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Sir Jackie Stewart: la lotta per una Formula 1 nuova

Classe 1939, tre titoli iridati conquistati durante i soli nove anni di carriera, Knight Bachelor della Corona inglese, capitano di una battaglia titanica per trasformare la Formula 1. Sir Jackie Stewart, leggenda della corse automobilistiche degli anni ’70, conserva con onore il titolo di pilota campione del mondo più anziano attualmente in vita.

Una vita passata sempre a contatto con le auto, in quello che sembrava un destino segnato, tra le Austin della concessionaria paterna e il ruolo di apprendista meccanico durante le gare amatoriali del fratello.

Doveva essere lui il pilota di casa Stewart mentre Jackie si dedicava al tiro al volo, fino alle porte delle Olimpiadi del 1960 dove partecipò come riserva.

Ma quella passione per le corse, sempre messa un po’ in disparte, cominciò a fruttare quando Jackie iniziò a provare auto da corsa per conto di un cliente del padre, collezionando gli stessi tempi di piloti professionisti.

Nel 1965, cinque anni dopo aver preso parte alle Olimpiadi di Roma nel tiro al volo, Jackie Stewart fece il suo ingresso in Formula 1. Guidava una BRM, la British Racing Motors, al fianco dell’amico e connazionale Graham Hill. Chiuse il suo primo anno nella Classe Regina al terzo posto e l’anno dopo sfiorò l’impresa come rookie alla 500 Miglia di Indianapolis, dove fu costretto al ritiro per un problema tecnico nonostante il giro di vantaggio sul suo inseguitore, ancora lo stesso Graham Hill.

Una gara sfortunata che gli rimarrà sempre nel cuore, così come quella al Gran Premio del Nürburgring nel 1968, quando trionfò in mezzo a una nebbia fittissima.

La sua consacrazione arrivò nel 1969, anno del suo primo titolo iridato, seguito dai successi del 1971 e del 1973, tutti conquistati con la fidata – e patriottica – Tyrrell.

Il 73 è stato per Sir Jackie l’anno più dolceamaro della carriera: dolce, nella vincita dell’ultimo campionato prima di un ritiro già deciso da tempo, amaro per la morte del compagno di squadra e grandissimo amico François Cévert. Per il giovane talento francese, arrivato alla Tyrrell tre anni prima, Stewart era diventato maestro e confidente, collega e alleato.

La sua morte, avvenuta durante la sessione di qualifiche del Gran Premio degli Stati Uniti, sarà il saluto doloroso di Stewart alla Formula 1. Lo scozzese fu uno dei primi a correre sul luogo dell’incidente, capendo subito che per l’amico non ci sarebbe stato nulla da fare. La vista dei rottami e del corpo dilaniato di Cévert scioccarono Stewart a tal punto che, distrutto dal dolore, decise di non prendere parte alla gara del giorno seguente. Sarebbe stato il suo centesimo e ultimo Gran Premio.

La tragica morte dell’amico convinse il pilota che la lotta per una Formula 1 più sicura, intrapresa molti anni prima, doveva essere la strada giusta per il mondo dei motori.

La sua battaglia era iniziata dopo l’incidente al Gran Premio del Belgio del 1966 quando a causa di mancanza di organizzazione rimase incastrato a bordo del suo abitacolo per venticinque minuti, completamente inzuppato di benzina, finché Graham Hill e Bob Bondurant lo fecero uscire con una chiave inglese prestata da uno spettatore. Poi lo misero sul retro di un furgone e lo trasportarono nell’ospedale della pista, dove lo misero per terra accanto a mozziconi di sigaretta, nell’attesa di trasportarlo con un’ambulanza che, durante il tragitto, si perse per strada.

Una storia tragicomica che toccò profondamente il pilota scozzese, sempre più convinto della necessità di aumentare la sicurezza dentro e fuori dalla pista. Le richieste di caschi integrali, cinture di sicurezza e modernizzazione di circuiti troppo pericoli non lo resero amato ma, negli anni, lo trasformarono in paladino di una Formula 1 nuova.

Raccontò una volta di aver provato a contare insieme a sua moglie tutti gli amici persi in pista durante gli anni, ma di essersi dovuto fermare una volta arrivato a quota 50.

Oggi, vicino al traguardo degli ottant’anni, Sir Jackie rimane un paladino di questo cambiamento, trasportato anche nel mondo della guida da strada con la battaglia di Heineken “When you drive never drink”. ffffff