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Once Upon a Time: IndyCar 1993

Bentornati a Once Upon a Time, la rubrica che vi riporta indietro nel tempo, agli anni d’oro delle corse americane. Come ogni lunedì, è l’ora dell’amarcord della IndyCar: questa puntata è dedicata alla stagione 1993.

IndyCar 1993: preview

Il mercato piloti vive di due colpi giganteschi. Il primo, atteso, è il passaggio di Michael Andretti in F1, alla guida di una McLaren. Il secondo è di quelli che nessuno poteva lontanamente immaginare: approda Nigel Mansell! Il campione del mondo ’92 rompe con la Williams e accetta l’offerta del team Newman-Haas di rimpiazzare il giovane Andretti. L’altro Andretti, Mario, è il compagno di squadra del “Leone”.

Tutto invariato al Team Penske, con Emerson Fittipaldi caposquadra, e Paul Tracy che si prepara al suo primo anno completo. Rick Mears appende il casco al chiodo, tuttavia rimane nel team in veste di consulente, ed “istruttore” di Tracy. Una terza Penske, però in forma privata, è schierata dal team di Tony Bettenhausen, che l’affida a Stefan Johansson. Lo svedese, Rookie Of The Year del 1992, punta a diventare protagonista in IndyCar.

Il Chip Ganassi Racing si separa da Eddie Cheever e prosegue con il solo Arie Luyendyk. L’olandese ritorna a gareggiare a tempo pieno dopo un ’92 da precario. Cheever, invece, corre in questo anno con tre team diversi: inizia con il Turley Motorsports, per poi passare al team Menard per Indianapolis. Finisce la stagione con il King Racing dell’asso dei dragster Kenny Bernstein.

Bobby Rahal ritorna nella doppia veste di owner-driver, sempre in società con il magnate Carl Hogan.

Rick Galles conferma la sua coppia stellare di Al Unser jr e Danny Sullivan. Scott Goodyear, protagonista lo scorso anno con la vittoria in Michigan, rimane la punta di diamante del team di Derrick Walker. L’ex struttura della Porsche nella serie americana da il benvenuto a Hiro Matsushita, unico giapponese a correre a tempo pieno in IndyCar.

AJ Foyt non veste più i panni del pilota (o quasi), e si accontenta di seguire il suo team dall’altra parte del muretto. Il burbero texano punta sul giovane Robby Gordon, al suo primo anno completo. Jimmy Vasser, altro giovane interessante, è invece al secondo anno, con il meno quotato Hayhoe Racing.

Da tenere d’occhio Raoul Boesel. Il brasiliano, ex di F1 e del mondiale Sport Prototipi, è il pilota principale del team di Dick Simon, in crescita negli ultimi anni. Sempre dal mondiale Sport Prototipi arriva Teo Fabi, ma il suo è un ritorno. Il milanese, già edito della categoria, trova finalmente un ingaggio a tempo pieno con il team Hall-VDS, il quale non riconferma John Andretti. Il nipote di Mario, che correrà solo a Indy con una vettura messagli a disposizione da Foyt, sta valutando il passaggio alla NASCAR.

Sul fronte tecnico, continua la battaglia motoristica tra Ford e Chevrolet. Con l’introduzione del compattissimo Cosworth XB, la casa dell’Ovale blu punta a diventare il riferimento della categoria, una volta risolti i cronici problemi di affidabilità. Il Cravattino, invece, presenta la nuova versione del suo Indy V8, lo “Spec D”, a disposizione solo del Team Penske. Tutti gli altri devono accontentarsi dello “Spec C”, che però ha ottime credenziali. Buick prosegue lo sviluppo del suo V6 turbo derivato dalla serie, ma che è competitivo solo a Indianapolis. Con una potenza ridotta, per farlo durare più a lungo, il motore del marchio di GM è al suo ultimo impegno ufficiale. Lo userà soprattutto il Team Menard.

