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Pearson, l’intervista all’atleta paralimpico portabandiera a Rio 2016

Durante il mese della storia LGBT+ il campione paralimpico inglese Lee Pearson ha rilasciato una lunga intervista a BBC Sport in cui descrive la sua vita e la sua carriera da sportivo, ricolma di grandi successi e traguardi raggiunti.

Il corridore di para-dressage ha vinto 15 medaglie paralimpiche (tra cui 11 ori) oltre ad altre riconoscenze europee e inglesi, come il cavalierato.

Ecco le sue parole che descrivono la sua grande gioia e soddisfazione per essere diventato portabandiera per i giochi paralimpici di Rio 2016:

“Sono un personaggio forte, ma l’unica cosa che mi ha emozionato è stato portare la bandiera della squadra britannica alla cerimonia di apertura dei Giochi di Rio nel 2016. Non si trattava di me, era il messaggio che abbiamo inviato ad altri paesi. Ero lusingato perché sono ‘alternativo’ e questo è stato scelto da tutta la squadra GB”

“Spero che abbia inviato un messaggio ad altre nazioni in cui la sessualità diversa è oppressa e ancora non accettata e dove a volte si può persino essere messi a morte”

La malattia di Pearson

Pearson è nato con l’artrogriposi, una malattia che ha causato la crescita dei muscoli delle braccia e delle gambe come tessuto cicatriziale nell’utero.

Durante la sua infanzia ha dovuto sopportare numerose sfide personali che l’hanno rafforzato e che hanno aumentato l’orgoglio di essere uno sportivo diverso e migliore di molti altri.

Ma mentre Pearson è ora probabilmente l’atleta gay di più alto profilo nello sport paralimpico e si descrive come “rumoroso e orgoglioso”, ammette che il viaggio è stato traumatico per lui e la sua famiglia:

“Ho dovuto combattere quella battaglia interiore e per me, ho provato odio piuttosto che vergogna. Puoi controllare il modo in cui pensi ma non puoi controllare il modo in cui ti senti. Ho considerato il suicidio e ho davvero lottato con me stesso. È stato un periodo interessante, stressante e triste”

“Non ho mai nascosto le mie difficoltà riguardo al coming out e nel corso degli anni ho ricevuto numerose e-mail da persone che dicevano che ho aiutato a salvare loro la vita semplicemente essendo me, il che è un enorme complimento”