Ha del clamoroso quanto successo due domeniche fa allo Stadio Olimpico di Terrassa, città a 28 km da Barcellona, in Catalogna. Le calciatrici della locale squadra femminile erano impegnate in un match contro il Viladecavalls quando, dopo che quest’ultima realizzava il quarto gol, hanno cominciato a ricevere pesanti insulti da bordocampo, di chiaro stampo sessista, come “andate a cucinare” e “tornate a pulire”. A proferire queste offese ignobili, sorprendentemente, erano i colleghi uomini della squadra maschile del Terrassa Futbol Club, che si trovavano appena fuori del campo per il riscaldamento. Da lì è nata una rissa che ha indotto l’arbitro della gara a sospendere il match quando mancavano quindici minuti al fischio finale.
Non si è quindi fatta attendere la reazione della società catalana a questo vergognoso atto discriminatorio: il Terrassa ha infatti deciso di sospendere con effetto immediato la squadra maschile dal campionato di tercera división (la quarta serie in Spagna). Nel comunicato stampa che accompagnava questa decisione, il club catalano ha spiegato che il comportamento dei calciatori aveva leso i valori di uguaglianza che appartengono alla società. Una scelta sacrosanta ma comunque coraggiosa in un mondo, come quello del calcio, nel quale spesso non si fa abbastanza per contrastare certi comportamenti ingiustificabili.