Una macchina maledetta. È questa l’unica spiegazione che riesce a darsi il pilota australiano Daniel Ricciardo che, nella sua ultima stagione come uomo Red Bull, ha dovuto accettare un numero di ritiri davvero inspiegabile.
La vittoria a Monte Carlo dello scorso maggio doveva essere la sua redenzione – dopo essersi visto sfuggire proprio quel successo nel 2016 a causa di un errore da parte degli uomini del suo box – ma quel primo posto ambitissimo si è rivelato l’ultimo del 2018 e anche l’inizio di tutta la sfortuna di un anno da dimenticare.
Dopo un via di stagione perfetto, decisamente superiore a quello dell’idolatrato compagno di squadra Max Verstappen, per Ricciardo si sono aggravati i problemi di affidabilità della sua RB14, motorizzata Renault.
Penalità in partenza, problemi in qualifica, rimonte disperate, ritiri su ritiri. Una stagione che è riuscita a togliere il sorriso anche al più simpatico personaggio del panorama motoristico internazionale, restituendo a Mondiale quasi finito un pilota stanco e insoddisfatto pronto ad abbandonare il suo team.
“Voglio solo andare a casa” ha addirittura affermato il ventinovenne dopo l’ultima delusione al Gran Premio del Messico, con un ritiro a soli nove giri dalla fine probabilmente più scottante di tutto il Mondiale perché preceduta da una pole position sensazionale.
Ad aumentare i dolori del giovane Daniel, sotto quel celebre sorriso, c’è la consapevolezza di una carriera che sarebbe potuta decollare in tempi e modi diversi: il 2014, anno che ha segnato il suo arrivo in Red Bull tra i top team, è stato anche il primo anno di sconfitta per la scuderia austriaca dopo ben quattro stagioni di dominio assoluto. Da lì cinque anni di podi e vittorie ma mai di una vera e propria possibilità di lotta Mondiale, sempre un passo indietro rispetto a Mercedes e Ferrari.
In Formula 1 si parla spesso di talenti sprecati, partendo da tutti i giovani a cui è impossibile dare un sedile a causa delle mancate sponsorizzazioni e arrivando a grandi nomi segnati dalla sfortuna di scelte sbagliate, una categoria di cui il due volte campione del mondo Fernando Alonso è l’emblema.
Ricciardo, all’alba dei suoi ventinove anni, ha preso di petto una situazione scomoda – che lo vedeva già inserito tra quei piloti perfetti arrivati in un momento imperfetto – e ha preferito abbandonare la scuderia del Toro per affrontare nuove sfide, sorprendendo tutti con un contratto biennale nella meno competitiva Renault.
Un progetto a medio-lungo termine per l’australiano, che ha rinunciato alle sicurezze in Red Bull per non finire nella situazione di secondo pilota, alle spalle del giovane e talentuosissimo Verstappen.
Un rapporto, quello tra Ricciardo e i vertici della Scuderia, che ha iniziato a incrinarsi dopo l’annuncio di un contratto triennale per l’olandese e la chiarissima volontà del Team di investire principalmente sul talento di Verstappen, dimenticandosi dell’australiano.
Un dolore a cui Daniel ha reagito a suo modo, prendendo una decisione che con ogni probabilità lo farà retrocedere in classifica rispetto a questi anni ma che, allo stesso tempo, gli regalerà nuovi stimoli e un ruolo da pilota numero uno.
La risposta a una scelta sofferta è arrivata, senza farsi troppo attendere, da chi non ha apprezzato questo abbandono, restituendo così a Ricciardo un ulteriore carico di frustrazione. E se nemmeno le frecciatine neanche troppo poco velate di Helmut Marko sembravano avergli tolto il sorriso, gli ultimi ritiri sono riusciti a smontare l’entusiasmo del più felice di tutti di paddock.
Così, tra urla di frustrazione, medi contro la sua stessa monoposto e pugni contro il muro, Ricciardo sembra aver perso le speranze, il sorriso, la voglia di correre. Le mille sfortune di Daniel diventano così quelle condivise di tutti i suoi tifosi, che sperano di poter ritrovare il sorriso del tanto amato australiano alla fine della stagione o, almeno, nella prossima esperienza in Renault.