Dopo il lungo stop causato dall’emergenza coronavirus, anche il ciclismo si prepara a ripartire. Le prime corse sono attese ad inizio agosto, ma l’appuntamento più importante della ripresa è sicuramente il Tour de France che scatterà il 29 agosto e terminerà il 20 settembre. Nonostante ciò, ci sono ancora alcuni dubbi relativi alle misure di sicurezza da adottare per tutelare la salute non solo degli atleti, ma anche degli addetti ai lavori. A differenza di quanto accaduto ad esempio, nel calcio, per il ciclismo 2020 ad oggi manca un vero e proprio protocollo ufficiale che chiarisca la procedura da seguire qualora dovesse emergere qualche caso di positività al Covid-19 durante una gara.
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Il portale CyclingNews ha fornito le prime informazioni su quelle che sarebbero le regole stilate dall’Unione Ciclistica Internazionale (UCI). Innanzitutto, allo scopo di realizzare una sorta di «bolla protettiva» per i corridori e lo staff dei vari team, si provvederà con dei controlli continui a pochi giorni dall’inizio delle gare per quanto riguarda le competizioni di un giorno. Invece, per le grandi corse a tappe, i test si terranno anche durante la manifestazione sportiva, con unità mobili che potrebbero seguire l’intera macchina organizzativa.
I ciclisti, a loro volta, dovranno rispettare alcune norme di base. Saranno chiamati a presentarsi nel luogo in cui scatteranno le gare con alcuni giorni di anticipo per essere sottoposti a tutti i controlli del caso allo scopo di assicurarsi della negatività al coronavirus. Il problema, semmai, in questa fase riguarda l’assenza di un protocollo sanitario qualora dovesse malauguratamente emergere un caso di contagio al Covid-19. Per adesso, l’UCI prevede soltanto che si dovrà valutare la situazione contingente per stabilire se la competizione interessata potrebbe andare avanti o essere sospesa.
Ciclismo 2020: cosa stabilisce l’UCI in caso di positività al coronavirus
In vista della ripresa della stagione del ciclismo 2020, l’Unione Ciclistica Internazionale ha comunicato che, se dovesse emergere la positività di un atleta o di un componente dello staff al coronavirus, a seconda della situazione si andrebbe a stabilire se assicurare o meno la prosecuzione della gara. Innanzitutto, se ciò dovesse accadere, si dovrà andare a valutare se ci sono persone che sono entrate «a stretto contatto con il positivo», oppure se si sono verificate soltanto delle esposizioni «a rischio basso».
In altre parole, chi ad esempio ha condiviso spazi ristretti e chiusi come una camera d’albergo con il soggetto contagiato dal Covid-19, rientra ovviamente nella cerchia di persone che sono state a stretto contatto. Viceversa, si tratta di basso rischio quando ci sono stati dei contatti all’aperto. Il problema però è che il ciclismo è uno sport in cui si corre in gruppo, quindi se fosse riscontrata una positività la situazione generale potrebbe diventare davvero difficile da tenere sotto controllo.
In mancanza di un protocollo definitivo, in vista della ripartenza del ciclismo 2020, l’UCI ha chiarito che comunque lavorerà a stretto contatto con le istituzioni del paese ospitante della singola competizione, seguendo scrupolosamente le regole varate per contrastare l’emergenza sanitaria. Dunque, se dovesse emergere una positività, il governo del mondo ciclistico valuterebbe di volta in volta – prendendo in considerazione anche le norme introdotte nello Stato in cui si sta correndo – se ci sarebbero o meno le condizioni per proseguire con la sfida agonistica o se sospendere la manifestazione sportiva. Una sorta di limbo che però lascia ancora aperte diverse incertezze sull’intera attività di controllo per la sicurezza di corridori e addetti ai lavori.