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Gino Bartali nasce il 18 luglio 1914: leggendaria la sua vittoria al Tour del 1948

È entrato di diritto nella leggenda quando, quasi 34enne, ha vinto nel 1948 il Tour de France. Un’impresa non solo sportiva per un atleta in età matura, ma un successo che ha avuto dei risvolti socio-politici rilevanti, poiché pare che la sua affermazione abbia impedito di fatto lo scoppio di una guerra civile in Italia. Gino Bartali, nato il 18 luglio 1914 e morto il 5 maggio 2000, è stato sia uno dei più grandi ciclisti italiani, sia un personaggio a tutto tondo, amato dal pubblico per la sua genuinità e schiettezza, e per quell’ironia tipicamente toscana che lo ha sempre contraddistinto.

Gino Bartali, leggenda del ciclismo italiano.

Nel corso della sua carriera, tra le vittorie più importanti si annoverano tre Giri d’Italia e due Tour de France conquistati tra gli Anni Trenta e Cinquanta. Il campione di Ponte Ema (paesino al confine tra Firenze e Bagno a Ripoli) è passato alla storia anche per la sua rivalità con un altro genio del ciclismo, Fausto Coppi, anche se con il senno di poi è emerso che intorno a questo dualismo è stata alimentata una leggenda spesso esagerata e lontana dalla realtà.

Il suo debutto nelle corse ciclistiche avviene nel 1935 quando, ancor privo di un contratto con una squadra professionistica, decide di presentarsi da indipendente alla Milano-Sanremo. Qui si mette subito in mostra, correndo da solo e senza un team che lo spalleggiasse e giungendo quarto al traguardo. Non riesce a vincere solo perché, quando era al comando e aveva staccato tutti, un guasto alla bicicletta gli aveva impedito di proseguire in piena solitudine verso il successo. Questa grande prestazione gli consente di avere il primo vero ingaggio della sua carriera con la Frejus.

Le vittorie prima dello scoppio della guerra

L’esordio al Giro d’Italia di Gino Bartali avviene nel 1935 quando si posiziona settimo in classifica generale. Nel frattempo conquista il suo primo campionato italiano. L’anno successivo passa alla Legnano, squadra prestigiosa che tra le sue fila vanta la presenza di Learco Guerra, uno dei più grandi ciclisti dei primi anni del Novecento. Nel 1936 per il corridore toscano arriva la prima affermazione al Giro d’Italia, successo che viene bissato l’anno successivo quando viene poi designato come capitano della formazione italiana che avrebbe gareggiato al Tour del France.

Gino Bartali ha vinto tre volte il Giro d’Italia.

Il Tour del 1937 però è sfortunato per Bartali perché, in seguito ad una caduta durante la tappa Grenoble-Briançon, deve di fatto rinunciare a competere per la vittoria della corsa transalpina. Ma non si perde d’animo e si prende la rivincita già l’anno dopo, quando a soli 24 anni conquista la maglia gialla. Bisogna sottolineare che in quel periodo il ciclismo era tra gli sport più popolari e seguiti in Italia, dunque grazie alle sue imprese, il fuoriclasse toscano diventa uno dei beniamini del pubblico. Intanto comincia a brillare una nuova stella di nome Fausto Coppi.

Quando partecipa al Giro d’Italia del 1940, Gino Bartali già nel corso della seconda tappa incappa in una foratura e in una caduta che gli causano un pesante ritardo in classifica. La Legnano, intanto, ha messo sotto contratto un giovane di belle speranze, Fausto Coppi: il ventenne si trova in una posizione migliore del suo capitano, e così i vertici del team decidono di puntare su di lui, e Bartali non può fare altro che accettare di continuare a correre come gregario. Grazie al suo apporto, Coppi conquista la corsa rosa poco prima che il ciclismo venga sospeso per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

La vittoria al Tour de France del 1948: Bartali è leggenda

Il Giro d’Italia riprende nel dopo-guerra, esattamente nel 1946. Bartali ha quasi 32 anni ed è ancora la punta di diamante della Legnano. Coppi – che durante il conflitto era stato rinchiuso in un campo di prigionia – è passato invece alla Bianchi e, essendo più giovane del rivale, viene considerato il principale favorito al successo finale. In realtà, con grande maestria e sfruttando appieno la sua esperienza, è proprio il fuoriclasse toscano ad aggiudicarsi la maglia rosa senza ottenere nemmeno un successo di tappa, ma puntando sulla continuità di risultati e piazzamenti.

In un articolo dell’8 aprile 1946, il Corriere della Sera definisce Gino Bartali come un «calcolatore». Il quotidiano esalta la capacità del campione di dosare energie e forze e di saper accumulare sapientemente secondi preziosi per affermarsi in cima alla classifica generale. Di conseguenza, il ciclista toscano viene dipinto così: «Non è la cicala di un solo canto, è un formicone saggio».

Il Tour de France riparte nel 1948 e, in seguito ad una serie di rinunce e ritiri, Bartali (alla soglia dei 34 anni) viene designato quale capitano della squadra dell’Italia. Parte così una Grande Boucle che non vede il corridore italiano tra i favoriti, anche perché il resto del team è formato da atleti piuttosto modesti. Anche in quest’occasione, però, il campione toscano mette in mostra tutta la sua classe, ottenendo due primi posti nelle tappe di montagna più dure e andando a prendersi da 34enne la maglia gialla.

Gino Bartali vince il Tour de France nel 1948.

In questo periodo, in Italia si stanno vivendo giorni difficili. Dopo l’attentato a Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista, si susseguono manifestazioni e scontri in piazza e si teme che da un momento all’altro il Paese fossa finire in balìa di una guerra civile. La notizia dell’incredibile trionfo di Bartali al Tour de France, però, esalta gli italiani e li unisce in un grande abbraccio e in un’immensa gioia che fanno dimenticare le tensioni di quei giorni. In seguito a questo episodio, il mito del campione di Ponte a Ema si incrementa, poiché gli viene attribuito il merito (indiretto) di aver salvato l’Italia da una terribile escalation di violenza.

Dopo l’impresa, il corridore toscano continua a gareggiare ma non ottiene più vittorie di rilievo. Il ritiro arriva nel 1954 quando viene organizzata una competizione a Città di Castello, località nella quale era riuscito a trovare un rifugio per alcuni mesi subito dopo la fine della guerra. La morte lo ha colto il 5 maggio del 2000 quando aveva 86 anni. Nel 2006, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha consegnato alla moglie Adriana la medaglia al valor civile per l’impegno del ciclista nell’aver salvato la vita a diversi ebrei durante il conflitto. Infatti, utilizzando i tubolari della sua bicicletta, aveva trasportato segretamente fotografie e documenti andando da una città all’altra.

Gino Bartali: 20 anni fa ci lasciava il ciclista italiano

Nel 2013 viene insignito dell’onorificenza alla memoria «Giusto tra le Nazioni», un riconoscimento che Israele concede alle persone non ebree che nel corso della Seconda Guerra Mondiale hanno rischiato la vita per salvare anche un solo ebreo dalla deportazione.