Anche la battaglia tra telai si preannuncia interessante. Lola presenta il T93/00, ormai il riferimento della categoria. Penske risponde con il PC-22, che però è a disposizione solo del team omonimo. Gli altri devono accontentarsi della vecchia versione. Galles abbandona il Galmer per passare alla Lola. Rahal e Hogan si pongono l’ambizioso obiettivo di sviluppare un proprio telaio, partendo da un Truesports dismesso dall’omonimo team. Tutti i telai devono disporre di una pedaliera arretrata e di un musetto allungato, in conformità ai nuovi regolamenti approvati dalla IndyCar per il 1993.

Il calendario è sostanzialmente invariato, con sedici gare. L’unica novità rappresenta dalla cancellazione della Marlboro Challenge, la gara fuori campionato che metteva in palio la succulenta cifra di 250 mila dollari.

La stagione al via

Mansell inizia la stagione IndyCar 1993 come meglio non si può. Al primo appuntamento di Surfers Paradise segna la pole position. Al via, però, si fa un po’ sorprendere alla partenza di tipo lanciata (a cui non è abituato), e si fa sfilare da Fittipaldi, Tracy ed un arcigno Robby Gordon. Dopo qualche giro da “Mansueto” (questo era il suo soprannome ai tempi della Lotus), Mansell si ricorda di essere il “Leone” (soprannome ai tempi della Ferrari), e sorpassa aggressivamente sia Robby che Fitti. Tracy, invece, va KO per un problema tecnico.

La gara finisce praticamente qui: nonostante uno stop&go di 10 secondi per aver superato Fittipaldi in regime di bandiera gialla, Mansell vince comodamente la trasferta australiana. E’ il primo rookie della storia a fare pole e vittoria alla prima gara. Ma non è tutto rose e fiori.

Infatti, al secondo appuntamento di Phoenix, Mansell scopre quanto può fare male il primo approccio sugli ovali. Nelle prove libere, Nigel impatta duramente, finendo in ospedale. Nello schianto riporta una lesione alla schiena, ed una commozione cerebrale. E’ dichiarato unfit per la gara.

Senza Mansell, il duo Penske spadroneggia allegramente. Tracy in particolare sembra imprendibile, fino a quando…non prende male le misure del doppiato Jimmy Vasser, e va a muro! Uno dei detriti colpisce la Penske di Fittipaldi. Emmo non se ne accorge, fino a quando la sua vettura non gli parte per la tangente in curva 4. Roger Penske incassa un clamoroso doppio zero.

In tutto questo marasma sbuca fuori Mario Andretti, che ritorna alla vittoria per la prima volta dopo cinque anni. Per Piedone, è l’ultimo successo in carriera nella IndyCar.

Long Beach segna il riscatto di Tracy. Ancora furente per il disastro in Arizona, il canadese si riprende alla grande, dominando la gara dall’inizio alla fine (nonostante una foratura). Mansell, partito dalla pole, è terzo.

E arriva il mese di maggio. Nella IndyCar 1993, come in tutte le altre annate, tale mese è interamente dedicato alla 500 miglia di Indianapolis.

500 miglia di Indianapolis

Le giornate di prove e le qualifiche sono più interessanti della gara. Questo perché i colpi di scena sono clamorosi, in una prova cronometrata di alto livello di competitività.

Eddie Cheever non raggiunge la griglia nel Pole Day, e incassa l’addio del team in corso d’opera. L’americano di Roma si accorda all’ultimo momento con il team Menard, e si qualifica per il rotto della cuffia.

Rientra AJ Foyt, che abbandona così i propositi di ritiro dell’anno scorso. Il texano partecipa solo alle prove, poi fa un giro d’onore e rinuncia a prendere parte alla gara. E’ l’ultima per Foyt, questa volta definitiva.

Rientra Nelson Piquet, in circostanze piuttosto curiose. Come avevamo già descritto, il brasiliano tre volte iridato aveva finito la sua 500 miglia ancor prima di cominciarla, distruggendosi le gambe nelle prove. John Menard non voleva pagarlo, e Nelson chiamò l’avvocato per avere ciò che gli spettava. La morale della favole è che Menard ha ceduto e ha pagato il carioca, ma ad una condizione: doveva tornare a Indy. Detto, fatto.

