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Ti te dominet Milan

Non è una partita come le altre”: frase storica che ciclicamente ricorre alla vigilia di qualsiasi derby. Talmente tanto da risultare oggi largamente inflazionata. Dal derby di Roma passando per quello della Lanterna, tutti, tra gli addetti ai lavori e i tifosi, caricano di pathos la partita tra squadre della stessa città, definendola appunto come un qualcosa di avulso rispetto alle restanti 36 giornate di campionato. Non sfugge a questa regola nemmeno il derby di Milano, in programma domenica 21 ottobre alle 20 e 30 in quel di San Siro. Chi scrive non ha mai digerito molto questa visione “distorta” e amplificata del derby, d’altronde anche questa partita come le altre assegna sempre e solo 3 punti, ma oggi, all’antivigilia del primo confronto cittadino milanese, ci sentiamo in animo di cambiare temporaneamente questo radicato pensiero.

Derby Inter Milan

Inter-Milan, big match della IX giornata di campionato, non è una partita qualunque. Dopo 5 anni di oblio, in cui protagonisti più o meno discutibili hanno calcato il sacro prato del Meazza senza effettivamente esserne degni (Schelotto e Muntari, tanto per citarne uno per parte), Milano prova lentamente a rialzare la testa. Come quegli atleti che dopo anni lunghissimi di vittorie si sentono pienamente appagati dalle medaglie che gli ciondolano sul petto, dal 2013 ad oggi, Milan e Inter hanno vissuto la stessa identica sensazione. Vivacchiare per galleggiare nel limbo medio alto del panorama calcistico nazionale ed europeo. Specchiarsi negli antichi trionfi per attenuare la malinconia del presente. Milan e Inter, in questo ampio lasso di tempo, sono state come quelle vecchie signore aristocratiche che non si arrendono allo scorrere del tempo e continuano a voler frequentare i salotti buoni dell’alta borghesia pur non essendone più fisicamente all’altezza. Con queste prospettive, era semplice pronosticare un sorpasso ai loro danni di Roma e Napoli come prime antagoniste della Juve. Già, la Juventus. La Vecchia Signora, quella vera, che vecchia non è. La capacità di rinnovarsi costantemente, l’idea di pensare ad una nuova conquista mentre si sta festeggiando quella appena raggiunta. Caratteristiche che le due milanesi hanno abbondantemente perso ma che lentamente stanno cercando di riottenere.

Il nuovo derby Inter Milan

E i primi bagliori si stanno vedendo proprio in questo finale di 2018. Certo non hanno aiutato i 2 cambi di proprietà, da Moratti a Tohir e infine a Suning in casa nerazzurra, da Berlusconi al cinese Li fino al fondo Elliott in casa rossonera; certo non hanno contribuito i continui ed imperterriti cambi di allenatori che hanno alimentato questi ultimi grigi anni, fatto sta che le due milanesi oggi possono dire di aver apposto le basi per un futuro luminoso e sulla falsa riga del glorioso passato. L’Inter grazie al ritorno in Champions che l’ha riportata a frequentare i tavoli più fulgidi del consesso europeo, Il Milan grazie al ritorno di icone come Maldini e Leonardo e l’acquisto di Gonzalo Higuain, attaccante tra i più forti al mondo che mancava al Milan dai tempi dello svedese Ibrahimovic. Separate in classifica da 4 punti (ma il Milan deve recuperare una partita, quella della I giornata col Genoa), i 90 minuti di domenica sera non valgono soltanto i semplici 3 punti che potrebbero portare ad una sola lunghezza la distanza tra le 2 squadre o affossare bruscamente le ambizioni di crescita di Romagnoli e compagni in caso di successo nerazzurro, ma sono, o dovranno comunque diventarlo durante la gara, la base e la molla per dire a tutto l’etere pallonaro:  Ci siamo di nuovo anche noi.

I progressi del Derby Inter Milan

Quale miglior spot per dimostrare i progressi fatti e gli ulteriori margini di crescita delle due squadre se non quello del confronto diretto? Vincere per tornare ad esistere realmente o esistere realmente per tornare a vincere: confine sottilissimo tra aspettative e realtà, tra pratica e teoria, tra gioia e delusione. Nessuno saprà come andrà, che tattica utilizzeranno gli allenatori, quali interpreti verranno scelti. Quello che però dovrà essere chiaro ai 22 calciatori in campo sarà che tutti loro avranno nella testa e nei piedi la responsabilità di urlare al mondo che Milano è tornata. O che forse non se ne era mai andata.