Se Evernham non l’avesse avvisato via radio…

Tra Indy e il Glen si segnalano un ritorno ed un debutto. Alla Brickyard 400 rientra in pista Steve Park, che ha ormai smaltito la frattura alla gamba riportata ad Atlanta. Al Glen, invece, esordisce in NASCAR Boris Said, veterano della Trans Am series. Il riccioluto pilota californiano viene chiamato in sostituzione di Jimmy Spencer, costretto ad uno stop per i postumi di una commozione cerebrale.

Nel secondo appuntamento del Michigan, a metà agosto, Martin corre con la morte nel cuore. Il padre, la matrigna e la sorellastra periscono in un incidente aereo pochi giorni prima della gara. Mark vuole vincere a tutti i costi per dedicare loro il trofeo, ma Gordon gli mette i bastoni tra le ruote. Con il classico scherzetto della sosta “a due gomme”, Jeff sopravanza il rivale e vince, ma sportivamente gli dedica il successo. Ma Martin non vuole rinunciare ai propositi di tributo, anche a costo di rimandarli di una settimana. E così è.

A Bristol, nella ormai tradizionale gara serale, Martin piega Jarrett dopo un duello di emozioni, e conquista una vittoria pesante dal punto di vista emotivo. In Victory Lane ricorda i famigliari scomparsi, sostenendo che sarebbero “fieri di lui“.

Gordon vince di nuovo a Loudon, battendo Martin con la stessa strategia usata a Brooklyn. Ma il post gara è un vespaio di polemiche. Jack Roush guarda con sospetto le prestazioni di Gordon con solo due gomme nuove, e sporge reclamo. Il team owner di Martin e Burton sostiene che la Hendrick Motorsports adotti un trattamento chimico sulle proprie Goodyear, per migliorarne le prestazioni. La NASCAR vuole vederci chiaro, e confisca tutti i treni della numero 24. La polemica si risolve con un nulla di fatto: le gomme di Gordon sono regolari, e Roush viene zittito.

Con la vittoria alla Southern 500 a Darlington, Gordon piazza la decima vittoria della stagione NASCAR 1998. Prova a replicare la domenica dopo sotto i riflettori di Richmond, ma trova in Jeff Burton un ostacolo imprevisto. Il “Jeff and Jeff Show” come lo ribattezza il commentatore TV Bill Weber anima la 400 miglia della Virginia nelle sue fasi finali. Al traguardo Burton batte Gordon al fotofinish.

Mark Martin spadroneggia sette giorni dopo a Dover, ma recupera solo 10 punti ad un Gordon in palla. Il numero 24 finisce secondo, anche se staccato.

Martinsville regala spettacolo nella sua ultima partita della stagione. In un clima particolarmente caldo e umido, fisico e psiche dei piloti è messo a durissima prova. Se poi l’impianto di areazione del casco smette di funzionare, la gara si trasforma in un inferno. E’ quello che succede a Ricky Rudd, che vede la sua coolbox guastarsi già al primo giro.

Dopo 100 rivoluzioni Rudd è esausto, e chiede una sostituzione. Hut Stricklin si prepara per il cambio, ma Ricky ci ripensa e tiene duro. Quattrocento giri dopo, Rudd taglia il traguardo in prima piazza, preservando il suo prezioso record: è alla sedicesima stagione consecutiva con almeno una vittoria. I festeggiamenti li deve fare in barella, attaccato alla bombola d’ossigeno.

Martinsville regala emozioni anche a Rich Bickle, che con il quarto posto ottiene l’unica top five della sua carriera. Si concede alle interviste della TV, con le lacrime agli occhi.

Il gran finale

Il mese di ottobre comincia con la 500 miglia di Charlotte, che vede il trionfo di Mark Martin (ed uno stop di due ore per una tubatura rotta). Mark segna un colpo a favore, ma vedrà i sogni iridati sfumare appena dopo.