Questa volta per Piquet va tutto liscio, e senza incidenti. Si qualifica in quinta fila.

Ma la notizia più clamorosa delle sessioni cronometrate è l’eliminazione di Bobby Rahal. Il tre volte campione, detentore del numero 1 e vincitore a Indy nel 1986, rimane sorprendentemente fuori dalla griglia dei 33, complice la cronica mancanza di velocità del suo telaio autoprodotto. Il “boia” di Rahal prende le sembianze di quel Kevin Cogan a cui Bobby negò la vittoria della 500 miglia, nell’ormai lontano 1986. Corsi e ricorsi storici.

Arie Luyendyk conquista la pole position, e veste i panni del favorito per la vittoria.

Nigel Mansell rischia di non correre a Indy, complice i problemi alla schiena del botto di Phoenix. In due settimane si fa operare e salta in macchina per il rookie test. Il Leone passa agevolmente l’esame, e si qualifica in terza fila.

L’inglese, dopo un avvio prudente, prende il suo ritmo e risale la china. Nel primo quarto di gara passa da da decimo a primo, grazie alla strategia del team e la gestione del traffico dei doppiati. A meno di 25 giri dalla fine Mansell passa Mario Andretti al restart, ma la gioia dura poco. Infatti, Fittipaldi approfitta di un restart finale per prendere il comando. Nigel perde la posizione anche nei confronti di Arie Luyendyk, abile a sfruttare le scie. L’olandese prova poi ad agguantare il rivale per bissare il successo del 1990, ma senza esito.

Fittipaldi vince per la seconda volta la 500 miglia di Indianapolis. Luyendyk è secondo, con Mansell terzo. Emerson è poi protagonista di un’increscioso episodio in victory lane, quando rifiuta il tradizionale latte per bere succo d’arancia. La mossa, nata per promuovere la sua attività agricola, gli si ritorce contro: i tifosi americani sono attaccati alle tradizioni, e reagiscono al gesto di Emmo con bordate di fischi. Fitti cerca di farsi perdonare in seguito, con scuse pubbliche e donazioni benefiche.

Rivivi la gara qui.

Superata l’euforia di Indianapolis, la stagione IndyCar 1993 riprende il suo corso.

Il prosieguo della stagione

L’approccio di Mansell sugli ovali è stato fin qui traumatico. In molti si chiedono se è in grado di vincere sui catini, terreno per lui innaturale. Al Milwaukee Mile, primo appuntamento dopo Indy, Nigel zittisce la critica con una vittoria netta e perentoria. Sul miglio di West Allis, alle porte della patria della Harley Davidson, Nigel regola Raoul Boesel conquistando il primo successo su un catino. Tracy, ancora una volta, si schianta contro un doppiato mentre è leader, Fittipaldi non fa meglio del terzo posto.

Belle Isle ospita per la seconda volta il Detroit GP, che si rivela essere la gara più spettacolare dell’anno. Fittipaldi anticipa la partenza, e si becca uno stop&go. Nella foga di recuperare va a sbattere. Tracy a sua volta subisce uno stop&go e non recupera più. Mansell tiene a bada Johansson per la leadership, poi fora e arretra. Finisce la gara contro gli spietati muretti di Belle Isle.

La lotta per la vittoria è un affare di famiglia tra i due piloti del Galles Racing Al Unser Jr e Danny Sullivan, ripetendo il copione di Long Beach del 1992. L’esito è lo stesso: Little Al è in testa, ma Danny lo attacca con una manovra al limite. Unser va largo e si becca una penalità, Danny vince dopo quasi un anno di digiuno.

27 giugno, Portland International Raceway. Sul piccolo stradale dell’Oregon, Mansell mostra progressi importanti. La sua Lola è migliorata, grazie alle varie sessioni di test, e conquista la pole. In gara scatta in testa, ma Fittipaldi lo segue come un’ombra. Per tentare di difendersi, il Leone finisce lungo in curva 1, precipitando al quarto posto.

