Sono passati ormai diversi anni, ma se si prova a parlare con un brasiliano del Maracanazo, anche se ovviamente le generazioni attuali non vi hanno assistito, si rischia di andare incontro ad una risposta a dir poco sgarbata. Sì perché quanto accaduto ai campionati del mondo in Brasile il 16 luglio 1950 è stato un vero e proprio dramma sportivo per la nazione verdeoro, al quale purtroppo si sono aggiunti dei tristi fatti di cronaca. Una finale perduta ad opera della Celeste di Schiaffino quando ormai tutti erano pronti alla festa a Rio de Janeiro e dintorni, e invece si sono registrati suicidi e infarti da parte di chi non ha retto al dolore per quell’inattesa sconfitta alla fine di Brasile-Uruguay.
Nel corso della storia della Seleçao (che ha comunque conquistato cinque titoli mondiali) il Maracanazo è ancora oggi ricordato come l’evento più triste di sempre. Nemmeno la sconfitta ai mondiali del 1982 con l’Italia o soprattutto l’1-7 incassato dalla Germania al torneo del 2014 – ribattezzato Mineirazo – possono cancellare quanto accaduto quel 16 luglio 1950. Lo stadio Maracanà ammutolito e la Coppa Rimet alzata al cielo da capitan Varela saranno per sempre una ferita troppo grande da rimarginare e – sul fronte opposto – una immensa soddisfazione e l’orgoglio di un Paese (l’Uruguay) che è riuscito a imporsi di fronte a 200mila tifosi avversari.
Il periodo storico in cui vengono organizzati i campionati del mondo di calcio 1950 è decisamente particolare. La Seconda Guerra Mondiale è terminata da soli cinque anni e numerosi Stati sono alle prese con i postumi delle tragedie che hanno dovuto sopportare e con difficili ricostruzioni. Di conseguenza, risulta complicato trovare un Paese ospitante per la competizione calcistica. Si propone il Brasile che, essendo una delle poche realtà non completamente devastate dal conflitto, come unico e concreto candidato ottiene l’organizzazione del torneo.
Già in quegli anni tra i brasiliani il calcio è una passione e una fede. La nazionale carioca però nei mondiali precedenti non è mai riuscita a imporsi, essendo stata eliminata nelle edizioni del 1930 e 1934, e anche nel 1938 è stata battuta dall’Italia di Pozzo. Dunque, la stragrande maggioranza dei tifosi verdeoro è convinta che, giocando in casa, la loro squadra del cuore possa facilmente trionfare e fare un sol boccone di qualunque avversario.
Il Brasile batte Inghilterra e Italia e corre verso la finale
Il campionato del mondo 1950 inizia in effetti alla grande per il Brasile. I padroni di casa superano senza troppi problemi il primo turno, battendo l’Italia campione in carica e soprattutto l’Inghilterra che, nonostante sia alla prima partecipazione, viene considerata come la grande favorita per il successo conclusivo. Queste facili affermazioni accrescono tra i brasiliani la convinzione che non ci sia alcun ostacolo verso la conquista della prima, storica Coppa Rimet. Siccome le nazionali partecipanti sono poche, l’ultimo atto non è una vera e propria finale, ma si tratta di un secondo girone all’italiana che vede capitan Da Costa e compagni in procinto di affrontare l’Uruguay nel confronto decisivo.
Italia-Brasile 2-1: il 16 giugno 1938 lo strano rigore di Meazza manda gli azzurri in finale
La Celeste in classifica è appena alle spalle della Seleçao per un solo punto. Il 16 luglio 1950 è il grande giorno della partita Brasile-Uruguay che decide il destino del mondiale. I tifosi verdeoro sono carichi e convinti più che mai di assistere ad un’affermazione facile e sontuosa dei loro beniamini: non a caso, in poche ore vengono vendute più di 500mila magliette recanti la scritta «Brasil Campeao 1950». Le strade brulicano di persone già festanti, di musica e allegria, sembra quasi una sorta di Carnevale di Rio.