Infatti, alla seconda fermata di Talladega, Martin rimane invischiato nella classica carambola da superspeedway, che lo obbliga ad un rientro ai box. E siccome le disgrazie non vengono mai sole, Jeff Gordon è in piena lotta per la vittoria. Tuttavia il numero 24 non è troppo avvezzo a questo tipo di tracciati, e perde la scia quando serve. Ne approfitta Dale Jarrett, che ritorna in vcitory lane dopo una lunga astinenza. Gordon recupera fino alla seconda piazza, e mette un’ipoteca sul titolo.

La domenica dopo si recupera la Pepsi 400 di Daytona. Sotto le luci artificiali Gordon sopravvive a ben 16 cambi di leader, per poi passare davanti al gruppo. La corsa si ferma cinque giri prima per un temporale, che equivale all’undicesima affermazione stagionale per “Wonder Boy”.

Martin recupera punti su Gordon nel weekend successivo, a Phoenix. In mezzo al deserto, Mark è terzo con Jeff settimo. La gara si ferma prima del previsto per un evento rarissimo in quel dell’Arizona: la pioggia. Protetto in un garage chiuso ed asciutto, Rusty Wallace festeggia l’unica vittoria di un’annata altrimenti da dimenticare.

Alla vigilia del penultimo appuntamento, a Rockingham, si gioca il match point per l’assegnazione della Winston Cup. Con oltre 300 punti di vantaggio, Jeff Gordon deve arrivare minimo 40esimo per chiudere la partita. Martin è alla disperazione: non solo è obbligato a vincere, ma deve sperare che Jeff non veda la bandiera a scacchi. Un’impresa ai limiti dell’impossibile.

Infatti, Gordon non solo la finisce la corsa, ma la vince pure. Desideroso di concludere in bellezza, il portacolori Hendrick Motorsports gioca la solita carta della strategia, che piace tenato a Ray Evernham, per aggiudicarsi corsa è titolo. A nemmeno trent’anni, Jeffrey Michael Gordon è già a quota tre!

Gordon poi cala il sipario della NASCAR 1998 vincendo anche l’ultima di Atlanta, la NAPA 500. Una gara interminabile, con interruzione per pioggia e giri che si protraggono fino alla mezzanotte. La bandiera finale sventola dopo 221 giri, molto prima dei 325 previsti. Con il successo di Atlanta Gordon sale a quota 13 vittorie in una stagione, battendo il record precedente di 12 a firma Dale Earnhardt, del 1987.

Ad Atlanta Kenny Irwin Jr firma la sua prima pole in carriera. Il nuovo portacolori del team Yates vince anche il titolo di Rookie Of The Year della NASCAR 1998.

Classifica campionato: https://www.racing-reference.info/yeardet/1998/W

NASCAR 1998: ancora una cosa

C’è ancora un ultimo impegno per i piloti della NASCAR 1998. Il 22 novembre, infatti, si ritorna in Giappone per un altro esperimento. La Thunder Coca Cola 500 è di scena sul nuovissimo Twin Ring Motegi, un ovale da un miglio e mezzo di proprietà della Honda. Dopo vari cambi di leadership, tra piloti come Wallace, Gordon, Earnhardt ed un redivivo Steriling Marlin, a prevalere è Mike Skinner. Il californiano sorpassa Gordon ed il compagno di team al giro 149, rimanendo in vetta fino all’arrivo.

La gara di Motegi segna il debutto di Dale Earnhardt Jr, figlio di Intimidator. Il pilota di Kannapolis è il campione della serie cadetta Busch Series.

Con il 1998 si conclude il ciclo di gare internazionali della NASCAR. Gli alti costi delle trasferte e la scarsa affluenza nelle tribune spingono la federazione americana a rinunciare al Sol Levante. Per vedere una gara fuori dai confini degli USA dovremo aspettare il 2004, quando la Busch Series farà tappa all’Autodromo Hermanos Rodriguez di Città del Messico.

E con questo, si conclude il ciclo di amarcord dedicato alle stock car. La ripresa della stagione 2020 mette in pausa il film dei ricordi, in attesa di una nuova collocazione. Continuate a seguire la rubrica, con la IndyCar e gli speciali di approfondimento. Grazie per averci seguito e…see you at the racetrack!