Uno scroscio di pioggia stravolge tutte le strategie. Emerson è bravo ad indovinare il momento giusto per passare dalle rain alle slick, e aumenta il suo vantaggio. Mansell tenta l’azzardo, rimanendo in pista con le gomme da asciutto mentre gli altri si fermano per montare le rain. L’azzardo però non paga: il distacco da Fitti è troppo grande. Secondo, comunque, non è male.

La gara successiva di Cleveland è l’apoteosi di Paul Tracy. Il canadese ha perso punti per strada, ma sul tracciato ricavato dalle piste di decollo e rullaggio dell’aeroporto di Burke Lakefront, il giovane alfiere Penske mette a segno un colpo da maestro. Pole, vittoria e giro più veloce!

La gara di Cleveland vive dell’appassionante duello tra Mansell e Fittipaldi. I due veterani, rivali nella corsa al titolo, si danno battaglia a suon di sorpassi e staccate, senza risparmiarsi. Una delle gare più spettacolari di questa IndyCar 1993. Allo stesso modo vogliono replicare anche Unser Jr e Sullivan, ma il risultato è una lotta fratricida che finisce con un imbarazzante contatto. Per la…gioia del patron Rick Galles.

Tracy replica il grande show di Cleveland anche tra le curve dell’Exhibition Place, in Ontario. Sulla pista di casa (è nativo di Scarborough, un sobborgo di Toronto), Tracy concede giusto la pole al compagno di team, per poi vincere d’autorità. Il weekend da sogno di Tracy coincide con l’incubo di Mansell. In qualifica segna il nono tempo, causa crisi di assetto. La gara va anche peggio, con zero ritmo di gara ed un ritiro per problemi al motore. Con il secondo posto, Fittipaldi balza al comando del campionato.

La Michigan 500 è ormai un classico della IndyCar, ed è l’ultima tappa del 1993 su un superspeedway. E’ il terreno più congeniale per il pacchetto Lola Cosworth, come dimostra il dominio incontrastrato del duo Newman-Haas. Mansell vince la corsa senza patemi, nonostante un mal di testa aggravato dalle gibbosità dell’ovale di Brooklyn. Mario Andretti prova ad impensierirlo ma si deve accontentare del secondo posto. Penske soffre nella pista di casa, ma alla fine Fittipaldi raccoglie punti importanti per il campionato.

Mansell continua il dominio sugli ovali anche la settimana dopo, sul miglio del New Hampshire. Tracy e Fittipaldi sono più minacciosi questa volta, come dimostrano i frequenti scambi di posizione. Un ultimo restart, ed alcune manovre aggressive, decidono l’esito della gara.

Chi vince la IndyCar 1993?

A Vancouver ritorna alla vittoria Al Unser Jr. Mansell finisce sesto, recuperando punti su entrambi i rivali del Team Penske. A Mid Ohio l’inglese ha la possibilità di chiudere la partita, ma un contatto al via con Tracy comporta un pit stop inatteso per sostituire il musetto danneggiato. Finisce la gara 12esimo, mancando il match point. Fittipaldi vince e ringrazia.

La gara di Mid Ohio segna la fine del sogno iridato per Paul Tracy. Dopo aver dominato a Road America, ed aver incassato uno zero a Vancouver per l’alternatore KO, Paul sbatte a Lexington e si deve ritirare. Niente titolo per lui.

Mansell si gioca la seconda carta iridata a Nazareth, teatro a lui favorevole. Fittipaldi è autore di un avvio sprint, ma la sua è un’illusione. Con il passare dei giri, il suo handling si deteriora e scala al sesto posto. Mansell vince la gara, e chiude definitivamente la partita. E’ il primo campione del mondo fi F1 a conquistare il titolo IndyCar la stagione successiva. Well done, Nigel!

La stagione si conclude con la gara di Laguna Seca. Paul Tracy ottiene la sua quinta vittoria stagionale, ma è una magra consolazione. I riflettori sono tutti per il neo iridato Mansell che, pur ritirato, riceve i tributi e gli onori degni di un eroe dei due mondi.

Classifica campionato: https://www.racing-reference.info/yeardet/1993/R

Grazie per averci seguito, e arrivederci al prossimo episodio!