Lo stadio Maracanà in occasione di Brasile-Uruguay è strapieno in ogni ordine di posto: si parla di 200mila brasiliani con striscioni, magliette e cori di giubilo. I festeggiamenti, in pratica, sono già cominciati prima della partita; tutti sono convinti che l’Uruguay sia spacciato e che la sfida finale sia soltanto una formalità. Il Maracanazo però è dietro l’angolo…
Brasile-Uruguay 1-2: il Maracanazo stronca la Seleçao
L’allenatore Flavio Costa per l’atto finale dei mondiali 1950 schiera il Brasile con un 3-4-2-1: Barbosa in porta; difesa a tre con Da Costa (capitano), Juvenal e Bigode. A centrocampo, sulla fascia destra c’è Friaça, mentre a sinistra agisce Chico e i due mediani sono Danilo Alvim e Bauer. Quindi il trio delle meraviglie con Jair e Zizinho alle spalle del bomber Ademir. L’Uruguay del CT Juan Lopez si schiera a specchio con un 3-4-2-1 che propone Maspoli tra i pali e una retroguardia composta da Tejera, Varela (capitano) e Gonzalez. Gli esterni di centrocampo sono Ghiggia a destra e Moran sulla corsia mancina, mentre al centro giostrano Gambetta e Andrade. Sulla trequarti, Schiaffino e Perez a sostegno del centravanti Miguez.
Brasile-Uruguay comincia con i padroni di casa che, sospinti dal pubblico del Maracanà e certi di avere già in pugno la vittoria, tengono il possesso palla e vanno all’attacco a testa bassa, ma in realtà non riescono a superare gli avversari. Il primo tempo termina così con uno scialbo 0-0 che già rappresenta una piccola sorpresa. Nella ripresa però tutto sembra andare come previsto quando Friaça sblocca il match e porta in vantaggio i brasiliani con la sua rete dell’1-0. È il preludio alla goleada verdeoro? Neanche per sogno…
L’Uruguay ha carattere e personalità, non si lascia intimorire dal boato che proviene dagli spalti e da una tifoseria ostile e reagisce subito. Al minuto numero 66 Ghiggia consente al leggendario Schiaffino di insaccare la rete del pareggio. Nonostante questo piccolo brivido, i tifosi della Seleçao sanno che, classifica alla mano, al Brasile va benissimo anche l’1-1 per vincere il titolo mondiale, quindi la festa continua. Tuttavia, in campo gli uomini del CT Costa accusano il colpo e cominciano a perdere un po’ di sicurezza nei propri mezzi.
Il Maracanazo si manifesta al 79° minuto quando, su azione di contropiede, Ghiggia lascia partire un diagonale che Barbosa non riesce a respingere (sul suo palo) e l’Uruguay tra lo stupore generale si porta in vantaggio. Improvvisamente la bolgia dei supporter della Seleçao (200mila persone) si ammutolisce e dalla festa si passa ad un clima quasi spettrale. I padroni di casa provano in tutti i modi a cambiare le sorti dell’incontro Brasile-Uruguay, ma le azioni offensive sono confuse e nevrotiche e, di conseguenza, sterili.
Al fischio finale dell’arbitro si materializza l’incubo brasiliano: l’Uruguay si laurea campione del mondo 1950 allo stadio Maracanà. Il dramma e la tragedia purtroppo non saranno soltanto sportivi per i brasiliani: per il dolore si registrano due suicidi e circa dieci infarti tra il pubblico del Tempio del calcio di Rio de Janeiro, ma il bilancio arriva a 56 infarti e 34 persone che si tolgono la vita. Tra i tentativi di suicidio c’è anche quello del calciatore Danilo Alvim. Il governo proclama tre giorni di lutto nazionale.
La sconfitta mondiale mette in ginocchio il Brasile. Allo scopo di provare a dimenticare la terribile giornata del 16 luglio 1950, si decide di mettere da parte la divisa con maglia bianca bordata di blu della Seleçao per passare ai colori verdeoro che oggi tutti conosciamo. Infine un’ulteriore beffa: il termine Maracanazo con cui di fatto è passato alla storia questo dramma del calcio brasiliano è stato coniato da un giornalista…argentino.