Dici Zdenek Zeman e non puoi non pensare a Zemanlandia. Il tecnico boemo, nato a Praga il 12 maggio 1947, ha legato buona parte della sua carriera al Foggia che ha guidato dal 1989 al 1994, ottenendo risultati di rilievo e mettendo in mostra un gioco offensivo e spettacolare. Proprio il calcio spumeggiante proposto con i rossoneri pugliesi sono all’origine della suddetta definizione che racchiude il senso della sua filosofia: un 4-3-3 prettamente d’attacco, con la linea difensiva schierata alta e quasi a ridosso del centrocampo e il portiere che in diverse circostanze deve fungere da libero. Non è un caso infatti se le squadre guidate dal ceco abbiano da un lato incassato parecchie reti, ma dall’altro messo a segno diverse marcature, perché l’idea dell’allenatore ex Lazio e Roma è sempre stata quella di segnare un goal in più degli avversari.
Inoltre nel corso delle sue esperienze calcistiche ha dimostrato di essere un vero e proprio scopritore di talenti. A Foggia ha lanciato il tridente delle meraviglie formato da Signori, Rambaudi e Baiano, per non parlare del centrocampista Di Biagio. A Pescara ha lanciato nel calcio che conta Immobile e Insigne e il regista Verratti. Personaggio controverso e spesso discusso per alcune dichiarazioni scottanti, il tecnico ceco ha messo in diverse occasioni nel mirino la Juventus, come quando ad esempio parlò del doping nel calcio, facendo riferimento proprio alla squadra bianconera nel periodo in cui aveva come direttore generale Luciano Moggi.
E pensare che è stato proprio uno «juventino» a far scoprire a Zdenek Zeman la passione per il calcio. Lo zio materno si chiamava Cestmir Vycpalek e nel 1971-72 e 1972-73 vinse due scudetti consecutivi proprio come allenatore della compagine piemontese. Sotto il profilo professionale, il tecnico boemo può essere definito un italiano d’adozione, poiché ha quasi sempre lavorato nel nostro Paese, tranne che per tre brevi esperienze al Fenerbahce, alla Stella Rossa e al Lugano. I suoi esordi sono avvenuti con delle formazioni dilettantistiche siciliane, prima di farsi notare proprio a Foggia con la sua Zemanlandia. Ha guidato inoltre sia la Lazio che la Roma: amato da entrambe le tifoserie, purtroppo però non è mai riuscito a conquistare trofei importanti con nessuna delle due società capitoline.
Zdenek Zeman: Foggia, Pescara e Lecce i suoi fiori all’occhiello
Il Foggia di Zeman è stata una delle squadre che più ha appassionato e divertito non solo i tifosi dei diavoli pugliesi, ma anche quelli di altre squadre. Dopo aver vinto il campionato di Serie B 1990-1991, è riuscito ad agguantare tre salvezze consecutive nella massima serie, piazzandosi dapprima nono, poi undicesimo e poi ancora nono e ad un passo da un’incredibile qualificazione in Coppa UEFA.
Sempre in Puglia, ma a Lecce, nel 2004-2005 il tecnico di Praga ha garantito alla squadra giallorossa la permanenza in Serie A con il secondo miglior attacco del campionato. Nel 2011-2012 è approdato sulla panchina del Pescara dove a tratti si sono rinnovati i fasti di Zemanlandia, stavolta con Ciro Immobile e Lorenzo Insigne in attacco e Marco Verratti in cabina di regia e pronto a fornire assist decisivi ai due centravanti. Anche in quest’occasione è arrivata la promozione nel massimo campionato.
Facendo un salto indietro nel tempo, non tutti sanno che Zeman è stato uno dei primi a rendersi conto del talento di Totò Schillaci. Nel 1988-1989 ha puntato proprio sul bomber palermitano che, con 23 reti, si è aggiudicato il titolo di capocannoniere della Serie B. L’anno seguente si è trasferito alla Juventus per 6 miliardi di lire, e poi l’attaccante siciliano sarebbe diventato uno dei miti dei Mondiali di Italia ’90.
L’ex allenatore di Foggia, Lazio, Roma e Napoli si è sempre contraddistinto anche per i suoi metodi di preparazione piuttosto severi. Sono passate alle storia le sessioni sui gradoni, le corse pesanti o anche le sacche colme d’acqua da caricare sulle spalle dei giocatori che poi le dovevano trasportare in salita e in discesa.
Zeman: donne in cucina, i maschi devono mangiare
Qualche tempo fa, in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, il 73enne boemo ha svelato qual è il più grande rimpianto della sua vita. Si tratta di una vicenda personale e toccante che non ha nulla a che vedere con il calcio. Infatti ha raccontato che nel 1968 partì da Praga insieme alla sorella per trascorrere le vacanze in Sicilia insieme allo zio materno Vycpalek. Proprio in quel periodo, però, nel suo Paese natale si verificò la ribellione politica passata poi alla storia come la Primavera di Praga. Nella notte tra il 20 e il 21 agosto ci fu poi l’invasione sovietica. Zdenek Zeman ha rivelato che a causa di quei drammatici eventi non poté rientrare in patria, rimanendo bloccato in Italia e non potendo rivedere i suoi cari per ben vent’anni: «Venti anni senza ricordi – ha affermato – Non mi mancano coppe e scudetti, mi mancano qui venti anni».