Non sono contento dei due rigori assegnati alla Fiorentina contro una Sampdoria in piena crisi societaria e sportiva. Non sono contento per la loro assonanza con quelli subiti contro la Juventus, e degli equivoci che questo può generare.
Temo che qualcuno pensi alla sfuriata di Commisso, e alla vecchia regola non scritta per cui se qualcuno si lamenta prima o poi verrà accontentato. E voglio dire a chi fa propria questa idea, che si sta sbagliando. Perché c’è una differenza sostanziale tra quello che è successo contro la Sampdoria e quello che è successo contro la Juventus: nel primo caso abbiamo avuto ciò che era giusto, nel secondo no.
L’obiettivo delle rimostranze della Fiorentina non era quello di ottenere dei favori, ma di non essere penalizzati. La storia – vecchia come il mondo – è nota: la squadra forte viene favorita su quella più debole, che a sua volta viene “compensata” ai danni di un’altra relativamente “minore”. Una volta sei danneggiato, quella dopo vieni aiutato – come si dice a Firenze? – poggio e buca fa pari.
E invece non è così. Perché questo sistema, adottato in modo inconsapevole (la celeberrima “sudditanza psicologica”) o mirato (vedi “calciopoli”) ha come unico effetto quello di mantenere inalterate le gerarchie coinvolgendo tutti quanti nella mala gestione. Altro che giustizia: è il modo per rendere tutti complici mantenendo inalterate le distanze da chi è più forte.
Sabato un Milan rinvigorito dalla presenza di Ibrahimovic sarà di scena a Firenze. Per la viola è la possibilità di confermare che la rotonda vittoria di domenica scorsa non è frutto solo della difficile situazione della Sampdoria: senza togliere nienete agli uomini di Iachini, la partita è stata palesemente viziata da una serie di circostanze che rendono difficile giudicare il merito della Fiorentina e i demeriti dell’avversario. In questo campionato, tolte le prime quattro della classe, un filotto di tre partire vinte divide il quinto posto dalla zona calda: c’è spazio ancora per sognare ognuno il proprio traguardo, piccolo o grande che sia.